BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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1973. Cercavo un senso alla vita e incontrai don Giussani. Mi disse: “Se vuoi comprendere la vita seguimi e obbedisci"... La verità non è il prodotto della discussione, ma la precede. Io gli ho creduto e rapido mi sono ritrovato ad appoggiare campagne elettorali di brutti figuri, a  voler punire penalmente una donna che abortiva... No al preservativo... Si alla scuola cattolica sovvenzionata dallo Stato. Quando arrivavano le indicazioni dall’autorità ecclesiastica obbedivo nel sostenerle e divulgarle ad oltranza, senza grado di dubbio e senza rispetto per la ragioni altrui. Ero giovane ed ingenuo, non riflettevo ma obbedivo: la dottrina sociale dell’autorità ecclesiastica era la volontà di Dio stesso e Dio ne sapeva sicuramente di più della mia piccola mente.Di fatto l’obbedienza non era a Dio ma a uomini che, a loro dire, rappresentavano l’assoluto stesso; un bell’equivoco .Ma oggi  Adriano Sofri nell’intravedere in lontananza la sagoma di Don Giussani, lo ringrazia che sia esistito. Massimo Cacciari dopo averlo incontrato una volta, ad una mostra di arte moderna, lo stima incondizionatamente e D’Alema, nel tentativo di allearsi con Casini, afferma che: “La Chiesa è una risorsa straordinaria di questo paese e guai se in un paese così fragile come l’Italia la religione cattolica fosse compressa e schiacciata nella sfera privata. Ne deriverebbe un pauroso impoverimento degli elementi coesivi della società italiana“.Risorsa straordinaria per la società civile una corporazione convinta d'essere la depositaria assoluta della rivelazione divina? Dio, se ci sei, perdona loro perché non sanno quello che dicono.

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Venerdì, 04 Giugno 2010 20:41

Linea di confine

 

 “Laico” è termine della tradizione cristiana: indica chi nella Chiesa non appartiene al clero.   Il linguaggio comune si è appropriato del vocabolo cambiandogli significato: laico sarebbe chi si ispira a concezioni di autonomia rispetto all’autorità e alla dottrina sociale ecclesiastica. Se così intesa la laicità sarebbe povera cosa: non solo perché incapace di generare una propria semantica, ma perché prassi che troverebbe ragione e sussistenza solo per antitesi: un vigile urbano  noioso, prevedibile e mai propositivo, che fischia quando scorge l’auto del Vescovo invadere la carreggiata, perché parcheggiata fuori dalle strisce. Se la laicità fosse mero metodo e non valore, se non avesse un cuore e contenuti, che significato avrebbero la “scuola laica” e ancor più lo "Stato laico"? Limbi neutri, vuoti e dormienti che si attivano unicamente per reagire all’odore di incenso.Al di là del linguaggio comune la civiltà laica è evidentemente ben altro: interpretazione della realtà dove l’individuo, ogni individuo è il principio etico; pertanto la tutela della sua inviolabilità, della sua libertà e autonomia e, a maggior ragione, la difesa all’esistenza e all’espressione delle minoranze, di ogni minoranza; delle maggioranze, di ogni maggioranza. Rispetto della tradizione e della storia di ognuno, valorizzazione del diverso, accoglienza, dialogo, apertura e confronto con ogni individuo e aggregazione, interesse senza pregiudizio sulle questioni fondamentali dell’esistere.Pertanto per la laicità così intesa, l’individuo e i gruppi, confessioni religiose e istituzione ecclesiastiche comprese, possono, anzi devono, affermare in libertà la loro interpretazione della realtà e dell’individuo. Ad esempio riguardo a temi “eticamente sensibili” le istituzioni ecclesiastiche possono giudicare peccati quello che i laici considerano invece diritti inviolabili dell’individuo, ma lì la Chiesa si deve fermare; se oltrepasserà la linea di confine per giudicare tali scelte crimini invece che peccati la laicità è legittimata a difendersi, per il bene di tutti, cattolici compresi.      

