BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Martedì, 11 Maggio 2010 20:52

Angoscia del morire. Strategie d'intervento.

Scritto da  Bruno Vergani

 

1 Far finta che l’epilogo non ci riguardi, distrarsi per dimenticarsi di esso. Approccio irragionevole e illusorio però, almeno in occidente, diffusissimo. Se tanto utilizzato probabilmente, almeno un po’, funziona.2 Percepirsi immortali grazie ad un Creatore che ci ha fatti dal nulla e che ci salverà dal nulla, ancor meglio se il Creatore* si manifesta in una confessione religiosa attraverso una specifica autorità umana che rappresenti Iddio e ci conduca in un paradiso eterno obbedendo a codici minuziosi. Strategia comica che tuttavia miliardi di persone perseguono. *Se non si sa se il Creatore c’è o non c’è una buona soluzione è diventare buddisti. 3 Percepirsi semidei parzialmente immortali grazie ad un percorso ideale, meglio se artistico con atteggiamento romantico eroico. Dura poco ma talvolta funziona: l’approccio artistico se estremo e onesto permette di star lì, per una mezz’ora, davanti al baratro estremo con angoscia controllata.Una quarta possibilità mi è venuta in mente quando inaspettatamente ho trovato una foto di mio padre, defunto da tempo, all’asilo. Risale al 1930. In quel periodo io non c’ero però non ero neppure morto perché non ancora nato. In qualche modo ero dentro mio padre bambino, nella sua essenza, quindi è plausibile che permarrò, anche da morto, in quella di mio figlio. Il Vedanta dalla lontana India espande l’intuizione; garantisce che tutto è assolutamente eterno e circolare: nessuno nasce e nessuno muore. La vita si manifesterebbe in infinite forme impersonali, tra queste i nostri apparati psicosomatici con i quali, equivocando, ci identifichiamo per poi angosciarci al pensiero che moriremo invece, a dire del Vedanta, il corpo mio o tuo, vivo o morto, sono tutti la stessa cosa nel calderone del grande Funzionamento cosmico, eterno e immutabile.Anche i respiri sono tutti uguali; qualcuno continua, qualcuno cessa, qualcuno inizia nel grande Ordinamento naturale che indifferente al nostro io e alla nostra biografia funziona spontaneo e autonomo, come quando dopo cena nel sonno profondo, digeriamo le orecchiette con le rape senza conoscere l’ABC della gastroenterologia.I maestri vedici garantiscono che quello che crediamo nasca e muoia è nient’altro che la personalità; pertanto soffriamo per un mero equivoco: crediamo di essere uno specifico corpo col nome e cognome invece che l’immensa ed eterna coscienza impersonale. Francamente un po’ mi secca accettare che come persona non esisto, forse è meglio come dicono i cattolici andare all’ inferno per l’eternità ma con l’io pimpante e integro, tuttavia la faccende è affascinante, se il Vedanta non fosse tanto esotico lo si potrebbe persino abbracciare. Il filosofo contemporaneo Emanuele Severino, nonostante sia di Brescia, afferma anche lui che tutto è eterno e lo spiega pure. Se lo dice lui non è poi così bizzarro considerare che potremmo per davvero funzionare con l’io detronizzato come suggerisce il Vedanta, in un immortale infinito continuo presente. Impersonali ma eterni pur dentro un apparato psicosomatico apparentemente mortale, ma che invece si trasforma e autoperpetua nel grande Ordinamento naturale. Peccato che tale consapevolezza sia possibile unicamente con un “io” totalmente rarefatto. Che gusto c’è ad essere immortali senza poterlo sapere?

 

Ultima modifica il Venerdì, 28 Ottobre 2011 23:57

1 commento

  • Link al commento  daniela Venerdì, 14 Maggio 2010 10:00 inviato da daniela

    lascia che tutta l'angoscia erompa senza controllarla..puo' essere sublime!

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