BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Da 35 anni faccio l’erborista preparatore, razza in via d’estinzione che raccoglie piante selvatiche e le trasforma artigianalmente per venderle alla piazza nell’erboristeria contigua al laboratorio. Oggi ho preparato lo sciroppo per lenire la tosse, le foglie di Mirto poche ore fa erano attaccate alla pianta nella macchia mediterranea e adesso, con la loro essenza, sono dentro flaconi di vetro scuro. Un paio li ho già venduti, un tempo in lire oggi in euro, mi è anche capitato che qualcuno mi ha dato in cambio una bottiglia di vino o una ricotta, negli ambienti rurali sono cose che succedono. Prodotto ecologico, ecologissimo, filiera corta, cortissima, a chilometro zero che più di così non si può. Milieu culturale M5S doc. Sarei un grillino di quelli canonici, invece no.

Da Milano mi ero trasferito in Puglia e in un trullo circondato da olivi secolari avevo implementato questo mestiere che faccio ancora con piacere per un po’ di ore al giorno, non tutto il giorno e neppure tutti i giorni. Per quanto possibile mi piace che la professione sia laicamente circoscritta a quando sono in erboristeria: meglio separare la professione dalla vita, meglio uomo che erborista. E’ stata una scelta lavorativa un po’ politica, un modo per ottenere profitto senza essere fagocitato dalle logiche di mercato, libero dall’industria che realizza prodotti dozzinali; agli antipodi dalle dinamiche e dal gergo del marketing utilizzato dai marketers: "target", "missione", "orientamento strategico". Ho preferito raccogliere le piante e trasformarle mica fare la guerra. L’ho fatto e lo faccio un po’ emancipato dal capitalismo che per stare in piedi deve espandersi a oltranza come un tumore; entità dogmatica alla quale è chiesto conformarsi obbedendo alle sue leggi che, a modo mio, ho rifiutato. Sarei davvero un grillino di quelli canonici, invece no.

Talvolta normative asfittiche mi portano a dedicare tempo e risorse alla burocrazia; principio di realtà fastidioso del quale non mi preoccupo più del necessario. Ieri mi è stata notificata una sanzione di trecento euro per non aver stampato un foglio contabile della trasformazione alcolici. Nel verbale i finanzieri hanno scritto che avevo stampato per bene 599 fogli, ma non sono stato «tempestivo e congruo» nello stampare il foglio numero 32, quello del 24 aprile 2012. Dopo aver borbottato per un paio di minuti ho  ripreso, tempestivo e congruo, a imprendere indifferente ai registri contabili. Nel produrre estratti di erbe sono abituato al fastidioso rumore di sottofondo delle incombenze burocratiche, quelle a rigoroso rendiconto. Al riguardo ho una ventina di verbali, perlopiù positivi, perché di tanto in tanto arrivano i finanzieri - sempre in quattro - per verificare la contabilità di manco 50 litri di alcool. I finanzieri fanno il loro mestiere, mettono i sigilli e controllano meticolosamente i registri, contano le venti bottigliette di Melissa sullo scaffale e le quindici di Ginseng e mi fanno compagnia per qualche mezza giornata, poi vanno via dopo aver intralciato la mia esistenza al massimo per un dieci per cento, il rimanente novanta permane indenne, il pensiero personale continua e con lui la libertà.

Sarei un grillino perfetto ma non necessito di Guru per liberarmi dalla burocrazia, faccio meglio e prima da solo. Diffido di chi dice di amarmi senza conoscermi. Non curante del mio personale caso di specie sono andato a votare solo per scegliere qualcuno un poco capace di amministrare il carrozzone generale con competenza pari alla mia quando faccio lo sciroppo per la tosse al Mirto selvatico. Non mi piace chi intende liberarci dal male e chi vuole salvare gli afflitti. I partiti dell’amore subodorano di liquami come il fiore del caprifoglio tanto dolce all’odorato che vira in fecale.  
Tutto sommato ho resistito agilmente ai peggiori governi eletti senza il mio consenso, rumori di sottofondo che hanno influito sull’esistenza reale il cinque per cento, talvolta nei giorni di scirocco l’otto per cento, eccezionalmente il dieci. Media, politici di professione e capipopolo, dicono che i governi valgono di più ma non è vero.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Lunedì, 11 Febbraio 2013 18:58

Habemus Papam!

