Talvolta accade che in alcune istituzioni religiose pecore e pastori poggino su un tacito patto narrativo, come abitualmente accade tra fruitori e autori di storie che concordano la sospensione delle facoltà critiche per immergersi nel racconto, così da goderselo appieno senza essere disturbati dal principio di realtà.
Differenza sostanziale è che autori e fruitori di storie pattuiscono una cessazione dell’incredulità momentanea, circoscritta al tempo del racconto, mentre nelle istituzioni religiose integraliste pecore e pastori la estendono a oltranza -sorta di realtà virtuale ante litteram- impregnando con il racconto proposto l’esistenza nella sua totalità. Ma pastori e pecore, sotto, sotto, sanno bene che è una fiction, non a caso evadono con frequenza dalla pseudo realtà pattuita.
Tutto sommato facciamo un po’ tutti così, visto che patti narrativi e convenzioni sociali sono un po’ la stessa cosa. Quante volte ottemperiamo procedure e predichiamo principi non validi in sé, ma solo perché ci siamo accordati che lo siano? Utili arbitri condivisi per contenere il mondo e potere funzionare insieme.