BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Giovedì, 16 Giugno 2016 21:06

Il Caso CL

I recidivi e severi episodi d’inquinamento alla foce stimolano l’indagine di cinque intellettuali cattolici sul “caso CL”; Luciano Caimi, Guido Formigoni, Franco Monaco, Filippo Pizzolato e Luigi F. Pizzolato risalgono il fiume monitorando la contaminazione nella sorgente. Il dossier «Il caso Cl nella Chiesa e nella società italiana. Spunti per una discussione» individua e analizza le concezioni teologiche e pedagogiche che hanno generato conflittualità all’interno della Chiesa cattolica fin dagli albori del Movimento CL e progenerato gli scandali politici e i ripetuti accadimenti d’illegalità - nell’universo cattolico squisitamente ciellini - caratterizzanti parte della cronaca giudiziaria lombarda e non solo, nell’ultimo decennio.
Il libro apre illustrando una stringata ma puntuale storia di Comunione e Liberazione e chiude con un capitolo che analizza la complessa e delicata questione della sussidiarietà tanto cara al Movimento di CL. La pancia del libro enuclea gli snodi cruciali del “caso”: teologici, ecclesiologici, educativi. Lavoro che gli Autori considerano «riflessioni libere e sciolte» rispettose della buona fede e dell’impegno disinteressato dei «tanti giovani [ciellini] trasparenti e generosi», al fine di «concorrere ad aprire una discussione schietta e fraterna dentro la Chiesa che è in Italia».

Conoscendo l’ambiente dubito che i responsabili di CL accolgano l’invito degli Autori alla fraterna parresia e che i giovani ciellini trasparenti e generosi si confrontino col libro così da emanciparsi dall’ingenuità[1], ritengo invece che il dossier potrà risultare prezioso ai cattolici pensanti e a tutti quelli che desiderano comprendere “il caso” senza impantanarsi nella sterile cronaca gossippara, a maggior ragione per giornalisti che vergano tematiche connesse a Comunione liberazione così da evitare frettolose esaltazioni riguardo la figura di don Giussani, o superficiali, quanto inutili, resoconti sulle orrende camicie fiorate che ostentava l’ex governatore Formigoni, o confondersi nel valutare un qualche ciellino solo un po’ narcisista e talvolta un po’ mariuolo perché scheggia impazzita che «vede il meglio et al peggior s’appiglia» (Petrarca, Canzoniere, CCLXIV, 136), ignorando le bislacche teologie e correlate ecclesiologie già presenti nella imperiosa e tragica esaltazione religiosa di Giussani che hanno prodotto, nonostante la buona fede del fondatore, tali derive. Non escludo che potrebbero leggerlo con profitto anche giudici e avvocati impegnati nei processi con imputati ciellini.

Il libro affronta il pensiero innovativo e nel contempo tradizionalista del fondatore, dove il  punto di partenza è l’uomo con le sue necessità ontologiche e ideali. Da qui per Giussani l’urgenza di trovare direzione, senso e realizzazione, in una consapevolezza integrale: il senso religioso. Questo il valore e solo da qui i valori. L’urgenza che, dunque, avvertiva Giussani era che il potere politico dovesse salvaguardare questo senso religioso integrale; nella fattispecie che favorisse il consolidarsi e l’ingrandirsi della corporazione-istituzione ciellina: in concreto per il pensiero di Giussani chi è Gesù Cristo? Dov’è? Nella Chiesa? Non proprio. Cristo è concettualmente nella Chiesa, ma di fatto si manifesterebbe in quel pezzo di Chiesa che il ciellino ha incontrato: CL stessa «Chiesa al quadrato», dove secondo Giussani «Cristo si attua in noi [CL] e tra noi [CL] attraverso la nostra compagnia [CL] ». In questo approccio tribale il senso della cose, la morale, la cosa pubblica non sono tematiche da percorrere nel confronto dialogico con l’Altro e il mondo - «humanum commune» - in quanto si presume di possedere, perché prescelti dal destino, il significato ultimo di tutto e tutti in maniera integrale e indiscutibile: la presenza di Cristo che vive nella storia attraverso la compagnia di appartenenza - «religiosum commune» -: dove Cristo coinciderebbe con CL, la verità anche, il senso della storia e il bene pubblico pure. Identità che per la concezione di CL «precede il dialogo e lo fonda».

