BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Domenica, 29 Novembre 2020 16:42

Majestas e tremendum

Grazie a millenni di civiltà sappiamo molte cose, ma dinanzi all’imponente natura che ci precede, alla consapevolezza della nostra morte, alla sofferenza che senza ragione comprensibile investe a capocchia amici innocenti, sperimentiamo lo stesso sgomento dei primitivi sapiens, che per risolvere l’incomprensibile piantavano un palo in mezzo alla radura consacrandolo con storie, così da traghettare nel comprensibile l'incomprensibile attraverso fantasiosi riti, questo è quanto.

Eppure in quella imprevista mossa di immaginazione aleggiava, e aleggia, uno strano potere oltreconfine.

Giovedì, 26 Novembre 2020 18:19

Adoratori di amminoacidi

«La spiritualità, senza pretendere di possedere verità immutabili, provenienti da una forma esterna, si richiamerà precisamente al contributo della scienza» (José María Vigil, teologo).

Indubbiamente proficuo il dialogo tra spiritualità e scienza, ma l'ingiuntiva indicazione del teologo ad una perentoria conformazione, tout court, della spiritualità alla scienza non è forse un buon affare, né per la spiritualità, né per la scienza. A differenza di come -qui- la riduce il teologo Vigil, sappiamo -con lui- che la spiritualità è dimensione più vasta e più intelligente del possedere fisse verità rivelate da un qualche Dio unico. Spiritualità è anche arte, poesia, intuizione, espressione, estetica, parola, fantasia, etica, rappresentazione, naturalità, creatività, dimensioni prelogiche, dove ogni espressione, nel suo specifico dominio, concorre alla conoscenza e alla rappresentazione della realtà. Salvaguardando, beninteso, l'operare sovrano della scienza nelle proprie aree di competenza. Che fa la scienza? Fa moltissimo, ma non fa tutto, nel suo indagare la natura[1] portando a sé suoi pezzi per elaborarli attraverso un (provvisorio) pregiudizio ontologico[2].

Aspetto inquietante di questa coincidente uguaglianza della spiritualità con la scienza, è la preclusione ad una spiritualità laica, in quanto sostituisce, dalla padella alla brace, magisteri confessionali con magisteri scientifici. Lì se sei profano puoi solo tacere e obbedire, roba che va benissimo quando hai il mal di stomaco e vai dal validato dottore ottemperando le sue prescrizioni, ma per tutto il resto forse meglio evitare il pontificare di qualsiasi monsignore universale; cosa che la scienza non fa, ma il teologo post-teista[3] gli vuole far fare.

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1 In fondo, più che alle scoperte scientifiche, è alla natura che una sana spiritualità dovrebbe innanzitutto richiamarsi, diciamo così in presa diretta. Esperienza dove il contributo della scienza è una modalità portante, ma non la sola. Si potrebbe, forse, fare prendere un po’ di ossigeno all’affermazione di Vigil riformulandola così: “La spiritualità, senza pretendere di possedere verità immutabili e soprannaturali, si richiamerà alla natura”, posizione che non preclude all’ulteriore e all’oltre.

2 Un tacchino, iniziò a vedere scientificamente mondo:
«Fin dal primo giorno questo tacchino osservò che, nell'allevamento in cui era stato portato, gli veniva dato il cibo alle 9 del mattino. E da buon induttivista non fu precipitoso nel trarre conclusioni dalle sue osservazioni e ne eseguì altre in una vasta gamma di circostanze: di mercoledì e di giovedì, nei giorni caldi e nei giorni freddi, sia che piovesse sia che splendesse il sole. Così arricchiva ogni giorno il suo elenco di una proposizione osservativa in condizioni più disparate. Finché la sua coscienza induttivista non fu soddisfatta ed elaborò un'inferenza induttiva come questa: "Mi danno il cibo alle 9 del mattino". Questa concezione si rivelò incontestabilmente falsa alla vigilia di Natale, quando, invece di venir nutrito, fu sgozzato.» (Bertrand Russell).