Nanni Moretti nel suo “Habemus Papam!” aveva visto bene. I fedeli dopo l’elezione vorrebbero vederlo o almeno conoscerne il nome, ma il nuovo Papa non ha il coraggio di condurre un miliardo di cristiani e si nasconde; il coraggio se uno non ce l'ha mica se lo può dare, diceva don Abbondio. Il Papa è stato eletto ma non c’è, la folla dei fedeli radunata in piazza San Pietro scruta la loggia centrale: tende rosse su un fondo nero vuoto, un po’ Zen e musulmano insieme. Dio o qualcosa che gli assomiglia forse è ancora lì sul balcone, ma senza un uomo che lo rappresenti si insinuano nei fedeli interrogativi conturbanti. Senza una istituzione che raffiguri Dio nella storia la fede si confonde, i fedeli mugugnano delusi, l’ansia diventa angoscia, nulla ha più un senso; l'ansia nel film è  evocata rimane "fuori campo" eppure l'angoscia dei fedeli incombe come un macigno. Uomo insieme agli uomini il Papa vaga per la città, percorre il lungotevere dentro un autobus mischiato ai pendolari, incontra persone reali, normali, spontanee, sane. Appare più potente il Papa anonimo di quello istituzionale, lontano da valzer teologici e senza ermellino da macchietta diventa Uomo. I fedeli avrebbero potuto lasciarlo in pace, libero di girovagare per la città, un Cardinale avrebbe potuto affacciarsi al balcone di San Pietro per annunciare ai fedeli: “Il Papa non vuole fare il Papa. Il Papa non c’è più e non ne facciamo un altro, se proprio ci tenete a seguire Cristo fatelo da soli”. Troppo audace invitare il popolo di Dio ad un fai da te metafisico, meglio che il Papa ritorni al suo ruolo e dica per conto di Dio parole chiare, distinte e inequivocabili, opportuno che il Papa torni rapido al suo posto così che il fondo nero e vuoto del balcone sia colmato da un Dio presente con la faccia di quell'uomo che i Cardinali hanno eletto Papa. Così vogliono i fedeli, seguire Cristo in presa diretta è per loro faccenda complicata, insidiosa, più rassicurante essere guidati da una istituzione esterna, altra. Meglio la consolazione alla verità.

Nella rinuncia a continuare Ratzinger, quello vero, ha manifestato pensiero autonomo in azione. Preciso. Libero. Laico. Pensiero che non deve dar conto a chicchessia. Nel suo abdicare si è mostrato sovrano. I senatori a vita della Repubblica da oggi appaiono vecchi e un po’ malati nella loro fissità. Ha terminato iniziando. Bravo. Adesso non ne facciano più. Tutti Papa come lui. A ognuno la propria Cattedra universale. Tutto il potere al singolo. I did it my way. Motu proprio per tutti.

Pubblicato in Sacro&Profano
Sabato, 09 Febbraio 2013 18:22

storia della scrittura

e uno...

 

e due...

 

e tre!

