Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Remare
Interpretiamo l’esistente ordinandolo, da tutto l’essere individuiamo una parte e dandole un nome la riponiamo secondo un certo ordine in uno scaffale personale, pronta all’uso. Con semantiche misere o congrue, precisi o equivocando, inventariamo l’universo separando i soggetti dagli oggetti per sistemarli, per prescrizione o scelta personale, in specifiche e differenti categorie. Quantifichiamo e ordiniamo anche enti che non ci sono da nessuna parte eppure sono ovunque come i numeri, il tempo e le idee. I filosofi per intendersi rapidi tra di loro chiamano tale processo ontologia, disciplina che con altri nomi ognuno, consapevolmente o ingenuamente, esercita tutti i giorni.
Sistemati gli enti consideriamo le relazioni tra essi e col tutto, approccio che gli specialisti chiamano mereologia atto che ognuno consapevolmente o ingenuamente fa.
Inventariato ciò che c’è in parti interconnesse proviamo a definire ciò che ogni ente è, parte della filosofia denominata metafisica, disciplina che ognuno più o meno consapevolmente esercita a raffica.
A differenza dall’ingenuo il consapevole analizzerà il processo che utilizza per interpretare la realtà così da scorgere possibili equivoci, errori e parzialità. Metodo poco frequentato dalla gente comune che i filosofi chiamano gnoseologia, teoria della conoscenza e anche epistemologia.
Eruditismo? Per come la vedo proprio l’opposto perché percorso necessario per vedere e vivere un po’ meglio, accidenti permettendo. Inderogabile stimolo per comprendere da onorare insieme - guardandoci attorno e indietro possiamo incontrare chi ha percorso la strada con impareggiabile arguzia - ognuno a modo suo, visto che «un uomo può fare come vuole, ma non può volere come vuole» (Schopenhauer), per miriadi di fattori e complesse dinamiche che gli sfuggono di mano.
In fin dei conti ognuno è un bel po’ quello che si merita, si permane ingenui per indolenza si diventa consapevoli remando di brutto. Il problema è che permane una separazione tra gli intellettuali e la gente comune, i primi talvolta altezzosi nella loro bolla, i secondi non di rado per pigrizia superficiali, con responsabilità personali precise di quelli e di questi.
Fede bis
Mi lascia perplesso il discorso sulla fede in Dio attivata da una misteriosa soprannaturale grazia con i correlati “avere la fede”, “perdere la fede” e “ritrovare la fede” come succede con le chiavi della rimessa, concezione che separa credenti e non credenti in inesistenti compartimenti stagni.
Nel considerare la mia biografia - da giovane pressappoco credente in Dio e oggi all’incirca miscredente - e osservandomi attorno, constato che la separazione tra credere/non credere, credenti/non credenti, è più una frettolosa congettura tra apparenze che la realtà invece composta da soggetti che individuati plausibili percorsi di realizzazione personale - per plausibili qui considero quelli ragionevoli e sani escludendo concezioni perverse o criminali - li intraprendono per verificarne l’efficacia[1].
Percorsi simili nel fine disuguali nel merito, dove la differenza più che nelle rispettive, differenti, ipotesi in campo, risiede nell'accuratezza e lealtà oppure nella superficialità e ipocrisia nel verificarle.
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1 A ben vedere tale verifica di efficacia un po’ ricorda la "simulazione sperimentale". Forse ha proprio ragione Emanuele Severino a metterci in guardia dall’attuale pervadente "dominio della tecnica".
Fede
Il più delle volte nel visitare filosofi credenti in un Dio personale e trascendente apprezzo la loro compagnia; in questi giorni quella di Kierkegaard.
Il percorso all’inizio è piacevole, stimolante e arricchente, il problema è che dopo aver fatto un po' di strada in bella compagnia non pochi di questi autori si arrestano e come base jumper si gettano in territori misteriosi. Interrompendo il comune tragitto di pensiero, fin lì percorso, rompono il passo e il patto (dialogico) entrando inopinatamente nel tragico in un personale livello intimo inaccessibile, del quale non possono dire se non invitarmi a gettarmi anch'io.