Nella concezione assiologica giussaniana la morale non poggia, dunque, sul comportamento umano in rapporto all'idea condivisa che si ha del bene e del male relata all'imputabilità del soggetto, - concezione bollata da Giussani moralistica - ma su una singolare teoria etico-assiologica di appartenenza narcisistica al gruppo ciellino, nell’ «inessenzialità della morale rispetto al credere»: più fai parte e più ti affidi al gruppo più sei nel giusto, più vali, più appartieni e più sei redento, prescindendo dal personale responsabile agire. Giudizio di valore dove ogni nome è fuso e confuso nell'incorporazione alla comunità di CL, dove l’operato dei membri obbedisce - indifferente alle generali e universali misure e norme dell'umano diritto costituite, istituite, e socialmente condivise - a regole proprie. Concezione che conduce in presa diretta a immediata svalutazione a priori dell’intervento pubblico «assunto spregiativamente come statalista» oltre che giudicato paternalistico, contrapposto alla libertà di scelta derivante dall’identità di gruppo. Primato dell’appartenenza al «fatto cristiano» espresso da CL, invece che primato della personale coscienza in dialogo col mondo. Concezione evidentemente inabile in sede ideologica alla mediazione politica nel «confronto di idee in vista di conclusioni pratiche il più possibile condivise» per il «bene comune» - mediazione bollata da Giussani come dualismo snaturante l’identità cristiana-, ma che di fatto «in sede pratica rischia di favorire una politica di ossequio formale ai valori religiosi e di trasgressione di essi nel costume». Qui argutamente gli Autori colgono risvolti gnostici: «astensione dal contatto in termini di principio, accompagnato però da un abuso pervasivo nei fatti.»

Grato per la precisione e l’utilità dell’intero libro un solo motivo di moderata perplessità: pur accennando a posizioni preconciliari, conciliari e anti-conciliari, il testo nell’affermare il primato del Regno di Dio; Regno divino naturale e universale al quale appartiene ogni uomo anche non religioso; Regno che la Chiesa cattolica serve in posizione subalterna nel suo cammino verso la verità, si sottintende che Magistero e dottrina cattolica avvallino tale lazzatiana concezione che cerca Dio nella “città dell’uomo”. Le cose non stanno purtroppo sempre e solo così e Giussani oltre a metterci del suo non di rado ha utilizzato “materiale” presente in abbondanza nel deposito della tradizione cattolica.

Luciano Caimi, Guido Formigoni, Franco Monaco, Filippo Pizzolato e Luigi F. Pizzolato,
«Il caso Cl nella Chiesa e nella società italiana. Spunti per una discussione»,
Trento, Il Margine, collana Fuorimargine, 2014, pp. 104.
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1 Mai porre limiti alla provvidenza, forse qualche giovane ciellino potrà anche leggerlo «Il caso CL» e pure capirlo così da dire:  «Che bel fesso sono stato!» Proprio come mi era accaduto quando ragazzo ero uno di loro ma grazie all’incontro di cinque minuti con un operaio della cartiera che stava perdendo il posto di lavoro le cose erano iniziate a cambiare. Gli operai presidiavano la fabbrica, l’estrema sinistra era lì a dare man forte e anche noi cattolici volevamo dare supporto agli operai licenziati. Quando entrai nella fabbrica occupata mi accompagnava il mio responsabile ciellino, un trentenne esaltato. Un anziano operaio socialista gli si avvicinò di corsa: «Tu brutto coglione! Io non ce l’ho con questo ragazzino” - disse indicando me - ma con quelli che come te che gli mettono in testa un sacco di cazzate!» Quell’operaio, in realtà, voleva aiutarmi, ma ero giovane e un po’ esaltato anch’io, non potevo capirlo, non avevo gli strumenti per rendermene conto. Pero quelle parole mi si erano incistate dentro come «un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.» Dopo anni nei memores dopo una notte un po' insonne tirando onestamente le somme, avevo concluso che l’operaio della cartiera incontrato di sfuggita anni prima aveva ragione: quella Chiesa e quel Dio erano una cattiva idea. La mattina dopo don Giussani informato che stavo per andarmene mi aveva telefonato mentre facevo le valigie indicandomi di raggiungerlo immediatamente perché non potevo andare via senza aver parlato con lui. Mi aveva fatto presente che senza il suo beneplacito nel congedarmi dal gruppo monastico non sarei più stato tranquillo nel rapporto con Dio. Potevo anche andarmene ma, per il mio equilibrio, solo nell'obbedienza. Gli avevo risposto - con stile diverso ma uguale nel merito all’operaio della cartiera - che non sarei andato da lui, però se tanto ci teneva poteva venire lui da me.