FINE

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Mercoledì, 06 Febbraio 2013 09:33

Asphodelus

«L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».
(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)

Diego Fusaro commentando il suo libro “Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo” da nome e cognome all’inferno sociale denunciato da Calvino:
«… in quest’ottica, si spiegano peraltro fenomeni interessantissimi come l’abolizione del pensiero dialettico, la rimozione completa, fino all’89 – dicevo - che è la data decisiva, insieme al ’68; perché con l’89, col crollo del muro di Berlino, è come se sotto le macerie fosse rimasta la pensabilità stessa dell’ ‘essere altrimenti’. Il capitalismo si assolutizza, diventa come l’aria che respiriamo, neutralizza il pensiero stesso di un’altra possibilità. Io nel libro uso una formula spinoziana, capitalismus sive natura, il capitalismo diventa la natura in cui viviamo, al tal punto che non si parla nemmeno più di capitalismo. Se si parla di capitalismo, già lo si identifica e se ne mette in discussione la pretesa con cui si autocontrabbanda il capitalismo, cioè quella di essere assoluto, intrascendibile, un destino. Il capitalismo non dice mai di essere ‘il miglior mondo possibile’, dice però di essere fatalmente ‘il solo mondo possibile’, squalificando le alternative, la possibilità di essere altrimenti.»

Chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno? Chi merita durata e spazio?
C’è gente ammalata o in prigione che non si preoccupa perchè sta in piedi sulle proprie gambe indifferente alle ultime dichiarazioni dei politici, chi li ascolta più del necessario si ritrova a frignare. Urge disintossicazione. Ieri vicino al Mirto ho piantato un Asphodelus e oggi lo annaffierò allargando il getto in una specie di pioggia leggera. Tutto il potere al singolo! 

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Venerdì, 01 Febbraio 2013 11:14

L'impostore

Studente che all’interrogazione spara a capocchia quello che non sa;
negoziante che afferma l’assurdo per vendere un pezzo in più;
giornalista che mente in pubblico per fedeltà alla linea editoriale;
delinquente che dichiara il falso all’interrogatorio;
politico che, in assoluta consapevolezza, dice falsità.

Che espressione della faccia assumono in questo impostarsi impostore?

Annotiamo tre versioni:

1 impacciata con voce impastocchiata;
2 neutra (faccia come il culo);
3 imperiosa con voce di tuono.

L’ultima è la versione più fragile e comica.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Lunedì, 07 Gennaio 2013 18:44

La presa del potere

Conclusa la dittatura fascista gli italiani, alla prima elezione, erano andati a votare col vestito buono e la faccia solenne. Alle prossime politiche i loro figli e nipoti ci andranno ancora vestiti da giorno feriale e l’espressione della faccia mugugnante per l’attuale penosa legge elettorale e le ruberie di numerosi partiti. Tuttavia voteranno ancora, giustamente consapevoli del legame esistente tra la dimensione pubblica e il destino individuale.
Perché tale fragile consapevolezza non collassi è, però, consigliabile che gli elettori rimangano alla larga dalle urgenze e dalle priorità che la cronaca partitica propone quotidianamente, provincialismi psichici spacciati per eventi universali determinanti l’esistenza del singolo. In data odierna, sulla prima pagina di Google news, sono apparsi in testa due articoli a copertura live e in febbrile aggiornamento:
1 Berlusconi: firmato un accordo politico con la Lega.
2 Elezioni: Monti fa promesse sul fisco.
Doppietta di notizie che se accettate come urgenti e importanti per il personale esistere - come Google news e la stampa nazionale suggeriscono -, portano il lettore a rassegnazione istantanea nei confronti della dimensione pubblica; sensazione di impotenza per nulla emancipata dai borbottii, un po’ religiosi e molto paternalistici, sulla coscienza civica nazionale alla quale il Capo dello Stato ha invitato gli italiani nel discorso di fine anno.