Punto che procura una frattura di comunicazione, momento palese e insieme oscuro di disperazione-grazia tutto da indagare che dovrebbero dettagliare con precisione. Giusto per non sfracellarsi emulandoli a scatola chiusa.
La pagina della sfinge
Cos’è quella cosa che è una sfera infinita tutta intera in qualunque parte di sé sempre immobile nel movimento di cui tante sono le circonferenze quanti i punti e il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo?
Ho estrapolato da un notorio tassello della teologia medievale omettendo il divin Soggetto e ricomponendo a mo’ di quesito.
In fin dei conti certa mistica medievale appare antesignana de La Settimana Enigmistica, più è sublime più l’anticipa esatta. Strano ma vero.
Quid est veritas?
Se sussistesse La Verità assoluta, universale, integrale, immodificabile e unica; s’esistesse un’immacolata, perfetta, infallibile e compiuta attività teoretica, prima o poi nella colossale storia del pensiero tale verità definitiva saremmo giunti ad esplicarla con-fermandola univocamente in massa.
Invece la storia della filosofia, dell’arte, della religione - pur con filoni di percorso non di rado operanti nel medesimo solco, oltre agli antichi classici evergreen - esprimono differenti, complesse e innumerevoli “verità” in costante moto, correlate alle storie dei popoli, ai tempi, alle causalità e casualità (circostanze), alle specifiche personali capacità, sensibilità e biografie. Neppure la scienza è immune da tale sana parzialità: dalla fisica teorica al medico specialista dal quale sovente il paziente si congeda per ascoltare un’altra campana. Il termine squisitamente scientifico "ricerca" palesa saggiamente al mondo uno stato di provvisorietà, stimolante inedite scoperte, nuove interpretazioni, radicali revisioni. Anche la natura muta, si adatta, si muove ordinata e talvolta apparentemente disordinata si diverte nel produrre metastasi.
Forse la verità è ‘sto bailamme o quanto meno gli assomiglia. Se caotica oppure cosmica non lo so, di sicuro non sta ferma.
To be, or not to be…
Di norma si affronta e risolve una questione in quattro mosse:
determinata la problematica si presuppone una soluzione efficace e attuata si verifica che funzioni.
Procedura generalmente valida, dall’aggiustare lo sciacquone del cesso all’affrontare tematiche cruciali del vivere e del morire, di Dio e dintorni. Il problema è che nelle concezioni e ipotesi in corso d'opera per risolvere tali questioni ultime ci è preclusa qualsiasi sicurezza definitiva, necessariamente accertabile solo post mortem.
Così, alla fin fine, non c’è completa differenza tra quelli che affermano di credere in Dio e i miscredenti, tra loro contrapposti per le differenti ipotesi ma identici nell’attendere conferma definitiva della veridicità del loro supporre. Ateismo, teismo, agnosticismo, differenti concezioni medesimo stato. Appurata la comune condizione forse opportuno che, evitando di bisticciare, si alleino e collaborino.
Teocriminologia applicata
Ho ripigliato dallo scaffale le impolverate Enneadi di Plotino che adoperavo quando frequentavo le religioni orientali a guisa di saldatrice per connettere l’esotico Vedanta alle filosofie d’occidente. La complessa metafisica neoplatonica - della quale Plotino è tra le colonne portanti - salda per bene tratti del pensiero orientale ad alcuni filoni dell’ontologia occidentale. Plotino vede Dio come L’Uno auto-sussistente che tutto fonda e pervade, L’Uno ineffabile che pertanto è possibile indicare solo attraverso vaghe e inadeguate metafore come quella della luce, somma e Unica Potenza da cui irraggia la realtà universale.
