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Ineludibile dualismo
“Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso,
e la saggezza per conoscere la differenza.” (Serenity Prayer di Reinhold Niebuhr)
Il più delle volte la sofferenza è causata dallo scostamento fra il mondo che desideriamo e quello che c’è, detto schopenhaueriamente dalla separazione da come ci rappresentiamo il mondo e il mondo oggettivo. In effetti un po’ tutte le visioni sapienziali, come anche le concezioni filosofiche, tentano di ridurre il gap fra il mondo che ci rappresentiamo e quello reale, con due differenti strategie che talvolta si intersecano e contaminano.
La prima tenta di plasmare il mondo effettivo così da conformarlo alle nostre rappresentazioni, tipo gli gnosticismi e gli esistenzialismi che rifiutando questo nostro mondo ne desiderano un altro, o gli idealismi che subordinano il mondo naturale alle proprie concezioni, oppure le filosofie della prassi che operano per cambiarlo. La seconda strategia tenta, invece, di ridimensionare le nostre rappresentazioni del mondo per uniformarle alla realtà di fatto, come lo stoicismo che accetta le cose che non possiamo cambiare, o il naturalismo che ci vede parte di sostanze e processi che costituendoci ci precedono e superano.
Insomma forse per qualche misteriosa frattura ancestrale, a differenza delle rane e delle rondini, siamo portati a desiderare e a chiedere un sistematico come in cielo così in terra, e viceversa.
Insipienze post teistiche
Per Sossio Giametta[1] la moderna laicità è un processo multisecolare che inizia ben prima di Cartesio. Già Erasmo da Rotterdam, Moro, Cusano, seppur operando nel paradigma teistico iniziavano a scardinarlo dall’interno, processo in seguito sviluppato dai filosofi rinascimentali della natura Telesio, Campanella che ha pagato con quaranta anni di carcere, Pomponazzi, Cardano, Vanini finito al rogo, e soprattutto Giordano Bruno anch’egli bruciato. Così da approdare a Spinoza che ha rovesciato l’ordine teocratico, poi Feuerbach che fa di Dio l’immagine dell’uomo, fino a Nietzsche e la sua potenza poetica che incenerisce, forse più del necessario, il teismo istituzionalizzato.
Se, dunque, partiamo da Erasmo, Moro, Cusano, considerandoli precursori del percorso che ha sostituito la teologia con la filosofia e Dio con la natura, vediamo che è un drammatico e valoroso processo che dura da più di cinque secoli. Non meraviglia che vi siano residui di istituzione ecclesiastica che tirano dritto come se niente fosse accaduto, fa invece strano che nel contestare il paradigma teistico ci glissino sopra gli attuali post-teismi, percependosi avanguardie tutte convinte di compiere, per proprio conto, rivoluzioni inedite.
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1 Vedi “Controstoria della filosofia” di Arthur Schopenhauer, curato da Sossio Giametta; La nave di Teseo, 2023. Si tratta di una riproposizione dei due saggi iniziali dei Parerga e paralipomena: “Schizzo di una storia della teoria dell’ideale e del reale” e “Frammenti di storia della filosofia”, davvero ben commentati da Giametta.
Il briccone
L’Essere -nel senso ontologico e anche metafisico- forse alberga in una assoluta sempiterna intemporale contemporaneità impersonale.
Per ottenere coscienza di sé a poco serve la materia che esprime in tutte le sue varianze, per sapere che è abbisogna di determinati e circoscritti momenti esistenziali (con un prima e con un dopo), un conscio allorquando necessariamente mortale, lavoro sporco che lascia fare a noi.
Risveglio
Verosimilmente già prima di nascere e anche dopo morti e di sicuro ogni notte nel sonno profondo, rifuggiamo la razionalità sospendendo il pensare per sprofondare nell’indicibile essenza del mistero dell’essere. Giunto il giorno, nel poco tempo di veglia e di vita che ci rimangono, forse meglio dedicarci ad altro.
Puer
Dopo avermi osservato piantumare il maggiociondolo di qua e i tre ginepri di là mi ha detto d’aver visto un bambino che giocava. Diagnosi azzeccata.
Si imparano parole e si apprendono logiche per funzionare in questo mondo, ma sotto, sotto, alberga un fanciullo immortale che gode dell’inutile.