Nell’attesa del voto meglio dedicarsi sovrani alle proprie urgenze personali implementando laicamente l’esistere dal proprio pensiero, titolari politici del proprio destino e di chi ci è prossimo. Da questa posizione sovrana sarà letta e giudicata la cronaca politica nazionale inserendola nel posto che merita: subalterna al pensiero personale e al proprio lavoro quotidiano. Appare strano eppure è necessaria una sovrana indifferenza alle “ultime dichiarazioni” delle segreterie di partito per conservare lucida consapevolezza politica per poi votarli, invece più l’agenda personale è oppressa e ingolfata mediaticamente da quella altrui più ci si percepisce esautorati e ciò che si pensa, ciò che si fa, sembra non avere più presa sul reale. Tutto diventa inerte e la tentazione del disimpegno prevale. Tutto sommato questo laico stare sulle proprie gambe un po’ anarchico vale per il vivere stesso. Per non perdere lucidità sarebbe proficuo non ubriacarsi di news a copertura live che dovrebbero rimanere, per ogni soggetto pensante, al posto che meritano nella gerarchia delle importanze personali: dall'ottantesimo all'ultimo, se valgono di più diventano tiranne.

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 03 Gennaio 2013 12:20

Adorazione

Teilhard de Chardin pensando all’evoluzione dell’umanità scriveva:

«E’ vicino il giorno in cui L’Umanità si accorgerà di trovarsi biologicamente
 posta fra il suicidio e l’adorazione.»

Tutt’altro. L’evoluzione biologica non ha condotto a conflitto e altri dèi e suicidi si sono imposti.

La certezza dopo aver conosciuto un salariato, oggi cadavere, che aveva scelto di lavorare in un reparto dannoso alla salute a fronte di emolumento di natura indennitaria tutto speso per immenso televisore Panasonic -di quelli che fan vedere la partita dell'Inter grande, grande, grande - per euro 3.169,98  IVA inclusa.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Mercoledì, 26 Dicembre 2012 16:41

Sacrosanto?

Van del Leeuw fu parroco cristiano calvinista esperto in fenomenologia delle religioni, un mix di studi storici e teologici. Nello scorrere i titoli dei capitoli de «La Fenomenologia della Religione» sua opera più importante, leggo:
Pietre sacre; Alberi sacri; Il mondo sacro di lassù; Potenza e volontà configurante nel nome; Il mondo sacro di ultimo piano; La rappresentanza: stregoni, sacerdoti, consacrati.
l’Autore analizzando in modo preciso e esaustivo l’oggetto e il soggetto della religione passa in rassegna nei successivi capitoli: L’anima totale; La divinazione; Lo spazio sacro; La parola di consacrazione.

Van del Leeuw si avvicina con simpatia alla sacre potenze e affronta la nozione religiosa di “mana” - potenza soprannaturale tipica delle religioni animiste - vedendola universalmente presente nel Tao cinese, nel Logos degli stoici fino al Pneuma cristiano.
Oggetto potente che brucia le mani alla misera popolazione umana rinchiusa in cantina, ma che se avvicinato ritualmente e con rispetto spara all’istante il soggetto lassù all’ultimo piano. Oggetto misterioso e grande che redime e salva l’insignificante uomo come le storie delle chiese confermano, compresa quella cattolica con le sue liturgie traboccanti di “mana” polinesiani.

Una domanda, anzi due: ma non era proprio tutto questo che Gesù di Nazareth contestava preciso? Per dirla tutta: il cristianesimo è davvero una religione?

Pubblicato in Sacro&Profano
Martedì, 11 Dicembre 2012 10:25

Il caso Bell

Ci aveva già provato Nietzsche all’esperimento estetico-politico di proporre la musica di Wagner per emancipare l’umanità dall’ipnosi della razionalità. Una botta di arte, di fuoco, di tragedia, per redimere dalle decadenti letture convenzionali che interpretano il mondo. Non aveva funzionato e Nietzsche ci aveva ripensato.
Il "Washington Post" 135 anni dopo incurante dell’insuccesso di Nietzsche e dell’avvertimento di Charles Bukowski: «Secoli di poesia e siamo sempre al punto di partenza», ci aveva riprovato con Joshua Bell - uno dei più grandi violinisti del mondo - invitandolo a suonare in una stazione della metropolitana di Washington travestito da musicista di strada. I pendolari che si recavano al lavoro avrebbero riconosciuto all’istante, lì in un angolo del metrò, il Dioniso apparso per redimerli?