Pubblicato in Recensioni
Sabato, 11 Giugno 2016 09:44

Nature, nature, nature… alla francese

Un bel segugio di passaggio mi ha sbranato la gatta e mentre senza emozione raccattavo i pezzi caldi e insanguinati per seppellirli ripetevo in francese: «Nature, nature, nature…» : alla fin fine tutta natura: cane, gatto, terra e probabilmente anch’io.

In sottofondo il borbottio di mia moglie che progettava d’individuare il proprietario del cane incustodito per dirgliene quattro: alla fin fine cultura.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Venerdì, 10 Giugno 2016 08:33

Tirato per la giacca

Incappo nella citazione:
«Io ritengo che Gesù di Nazaret sia stato il più felice uomo che sia vissuto».[1]
Diffiderei di uno così - deficiente che non si guarda attorno constatando con empatia l'imperversare della sofferenza - ed esula dalle mie competenze il diagnosticare lo stato d’animo altrui, ma la citazione è utile nel suo implicito riconfermare un dato: nell’intera storia umana Gesù di Nazareth è stato, ed è, il più tirato per la giacca [2], in tutte le possibili direzioni e con ogni forza che la fisica consente.  
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1 Dorothee Solle, Phantasie und Gehoram, Stuttgart 1968, p. 61 (trad. it., Morcelliana Brescia 1970, p.75 – cit. Hanna Wolff, Gesù, la maschilità esemplare, Queriniana).
2 «Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirandole a sorte per sapere quello che ciascuno dovesse prendere.» (Marco 15,24)

Pubblicato in Sacro&Profano
Martedì, 07 Giugno 2016 19:26

Il frammento

“Pericopezzare” da pericope, forse suona meglio “pericopizzare”, non c’è nel dizionario però esprimerebbe preciso quel diffuso tagliare tutt’attorno a sé stessi, oppure complesse biografie o opere omnie, per dilatare  oltremisura, nel bene o nel male, il frammento prescelto.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Domenica, 05 Giugno 2016 19:48

Precetto del sabato sera

«Non parliamo di lavoro» decretano gli amici all’inizio del weekend col ponte, normando la temporanea distrazione a lenimento della consueta afflizione: ora d’aria da ordinamento penitenziario.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Mercoledì, 01 Giugno 2016 11:48

Plastica eterea

Comprensibile il tradurre entità, ideali, virtù e valori, in immagini che li rappresentino così da tornarci ritualmente sopra per farne memoria, eppure una eccessiva produzione allegorica potrebbe rivelarsi indizio che gli ideali e i valori rappresentati sono più teorici che reali:

di norma ciò che realmente c’è e sta in piedi di per sé non necessita d'overdose di duplicati tantomeno sublimi, basta l'originale.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 28 Maggio 2016 15:02

Lui

Oggi allo stramonio gli faccio una foto [click sopra per ingrandirla], sì è quello dal fusto violaceo che Linneo differenziava da Datura stramonium considerandolo specie a sé che chiamava Datura tatula e che adesso viene sistematizzato come mera forma accidentale dello stramonio comune denominandolo Datura stramonium L. f. tatula (L.).

