Ce ne sono al mondo di situazioni controintuitive ma che le batte tutte è il nostro esistere, contraddistinto dal desiderio di vivere a oltranza costruendo al meglio cose stabili e durature, nella consapevolezza della nostra fine, della fine di tutti gli altri e dell’impermanenza di ogni cosa. Un bel problema.
Filosofie, religioni e psicologie avrebbero dovuto elaborare percorsi che ci aiutassero a familiarizzare con questi opposti che si compenetrano, considerandoli processi inseparabili che si alimentano reciprocamente, hanno invece preferito interpretarli contrapposti e antitetici, non perché lo siano, ma per conformarli al funzionamento della nostra mente binaria che capisce al volo la circolazione a targhe alterne e aut aut del genere.
Quante gloriose e nobili tradizioni di pensiero poggiano su questa abusiva forzatura, che piega la complessa interconnessione del mondo al nostro dualismo concettuale?[1]
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1 L’elenco sarebbe lungo, non mancano però percorsi che non fuggono dall’incomprensibile, percorsi che favoriscono una visione integrata che coglie l'interconnessione e la compenetrazione degli opposti: da Eraclito al Taoismo, dalla Psicologia del profondo alla Scienza delle complessità, da aspetti della filosofia di Spinoza e anche di Nietzsche all’opposizione polare di Romano Guardini… Per citarne alla rinfusa qualcuno.