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Lunedì, 31 Maggio 2010 11:55

Vocazione

 

L’insoddisfazione, l’avvertire la propria esistenza inautentica è condizione diffusa. Solitamente la causa del disagio la si addebita a contingenze esterne: necessità di dedicare eccessivo tempo ed energie per il sostentamento; subire impegni e responsabilità personali non delegabili ad altri in un mondo ingiusto e contesti sociali asfittici: siamo in gabbia nostro malgrado. Mi sono permesso una iniziativa, con approccio utopistico, e ho chiesto a chi incontravo: “Se i bisogni primari fossero per te immediatamente e definitivamente risolti con sovrabbondanza di risorse; se fossi costantemente in salute e libero da ogni costrizione e incombenza cosa faresti? Come impiegheresti la tua esistenza?” In altri termini cosa vuoi davvero? Cosa cerchi dal profondo?I più hanno riferito un vago desiderio di andarsene per raggiungere un immaginario luogo esotico; altri rimarrebbero dove sono, smetterebbero di lavorare e aiuterebbero con elargizione di denari i familiari più prossimi.Numerosi comprerebbero una villa e un SUV dall’aspetto muscoloso, 3.800 di cilindrata.Una minoranza esigua del campione farebbe invece percorsi “in salita”: diventerebbero solidali con chi si trova in difficoltà anche se non parente e neppure prossimo; si dedicherebbero alla cultura; si impegnerebbero a tempo pieno per la giustizia sociale e lo sviluppo sostenibile. Abbraccerebbero percorsi esistenziali per trovare un pezzo di senso all’umano vivere consapevoli che, pur liberi dalle incombenze, alla fine si muore. Questa minoranza è quella che sta meglio; persone che, in qualche modo, nonostante le inevitabili costrizioni, già fanno quanto desiderano. Non subiscono la loro condizione ma la accettano e per quanto gli è consentito prendono iniziativa in progetti e percorsi nuovi, originali e appassionanti.Dal breve sondaggio si evince che l'esistenza ci invita continuamente ad un appuntamento, ad un destino personale, ad una vocazione e l’insoddisfazione è “promemoria" che siamo fuori strada o in ritardo. Se procrastiniamo l’appuntamento con noi stessi forze misteriose ci rendono irrequieti: arrivano, chissà da dove, sentimenti di unicità, di grandezza, di inquietudine del cuore e di struggimento per un desiderio di bellezza e di pienezza assoluta per i quali, probabilmente, l’edonismo è risposta infantile e caricaturale, viceversa la poesia, la solidarietà e la ricerca di senso sono risposte più mature e consapevoli. In un ogni caso sembra proprio che, a differenza degli animali, non siamo vocati all’accettazione dello status quo perché condannati a perseguire un "oltre" e a cercare cose grandi, a sentirci insieme esuli sulla terra e partecipi dell'armonia del cosmo. Strana condizione quella degli umani. Una sorta di patologia antica ci ha resi diversi degli animali, o è la natura che ci ha fatti così? Lo sa?

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Martedì, 25 Maggio 2010 20:19

Elogio della fuga

 

 La TV non la puoi più vedere; lo spettacolo stomaca.   Grossolanità, faziosità sistematica, insulti all’intelligenza. Cambi canale e ti entrano in casa altri stronzi che triviali sentenziano su tutto e alla maggioranza degli italiani va bene così, proprio bene così. Abbiamo i governanti e i media che ci meritiamo espressione e riflesso del popolo sovrano. E gli altri? Quelli che non gli va bene? Quelli che, per sapere cosa succede, devono ascoltare la ministra di turno che pontifica al popolo con metafore calcistiche e nel vederla sono colti da malore intimo e assoluto? Che devono fare questi qui?Impegnarsi per cambiare le cose o tirare i remi in barca nell’attesa che il sistema imploda? l'impossibilità di realizzare un progetto collettivo gratificante può generare nostalgia ed anche angoscia, per venirne fuori puoi lottare ma e se il compito è troppo arduo puoi anche aspettare e pure fuggire. Non è poi male attendere spazzando la polvere davanti alla porta della propria casa, curando senza sensi di colpa il giardino, immaginando un destino, inventando strategie per soddisfare i propri desideri e bisogni. Fuga proattiva umile e salutare dal gruppo dominante e dalle sue verità assolute, basse e statiche per perseguire obiettivi che cambiano continuamente e, per fortuna, mai raggiunti. Forse tutto questo non è isolamento ma partecipazione non è indietreggiare ma avanzare.     Immagine: "Brucia, anima, brucia" di Paolo Polli per gentile concessione dell'autore