3 Rifiutando radicalmente le verità rivelate del Dio antropomorfo tradizionale, maschio padre e nel contempo soprannaturale, trascendente e onnipotente, che parla ai suoi prescelti e li salva attraverso le rivelazioni del Libro e la tradizione della Chiesa, il post-teismo chiede una rifondazione teologica, che liberandosi dai letteralismi biblici a da concezioni dottrinali incompatibili con le nuove scoperte scientifiche, abbracci una spiritualità umana laica e post-religiosa. Detto così il post-teismo è tale e quale all’illuminismo, in effetti gli assomiglia anche se ideologicamente più tranchant nel negare Dio, in quanto rifiuta anche il laico deismo illuministico perché trascendente. Rispetto ai perentori “Post” -diciamola tutta, il termine post-teismo gronda di ideologia e l'ideologia è inadeguata per indagare il sacro e le cause prime- gli “Oltre” suonano meglio, perché evitano di buttare con l’acqua sporca anche il bambino. Però neppure "Oltre-teismo" suona tanto bene, optiamo per "Oltre-confessionale"? Sembra un pochetto meglio.

Martedì, 24 Novembre 2020 17:54

Rigurgiti ottocenteschi

Non ci risulta che al vespro mentre la monaca canta:

“E il cielo che tingi di fuoco proclama la grande tua gloria”,

l’astrofisico l'interrompa per notiziarla che non è Dio che al tramonto tinge il cielo di rosso, ma la radenza dei raggi solari che angolano la luce in una più densa atmosfera che lascia passare solo le frequenze rosse. Non ci risulta neppure che, all’opposto, la monaca contesti l’astrofisico negando frequenze e lunghezze d'onda della luce solare per proclamare Dio col pennello in mano.

Consapevoli di quello che stanno parlando, non esiste scienziato vivente tanto cretino da contestare la preghiera della monaca, né monaca dei nostri giorni così deficiente da respingere la spiegazione dello scienziato. E allora com’è che di queste cose si discute ancora?

Evidentemente per le le mitizzazioni presenti nella dottrina della Chiesa, per le quali le monache sono piuttosto attrezzate nel distinguerle e ridimensionarle (forse sono troppo ottimista, chi ha tempo potrebbe svolgere una indagine), ma di più per i magismi e le superstizioni migrate dal paganesimo nel cristianesimo, tipica espressione le manifestazioni religiose popolari. Materia per antropologi più che causa di bisticcio fra astofisici e monache.

Lunedì, 23 Novembre 2020 19:25

Perpetuo copia incolla

Chi forma quelli che formano i formatori?

Senza moti maieutici, quote di auto-fondamento e improvvise fluttuazioni autorali che si autorizzano da sé, solo meccanica ripetizione, alle volte dottissima ma ripetizione.

Domenica, 22 Novembre 2020 15:05

Mattacchione figlio di buona donna

«CAVALIERE: Io voglio sapere. Non credere. Non supporre. Voglio sapere. Voglio che Dio mi tenda la mano, mi sveli il suo volto, mi parli.
MORTE: Il suo silenzio non ti parla?» (Ingmar Bergman, da Il settimo sigillo).

Nell’Islam, più raramente nel cristianesimo, sovente in alcune tradizioni del buddhismo (vedi qui), i luoghi privilegiati per ascoltare quel silenzio che ci parla sono i cimiteri. Ma oggi c’è forse di meglio, si chiama Worldbirthsanddeaths e puoi vederlo qui. Per nulla macabro simula in tempo reale tutti quelli che nascono e tutti quelli che muoiono nel mondo in questo momento.

La prima evidenza che procura l'abnorme turnover in presa diretta è una sorta di detronizzazione dell’Io personale, in ogni momento ce ne sono così tanti che appaiono e così tanti che spariscono da inflazionarne il significato, fino al punto che contemplando la dinamica, anche solo per due minuti, sorgerà il sospetto che tutte quelle individualità nascenti, esistenti e morenti, sono in realtà la messa in scena di una entità briccona, che trasformista più abile di Brachetti camuffandosi in quelle forme simula di essere i tanti che nascono, esistono e muoiono, ma che invece è sempre e solo lui, nel suo sempiterno simultaneo nascere-esistere-morire.