Nel volume incontriamo sfilze di “quaggiù” contrapposti al Supremo indicibile “lassù”, roba squisitamente pagana tipica del tardo indirizzo filosofico greco; concezioni quasi assenti nel pensiero di Gesù di Nazareth ma che le Chiese cristiane, violando il copyright, hanno ficcato in profondità nelle loro teologie.
Siccome tale sommo Uno è oltre qualsiasi umano concepire, impossibilitati a definirne la reale sostanza non ci resta che il tacere sovrastati, o, per i più audaci, l’indagare con logica formale non tanto quello che l’Uno è, approccio umanamente impossibile, ma quello che non è, o meglio quello che non può non essere - “metodo negativo”, via negationis, “teologia negativa”.
Procedimento che evoca quello della serie televisiva Criminal Minds trasmessa da Rai 2, dove i gagliardi criminologi dell'FBI per catturare un assassino seriale assolutamente sconosciuto imbastiscono un profilo non ipotizzando a vanvera chi potrebbe essere, ma, via, via, individuando quello che il ricercato non può non essere. Più escludono più circoscrivono, più circoscrivono e più si avvicinano all’obiettivo.
Davvero non male riuscire, finalmente, a catturare l’Artefice di ‘sto strano e immane teatro, così da metterlo sotto teca per osservarlo in dettaglio.
L’utente devoto
E’ finito il tempo delle agiografie e delle gesta eroiche, a parte gli esponenti di filoni estremi di qualche monoteismo e d’impenitenti, quanto sparuti, militanti d’ideologie del Novecento, tutti gli altri si alzano la mattina noncuranti di plasmare sé stessi e il mondo alla propria fede o ideologia. Meglio così.
Il problema è che l’attuale ridimensionamento di tali concezioni a subculture invece di favorire l’autonomia di singoli e popoli è coinciso con l’imperversare di altra ideologia imperante, dove i fondatori non necessitano di particolare impegno teoretico e lavoro sul campo per promuovere universali conformazioni, basta e avanza implementare un qualche brand e status symbol, un po’ di obsolescenza pianificata dei prodotti, un po’ di pubblicità, a tutto il resto ci pensa l’utente che a sua inconsapevole cura espande e condivide con devozione il vano (vanità) arbitrio.
Consumismo ideologia autogena a sviluppo planetario garantito, perpetuo, inarrestabile. Ben poggiato sull’ottusità di mente va a narcisismo: base ampia e tenace, carburante inesauribile.
Italiani
Per testare l’italica umanità da qualche anno spedisco i miei prodotti erboristici a sconosciuti sovente in zone malfamate, facendomi pagare solo dopo che hanno ricevuto la merce.
Persisto fiducioso in quanto dei circa mille pacchi inviati un solo bidone.
Circoscritto dato di affidabilità non generalizzabile, eppure qualcosa vorrà pur dire.
Libri
Passando nottetempo dal letto al bagno spinto da una forza ignota afferravo dalla libreria i “Pensieri” di Pascal e aprivo a caso. Mi capitava la pagina dove valutava Montaigne un confusionario che salta di soggetto in soggetto senza giusto metodo. Precisava che Montaigne eludeva il giusto metodo dicendo sciocchezze per affermazione personale, in quanto nello “stolto progetto che aveva di dipingere se stesso cercava di darsi arie” con “parole lascive, roba che non vale niente”. Perplesso tornavo indietro all’inizio del capitolo e trovavo, nel titolo, la motivazione della pascaliana sentenza di condanna: “Miseria dell’uomo senza Dio”.
D’impeto agguantavo la copia dei “Pensieri” per schiaffarla sotto ai “Saggi” di Montaigne: che se la vedano tra di loro! E sono corso in bagno. Al risveglio nel dormiveglia l’impressione di strani movimenti dalla libreria. Chi possiede numerosi libri sa che dopo l'imbrunire dentro quegli scaffali accadono cose strane: duellano, dialogano, si massacrano, tramano, si alleano, si accoppiano.