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Domenica, 16 Maggio 2010 14:14

L'osso del collo

 

Se arrivasse notizia che in Germania un devoto cattolico a San Gottardo di Hildesheim abbia scritto ad Angela Merkel per opporsi al trasferimento di un pezzo di reliquia del santo e la sua bizzarra istanza fosse presa in seria considerazione dall’ arcivescovo di Monaco Erzbischof Reinhard Marx gireremmo pagina. Premier onnipotenti? Idolatria di cadaveri? Autorità ecclesiastiche che intervengono sulla vicenda? indubbiamente una bufala mal architettata e di cattivo gusto. Invece da noi queste cose succedono davvero: un fedele devoto di Padre Pio ha scritto al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, chiedendogli di intervenire per evitare che un osso del collo del santo venga asportato e portato in Campania, a Pietrelcina, paese d’origine del padre delle stimmate.  L'osso in questione sarà effettivamente trasportato a Pietrelcina il 25 maggio prossimo ma, precisano i padri Cappuccini, non è stato asportato volontariamente bensì si è staccato durante le operazioni di restauro e di ricomposizione del corpo fatte dopo la riesumazione.Italia: un paese malato.     

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Martedì, 11 Maggio 2010 20:52

Angoscia del morire. Strategie d'intervento.

 

1 Far finta che l’epilogo non ci riguardi, distrarsi per dimenticarsi di esso. Approccio irragionevole e illusorio però, almeno in occidente, diffusissimo. Se tanto utilizzato probabilmente, almeno un po’, funziona.2 Percepirsi immortali grazie ad un Creatore che ci ha fatti dal nulla e che ci salverà dal nulla, ancor meglio se il Creatore* si manifesta in una confessione religiosa attraverso una specifica autorità umana che rappresenti Iddio e ci conduca in un paradiso eterno obbedendo a codici minuziosi. Strategia comica che tuttavia miliardi di persone perseguono. *Se non si sa se il Creatore c’è o non c’è una buona soluzione è diventare buddisti. 3 Percepirsi semidei parzialmente immortali grazie ad un percorso ideale, meglio se artistico con atteggiamento romantico eroico. Dura poco ma talvolta funziona: l’approccio artistico se estremo e onesto permette di star lì, per una mezz’ora, davanti al baratro estremo con angoscia controllata.Una quarta possibilità mi è venuta in mente quando inaspettatamente ho trovato una foto di mio padre, defunto da tempo, all’asilo. Risale al 1930. In quel periodo io non c’ero però non ero neppure morto perché non ancora nato. In qualche modo ero dentro mio padre bambino, nella sua essenza, quindi è plausibile che permarrò, anche da morto, in quella di mio figlio. Il Vedanta dalla lontana India espande l’intuizione; garantisce che tutto è assolutamente eterno e circolare: nessuno nasce e nessuno muore. La vita si manifesterebbe in infinite forme impersonali, tra queste i nostri apparati psicosomatici con i quali, equivocando, ci identifichiamo per poi angosciarci al pensiero che moriremo invece, a dire del Vedanta, il corpo mio o tuo, vivo o morto, sono tutti la stessa cosa nel calderone del grande Funzionamento cosmico, eterno e immutabile.Anche i respiri sono tutti uguali; qualcuno continua, qualcuno cessa, qualcuno inizia nel grande Ordinamento naturale che indifferente al nostro io e alla nostra biografia funziona spontaneo e autonomo, come quando dopo cena nel sonno profondo, digeriamo le orecchiette con le rape senza conoscere l’ABC della gastroenterologia.I maestri vedici garantiscono che quello che crediamo nasca e muoia è nient’altro che la personalità; pertanto soffriamo per un mero equivoco: crediamo di essere uno specifico corpo col nome e cognome invece che l’immensa ed eterna coscienza impersonale. Francamente un po’ mi secca accettare che come persona non esisto, forse è meglio come dicono i cattolici andare all’ inferno per l’eternità ma con l’io pimpante e integro, tuttavia la faccende è affascinante, se il Vedanta non fosse tanto esotico lo si potrebbe persino abbracciare. Il filosofo contemporaneo Emanuele Severino, nonostante sia di Brescia, afferma anche lui che tutto è eterno e lo spiega pure. Se lo dice lui non è poi così bizzarro considerare che potremmo per davvero funzionare con l’io detronizzato come suggerisce il Vedanta, in un immortale infinito continuo presente. Impersonali ma eterni pur dentro un apparato psicosomatico apparentemente mortale, ma che invece si trasforma e autoperpetua nel grande Ordinamento naturale. Peccato che tale consapevolezza sia possibile unicamente con un “io” totalmente rarefatto. Che gusto c’è ad essere immortali senza poterlo sapere?

