Non ci risulta che al vespro mentre la monaca canta:
“E il cielo che tingi di fuoco proclama la grande tua gloria”,
l’astrofisico l'interrompa per notiziarla che non è Dio che al tramonto tinge il cielo di rosso, ma la radenza dei raggi solari che angolano la luce in una più densa atmosfera che lascia passare solo le frequenze rosse. Non ci risulta neppure che, all’opposto, la monaca contesti l’astrofisico negando frequenze e lunghezze d'onda della luce solare per proclamare Dio col pennello in mano.
Consapevoli di quello che stanno parlando, non esiste scienziato vivente tanto cretino da contestare la preghiera della monaca, né monaca dei nostri giorni così deficiente da respingere la spiegazione dello scienziato. E allora com’è che di queste cose si discute ancora?
Evidentemente per le le mitizzazioni presenti nella dottrina della Chiesa, per le quali le monache sono piuttosto attrezzate nel distinguerle e ridimensionarle (forse sono troppo ottimista, chi ha tempo potrebbe svolgere una indagine), ma di più per i magismi e le superstizioni migrate dal paganesimo nel cristianesimo, tipica espressione le manifestazioni religiose popolari. Materia per antropologi più che causa di bisticcio fra astofisici e monache.