C’è chi nasce col demone filosofico e constatando che esiste senza essersi fatto, si chiede perché c’è qualcosa invece che nulla, chi il demone non ce l’ha e dà per scontato che lui e il mondo esistono, senza farsi troppe domande. Non c’è concezione migliore o peggiore, il punto è che non potrebbero fare altrimenti. Pluralismo che va rispettato.
Non pochi filosofi considerano l’io e il mondo che percepiamo entità dubbie, ingiustificabili, mere costruzioni e rappresentazioni senza sussistenza propria, vale a dire l’inguaribile frattura individuata da Kant tra la realtà e la sua conoscenza. Sennonché un po’ per istinto, un po’ per abitudine, all’io e al mondo alla fine ci crediamo un po’ tutti, dandoli per scontati. Questo vale non solo per i più che, come me, si conformano al senso comune, ma anche per gli stessi scettici. Hume, filosofo che preciso e determinato affermava l’insussistenza dell’Io e del correlato mondo, viveva una vita intraprendente, ricca di relazioni coprendo ruoli di responsabilità sociale. Negava l’io e mondo connesso ma vivendo un’esistenza da protagonista tutta io e mondo.
Sembra una contraddizione ma tutto sommato la coerenza e l’incoerenza fra il pensare e il fare, è anche data dal carattere di ogni individuo, dal tipo psicologico al quale appartiene come sosteneva Jung. C’è chi estroverso come Hume si coinvolge nella società, mentre altri filosofi sono sempre impegnati a pensare e il massimo del loro relazionarsi pratico con il mondo è portare a passeggio il cane. Altri sono ancora più introversi, riservati e gelosi della loro solitudine, qualcuno un po’ misantropo si mantiene sistematicamente in disparte dalla storia, mentre altri fanno di tutto per mettersi al centro. Difficile valutare se e quanto le loro biografie siano determinate dalla propria filosofia o dal tipo psicologico di appartenenza, e viceversa.
Possiamo anche ipotizzare che Hume metteva semplicemente in pratica la filosofia del “come se”. La chiamano finzionalismo - c’è pure su Wikipedia. Si tratta di finzioni utili a vivere: posso sì concludere che l’io e il mondo per come lo vediamo siano realtà insussistenti, ma se tiro dritto facendo finta che sono vere e reali vivo meglio, anzi di più: tale credenza mi permette, letteralmente, di vivere: si rimarrebbe pietrificati se dubitassimo di continuo della realtà del nostro esistere e di ciò che ci circonda. Così è un po’ anche per il libero arbitrio, non esiste ma credendoci salvaguardiamo responsabilità e imputabilità personali, quindi il buon funzionamento sociale.
Delirio? Sotterfugio? Menzogna nei confronti di noi stessi? Nulla di tutto questo perché il “come se” sarebbe un vero e proprio atto creativo. In effetti dobbiamo riconoscere che questa nostra abitudine a raccontarci storie è davvero performante, visto che grazie a essa mandiamo razzi sulla luna e li facciamo tornare indietro, anche se non abbiamo certezza filosofica del reale esistere, nostro, dei razzi e della luna per come la percepiamo.
Il punto è che la realtà è evento davvero complesso, con leggi relative che cambiano col mutare dei differenti livelli e stati, sia fuori di noi che in noi. Cambi punto di vista e muta il mondo. In questo continuo e complesso divenire possono configurarsi realtà insussistenti in termini assoluti, ma reali a livello relativo.