 

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Imperversa un laicismo che emula il clericalismo più minaccioso. Reattivo nel metodo: segue assiduamente la cronaca vaticana così, appena può, parla male del Papa; se gli togli la Chiesa cattolica non ha più niente da dire.Superficiale nel merito: è incapace di approfondimento e confronto perché ritiene di possedere la verità in modo assoluto e definitivo.Ambiguo nei toni: mancante di pensiero profondo non propone ma reagisce, così comunica un odio sistematico per la Chiesa segno di perverso attaccamento ad essa.Ma la responsabilità più grave di un certo laicismo è l’incapacità di emanciparsi da un pensiero debole, programmato, superficiale, ideologico e dogmatico che gli impedisce di affrontare le urgenze di significato che l’umano vivere e morire esige. Indifferente ad affrontare attraverso la ragione le cose della fede produce quel nichilismo e quel vuoto che permette e giustifica l’invadenza delle confessioni religiose che vorrebbe combattere; più il nichilismo è sfacciato e più si necessita di salvatori e così la Chiesa cattolica assume senso, giustificazione e dignità proprio perché occupa quegli spazi che il mondo laico lascia deserti.Chi va via perde il posto all’osteria... Così la Chiesa cattolica diventa prepotentemente l’unica abitatrice legittima di questi campi e spazi lasciati vuoti, ma i prepotenti esistono perché c’è chi glie lo permette. I temi sono di una importanza tale che è richiesto da parte di tutti un percorso umano profondo, un lavoro intellettuale estremo, arduo e faticoso. Soffermarsi solo sugli scandali dei preti pedofili e su quanto la Chiesa Cattolica costi economicamente allo Stato è più semplice, ma alla fine poco serve questo pigolare.Eccezione che conferma la regola sono certi filosofi contemporanei, razza purtroppo in via d’estinzione almeno nel nostro vivere quotidiano, ancora capaci di laicità quella seria: spregiudicatezza, perseguimento delle idee per il loro intrinseco valore, ricerca onesta, dolorosa e drammatica del significato dell’essere, del vivere e del morire.

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Martedì, 04 Maggio 2010 20:10

L'Educatore

 

Come impiega l’ esistenza chi crede d’ aver trovato la verità ultima in modo definitivo e assoluto? Fa l’Educatore.Le madri e anche i padri sanno che la conoscenza è soggetta ad errori e i maestri sono consapevoli che non esiste una realtà in sé, ma l’interpretazione soggettiva di essa, così padri e maestri analizzano, inconsapevolmente, la loro conoscenza-interpretazione in una costante conoscenza della conoscenza, che poi i filosofi chiamano epistemologia. Maieutici spontanei vivono d’istinto il significato originale della parola educazione. Padri e maestri non intendono educare chicchessia, nel vivere onestamente il loro percorso di uomini diventano inconsapevoli educatori di chi incontrano: li liberano e fanno venire alla luce tesori nascosti. L’Educatore è altra cosa; non padre e mai maestro. Conosce tutto subito in presa diretta, sa cos’è la realtà e anche la verità. il suo scopo ossessivo, il suo progetto sistematico è la formazione integrale degli altri. Di tutti gli altri. La logica suggerisce che, siccome sa tutto e ha tutto, dovrebbe fare l’eremita, invece per dovere morale l’Educatore nella sua infinita misericordia rimane con noi per aiutarci, consigliarci e plasmarci. Non chiediamo i suoi insegnamenti ma lui li elargisce lo stesso: aspetta il buio e penetra l’educando con il suo amore. L’educatore lo trovi nelle scuole e anche nelle chiese ed è sempre, in vari gradi, un pericolo sociale. Si rischia poco quando è esigente e severo, molto quando ama perché diventa sadico e feticista. Se l’educatore è specializzato in qualche campo e dichiara la sua professione è innocuo talvolta forse utile: l’educatore cinofilo, quello all’ascolto, all’assistenza o all’accudimento, se invece si proclama Educatore senza dirci in cosa rimane soggetto altamente pericoloso e non solo per i bambini.