Venerdì, 20 Novembre 2020 16:22

Incontri ravvicinati, non so di che tipo

Nell’attesa di crepare avevo costruito uno stagno, né piccolo, né grande, ci avevo messo quattro pesci rossi e aspettavo che dal cielo arrivassero le rane, e le rane sono arrivate davvero. Ieri mattina ero sceso allo stagno per farci tre giri intorno, un bel posto per ruminare i misteri dell’universo, e in mezzo allo stagno vedo ergersi un airone cenerino. Resto paralizzato, folgorato dall’evento (rarissimo), dall’epifanica sovrabbondanza di grazia, mi sarebbero bastate le rane e invece è arrivato un airone, non so perché.

L’evento epifanico succede poche volte in una esistenza, è una esperienza strana perché l'imprevista accecante visione esterna corrisponde all’istante ad una, ancora più potente, esperienza intima di terrifica bellezza, perfetta e assoluta. Roba forte, forse un po’ pericolosa.

L’airone nel vedermi a distanza ravvicinata aveva spiccato il volo molto lentamente, però questa mattina è ritornato. Quatto, quatto, ho provato a fotografarlo e quello si è offeso e si è alzato in volo ad alta quota. E dire che lo sapevo che ai Serafini non piace essere fotografati. Ma forse domani torna, così, senza ragione.

Martedì, 17 Novembre 2020 17:15

Equivoci

Se l’insieme degli insegnamenti professati dai monoteismi non si rifonderanno armonizzandosi con le nuove scoperte scientifiche del cosmo in evoluzione, della relatività generale, della meccanica quantistica ecc. , a quegli insegnamenti non crederà più nessuno e finiranno, come in effetti sta succedendo.

Tuttavia se quei corpi dottrinali venissero riscritti in armonia con la scienza non possiamo escludere che queste nuove versioni conformi collasserebbero ancora prima, perché si ridurrebbero a un superfluo doppione della scienza, a una inutile copia dell’originale.

Lunedì, 16 Novembre 2020 18:57

Inquinamento endogeno

Si potrebbero spiegare le credenze nel terrapiattismo, o in simili convincimenti deliranti come il Covid negazionismo, semplicemente interpretandole come subculture malate, architettate da malriusciti e scompensati. Chiazze circoscritte di ignoranza e paranoia che galleggiano, qua e là, su un mare di lucido buon senso, di erudizione e di diffusa saggezza.

Quadretto naïf chiaro e rassicurante, se non fosse che per scoprire l’origine di quelle chiazze sarebbe forse utile, prima di proclamare tolleranza zero verso ogni devianza, indagare il mare per verificare che non sia proprio quello a produrle.

Non possiamo escludere casi di persone che schiacciate da sempre da reiterate esclusioni, abbiano reagito con un militante porsi-opporsi, così a prescindere, del tutto indifferenti ad ogni evidenza logica, nell'inconsapevole disperato tentativo di poter, in qualche modo, esserci e partecipare ancora.

Venerdì, 13 Novembre 2020 23:53

Teologia quantistica

C’è la teologia della liberazione, l’ecoteologia, la teologia eco femminista e quella Queer. La teologia si fa in quattro per affrontare le problematiche inedite dei nostri giorni, elaborando specifiche connessioni tra spirito e materia in orizzonti sempre più vasti e complessi. Ammirevole: quale altra disciplina dimostra una così ramificata plasticità fluttuante?

Però, forse, la “teologia quantistica” potevano anche risparmiarsela, come si sono giustamente risparmiate la teologia termodinamica, la teologia gravitazionale e la teologia elettronica. Non tanto perché la definizione “teologia quantistica” sembra una battuta di Maurizio Crozza, o la dozzinale trovata di un qualche guru briccone che vuole fondare una nuova confessione New Age, ma per due altre ragioni.

La prima è che se una teologia procede cercando spasmodicamente un partner, significa che da sola vale meno del due di briscola; perdipiù nel caso di specie la meccanica quantistica è partner per certi versi mobbizzato, perché per nulla interessato a partnership con la teologia, manco ad averla come ancella. Ofelè fa el to mesté ! Ma se la teologia (quantistica) zoppica nel proporre una dialogante autonomia tra saperi distinti appiattendosi sul partner, sarebbe più dignitoso cestinarla per darsi alla fisica teorica, invece di un imbarazzante mendicare dalla meccanica quantistica stampelle in titanio di ultimissimo modello per trovare senso e giustificazione.

