Ho ripigliato dallo scaffale le impolverate Enneadi di Plotino che adoperavo quando frequentavo le religioni orientali a guisa di saldatrice per connettere l’esotico Vedanta alle filosofie d’occidente. La complessa metafisica neoplatonica - della quale Plotino è tra le colonne portanti - salda per bene tratti del pensiero orientale ad alcuni filoni dell’ontologia occidentale. Plotino vede Dio come L’Uno auto-sussistente che tutto fonda e pervade, L’Uno ineffabile che pertanto è possibile indicare solo attraverso vaghe e inadeguate metafore come quella della luce, somma e Unica Potenza da cui irraggia la realtà universale.
Nel volume incontriamo sfilze di “quaggiù” contrapposti al Supremo indicibile “lassù”, roba squisitamente pagana tipica del tardo indirizzo filosofico greco; concezioni quasi assenti nel pensiero di Gesù di Nazareth ma che le Chiese cristiane, violando il copyright, hanno ficcato in profondità nelle loro teologie.
Siccome tale sommo Uno è oltre qualsiasi umano concepire, impossibilitati a definirne la reale sostanza non ci resta che il tacere sovrastati, o, per i più audaci, l’indagare con logica formale non tanto quello che l’Uno è, approccio umanamente impossibile, ma quello che non è, o meglio quello che non può non essere - “metodo negativo”, via negationis, “teologia negativa”.
Procedimento che evoca quello della serie televisiva Criminal Minds trasmessa da Rai 2, dove i gagliardi criminologi dell'FBI per catturare un assassino seriale assolutamente sconosciuto imbastiscono un profilo non ipotizzando a vanvera chi potrebbe essere, ma, via, via, individuando quello che il ricercato non può non essere. Più escludono più circoscrivono, più circoscrivono e più si avvicinano all’obiettivo.
Davvero non male riuscire, finalmente, a catturare l’Artefice di ‘sto strano e immane teatro, così da metterlo sotto teca per osservarlo in dettaglio.