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Martedì, 27 Aprile 2010 20:01

Mueve la Colita

 

Mi hanno invitato ad una Cresima ; l’Arcivescovo metropolita di Taranto ha tracciato col Sacro Crisma una trentina di cresimandi giovani e adulti. Terminata la cerimonia ho chiesto agli adulti perché si fossero cresimati a quell’età. Mi hanno spiegato che da bambini si erano dimenticati di farlo, ma adesso che stanno per sposarsi in Chiesa la Cresima ci vuole, altrimenti il prete non li sposa. Così si usa e così si fa. Poi tutti insieme al ristorante. Gli uomini seduti da una parte e le donne dall’altra. Musica di basso profilo però di altissimo volume; dialogo tra i commensali impossibile. Col sigillo sacramentale della Confermazione ancora caldo gli adulti, tra un piatto di orecchiette e di pesce fritto, con la fronte unta di Sacro Crisma e le mani d’olio di frittura, si dimenavano in perfetto sincronismo col pezzo musicale: "Mueve la Colita" dei Soca Boys. Non ballavano in coppia con la fidanzata ma in gruppo. I balli di gruppo sono tornati di moda: ci si muove tutti insieme obbedendo a chi dirige. Se sbagli mossa e rompi l’omologazione vieni rapido richiamato all’ordine da chi conduce, tuttavia i movimenti sono primitivi ed elementari ed è improbabile sbagliare. "Mueve la colita" si può tradurre in “muovi il culo”. Appeso alla parete il televisore acceso, così mentre muovi a sincrono il culo con gli altri vedi anche “La Pupa e il Secchione” su Italia 1.Perplesso ho chiesto chiarimenti, perché il contesto mi appariva irreale; mi hanno riferito che che mezza Italia vive così; così si usa e così si fa.Consiglio chi non abbia ancora compreso appieno il mutamento antropologico degli italiani e il giorno dopo le elezioni avverte struggimento per risultati elettorali dei quali non riesce a capacitarsi di non approfondire le analisi socio politiche di Ilvo Diamanti, ma di partecipare ad un post Cresima nostrano; qualcosa in più comprenderà.

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Martedì, 20 Aprile 2010 14:45

Illusioni ottiche

 

Metà degli anni ’80, corro a Roma ad accogliere Margarita Rosa Fornieles Casado-Sastre de Alisàl la mia ex suocera che arriva da Buenos Aires. Meeting point: Grand Hotel Plaza in centro, una suocera che si chiama così dorme al Plaza. Son lì in attesa nella hall mi sento fuori posto e annoiato, ma la situazione cambia; osservo che dai piani superiori scende uno strano, così piccolo di statura che mi muove a compassione. Porta in mano dei faldoni che in proporzione alle sue dimensioni appaiono enormi e pesantissimi. D’istinto andrei ad aiutarlo. Sceso dalla scalinata si ferma e aspetta un grosso figuro coi capelli lunghi e grassi che lo segue a distanza. Lo riconosco subito è il Ministro del Lavoro. Si De Michelis Gianni.Parlottano poi il piccolo segue il Ministro ed io considero: ma guarda un po’... parlano così male di questo De Michelis e invece è uno che lontano dai riflettori aiuta gli sfortunati e sceglie come collaboratore proprio uno svantaggiato... chi l'avrebbe mai detto. Arriva la suocera e rimuovo il fatto. Ma ieri, dopo venticinque anni, improvviso colpo di flash: l’omino era Brunetta.Io ero molto ingenuo e lui per nulla svantaggiato.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici

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