La seconda è che quando ci è di mezzo Dio, anche per toglierlo di mezzo come nella teologia atea (indifferente all'ossimoro c'è pure quella), andrebbe sempre conservata una cifra di mistero, di inaccessibile alterità, di paradosso, con correlate quote di angoscia e inquietudine, pungoli che stimolano salti e rinnovate ricerche.

Cool la meccanica quantistica nel suo ostentare che il livello subatomico funziona in modo differente dal nostro, senza un prima e un dopo temporale, senza un qui e un là spaziale, nella totale imprevedibilità di interconnessioni creanti. Roba strana forse divina, ma se non fossimo tanto abituati ci stupirebbe allo stesso modo la nostra dimensione macro coi suoi prima e dopo, i suoi qui e là mentre andiamo a ottanta all'ora sulla Provinciale e arriviamo in città all'ora prevista, nella nostrana perlopiù ordinata prevedibilità di cause che producono effetti, ma entrambi i livelli, micro e macro, poggiano sugli stessi numeri calcolabili.

Si può conoscere con precisione lo stato di salute di un corpo, se l’azotemia raggiunge i 10 mg e non supera i 50 vuol dire che stai bene, ma in quali parametri deve rientrare un’anima per essere considerata sana? Qui sì che si entra in tutt'altro regno e le misurazioni annaspano.

Alla fine l’appiattimento di Dio costipato in un corpo dottrinale e cultuale dogmatico e tradizionalista semper idem, come anche, all’opposto, la conformazione di Dio fino all’esaurimento per dissoluzione in circoscritte dimensioni culturali, sociali, ambientali e scientifiche (sempre misurabili), nei quali l’Assoluto che Dio esprime e rappresenta è ridotto (riduzionismo) a epifenomeno posticcio, si rivelano entrambi tentativi, specularmente apparentati, di addomesticamento e di contenimento del mistero -di Dio, della natura e nostro- snaturandolo così a idolo o a superfluo feticcio.

Domenica, 08 Novembre 2020 17:42

Rimedio antalgico

L’ingegnere che progetta macchinari sa bene che i componenti più robusti e affidabili non sono quelli costituiti da leghe speciali, ma quelli che non ci sono; se conservando la cilindrata complessiva un motore da sei pistoni lo riduci a quattro, quei due pistoni in meno permarranno eternamente indenni da usure e collassi. Comico? Mica tanto.

Insigni tradizioni spirituali e autorevoli speculazioni filosofiche applicano lo stratagemma del pistone dissolto all’io personale. Filo rosso di alto lignaggio che dal Vedanta a Parmenide percorre il neoplatonismo e poi i mistici renani fino al neoparmenidismo di Severino, affiorando e sparendo qua e là come un fiume carsico. Tracce le possiamo scorgere in Schopenhauer e apprezzare nell’ultimo Jung o in Pessoa.

Il discorso, semplice quanto radicale, è che la vera realtà non è il divenire delle distinte cose, ma un ingenerato, immobile, immutabile, immortale, indivisibile, auto-fondante, sempiterno e onnipervadente tutt’Uno. Essere che non conosce divenire all’interno del quale non sussistono entità separate individuate. Non sussistendo alcuno né, a maggior ragione, qualcuno, nessuno nasce e nessuno muore. Se tu non sei chi mai soffre e muore?

In tale concezione il grande equivoco che produce la sensazione della personale finitudine e del conseguente sgomento deriva, dunque, dall’erroneo auto-identificarsi con l’apparato psicosomatico individuale in divenire; io-persona che sarebbe nient’altro che una falsa apparenza di fatto inesistente che equivochiamo per reale, mentre noi siamo Essere impersonale, il Supremo Assoluto.

La prospettiva è innegabilmente vantaggiosa nel permettere di raggiungere una istantanea atarassia, attraverso una semplice operazione concettuale bypassando laboriose ortoprassi. Spassionati testimoni del Supremo ci intratterremo come accade vedendo il falso come falso e il vero come vero, tutto qui. Evidenti anche gli svantaggi: che senso ha morire da vivi per essere eterni? E poi, è davvero così svantaggioso essere individui di questo mondo? Un buona soluzione è forse optare per un’aurea mediocritas, conservando la concezione come sfondo della nostra esistenza personale, così da continuare a gioire delle gioie e addolorarci ancora dei mali, ma non troppo.

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