Bell aveva aperto con la Ciaccona di Bach, che l’esecutore giudica «una delle più grandi opere [non solo musicali ma in assoluto] compiute dalla storia dell'uomo». Dopo aver suonato per tre quarti d’ora delle mille persone transitate a distanza ravvicinata, dal presupposto Eccelso, meno di dieci avevano manifestato un qualche interesse.

Il giudizio di valore che interpreta i mille del metrò di Washington folla massificata ad eccezione dei dieci giusti che, in stile biblico, salvano la faccia agli altri novecentonovanta mi lascia perplesso. Insidioso giudicare male soggetti che ignorano Bach per arrivare in orario al lavoro. Se l’arte non si impone da sé, se fuori da liturgie autoreferenziali annichilisce, se senza propaganda collassa, se non serve a un cazzo, è problema suo.

Pubblicato in Filosofia di strada
Mercoledì, 05 Dicembre 2012 17:34

L'Insaziabile

Francesco Belsito, Lega Nord. Luigi Lusi, Margherita. Franco Fiorito, Pdl. L'identikit dei tre coincide preciso: "Tesoriere indagato per appropriamento indebito dalle casse del proprio partito." Altra storia quella di Pierangelo Daccò condannato, in primo grado, a dieci anni di reclusione per il dissesto finanziario della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor. Secondo l'accusa avrebbe occultato all'estero fondi neri derivanti da prestazioni sovrafatturate. Daccò, a differenza dei tre tesorieri, lo troviamo impegnato ad imprendere prima di prendere, eppure è a loro accomunato non tanto dall'ipotesi di avere sottratto a terzi denaro - evento di per sé prevedibile e dozzinale -  ma, se le accuse saranno confermate, dalla spropositata misura dell'appropriamento, tanto abnorme da espandersi rapida dal codice penale a ben altre sfere di indagine: sociologiche, filosofiche e finanche psicoanalitiche.
Impossessarsi disinvoltamente di cento, di mille, di centomila e anche di un milione di euro è misura compatibile e congrua al "sano" ladro edonista, se superasse tale soglia non avrebbe tempo, né dimensioni, né strumenti, né possibilità reali, per onorare la sua concezione etica che identifica il bene col piacere: quando l'ammanco è di decine di milioni di euro e il ladro non ha da costruire un ponte sul Po sono guai. Quasi impossibile che riesca a goderne personalmente appieno.

Massimo Recalcati,  psicoanalista, riferendosi alle patologie alimentari - e qui è proprio di bulimia che stiamo dicendo - diagnostica estrema solitudine: «La potenza simbolica del grande Altro si è irreversibilmente fragilizzata e il nostro tempo è il tempo, come scriveva già Adorno in Minima Moralia, del godimento monadico, ovvero di una esasperazione autistica dell'individuo che esclude la dimensione transindividuale del soggetto».

Il ladro che tutti i giorni ruba molti più polli di quanti gliene possono stare nello stomaco assomiglia, dunque, a un asceta-eremita perverso; a differenza dell'edonista che incontra soddisfazione godendo in presa diretta dei beni dei quali si è impossessato, lui obbedisce ossessivo a una  forza intima irrazionale, misteriosa, immensa, insaziabile. Il raggiungimento della meta gli è impossibile, invece la fatica dell'incrementare ad oltranza il patrimonio occultandolo è per lui onnipresente e tiranna, così invece di sazietà soddisfatta è devastato da fame e angoscia. Sanzionato per direttissima a pene di solitudine e povertà con sentenza promulgata da sé stesso, già esecutiva al compimento del reato. E dopo tanta sofferenza infieriscono sbattendolo in prigione. E' ingiusto.

Pubblicato in Filosofia di strada

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