Intanto lui senza necessità di nome e catalogazioni impipandosi di umani arbitri condivisi sintetizza veleni che possono curare e si diverte nel prendere forme antropomorfe, forse mima beffardo un qualche dio crocifisso a salvezza del mondo pacatamente orgoglioso di non averne bisogno.

 

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Venerdì, 27 Maggio 2016 11:12

Pippa nichilistica?

Un tempo mi piacevano gli esponenti del nichilismo estremo, quello tosto, tosto, tosto, contiguo a una certa mistica orientale, oggi li vedo discutibili e anche un po’ narcisi per due ordini di ragioni:

per il loro implementare un presupposto e artificioso “Ente Nulla” in realtà inesistente e ammesso ma non concesso esistente per nulla vuoto, in quanto perlomeno ricolmo di Io-Altro-Natura. Astrazione che per essere mantenuta necessita di continua aspirazione a oltranza di tutto l’esistente (che fatica!) per realizzare un sistematico indiscriminato annichilimento. Artificiale sottovuoto spinto poi imbottito, di solito, dal loro dolore che giudicano, quello sì, esistente e reale;

se hai freddo ti metti addosso una coperta, se hai fame mangi e se non hai coperta e cibo provi almeno a cercarli invece di crogiolarti nel freddo e fame, ma se giudichi irrimediabile «l’inconveniente d’esser nato» (Cioran) e invece di accopparti rapido consideri che «La terra si volge dal giorno verso la notte; l’individuo muore; ma il sole arde senza interruzione in eterno meriggio» (Schopenhauer) e che, dunque, siccome il personale cessare sarebbe in ogni caso parziale e limitato, inabile nell'interrompere il grande funzionamento, invece di appartenervici (Naturalismo) o cantarlo (Leopardi) così da affrancarlo dal non senso, non rimane che permanere vegeti imbronciati per non essere il Padreterno muovendosi egolatrici (con sterminate "egoteologie") e appartati per intrattenersi in una lamentosa antropocentrica pippa.

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 26 Maggio 2016 14:38

Babele psichica

Non sempre le frasi realizzano, di per sé, quanto dichiarano (enunciato illocutivo), dipende da come interpretiamo, e gli altri interpretano - senso, valore, significato - le singole parole interconnesse; “connettere” come pensare e nel contempo correlare.

Consideriamo la parola “potere”, a cosa pensiamo nell’enunciarla o nell'ascoltarla? Potrebbe significare dominio del quale siamo vittime - perlopiù è interpretata così - o, all’opposto, “potere” come libera possibilità di emancipazione e soddisfazione attuata dalla personale potenza, così anche per "soggetto" che può intentersi assoggettato o viceversa sovrano.

Dopotutto redenzione è significare e dire puntualmente le parole, corretto vocabolario che considera tutte le accezioni senza equivocarle apprendendone e magari implementandone di nuove così da optare, via, via, per quelle corrette. Tutto sommato è possibile anche definirle sane invece che corrette perché opzioni di accezioni psichiche oltre che linguistiche. 

Pubblicato in Filosofia di strada
Lunedì, 23 Maggio 2016 18:29

A gamba tesa

Possibile inesperti in materia cimentarsi nella lettura o nell’ascolto di testo o discorso specialistico e avanzato?


Per le scienze dure possibile ma davvero poco utile, per tutto il resto nulla è precluso nell’andarci dentro di brutto a modo nostro così da captare stimoli proficui alla personale elaborazione o a cogliere uno stilema capace di rivoluzionarci, beninteso vigili nel considerare la possibilità che l’autore intenda esprimere tutt’altro - non necessariamente di meglio di quello che, grazie a lui, operiamo noi.

Pubblicato in Filosofia di strada

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