A distanza di anni effettuo operazione di decostruzione degli esercizi spirituali che mi appassionavano da giovane - quelli condotti da Luigi Giussani - e ricordando quella narrazione riscontro precise analogie con le sceneggiature dei vecchi western, film che contenevano sempre un qualcosa di eccessivo, tuttavia piacevoli e coinvolgenti.
Nel 'primo tempo' Giussani esponeva la miseria della condizione umana: un nichilismo tanto estremo e assoluto da far impallidire Beckett e Cioran; poi all’inizio del 'secondo tempo' - quando il bisogno di salvezza dell'ascoltatore raggiungeva l’acme, proprio un momento prima che si sentisse sparire incenerito nel nulla eterno - faceva 'arrivare i nostri’: Iddio che salva nell’avvenimento della Chiesa cattolica; nella fattispecie Comunione e Liberazione.
Più l’oratore era abile nel rappresentare un nichilismo devastante e disperato - Giussani era bravissimo - e più lo spettatore si disponeva, piccolo-piccolo, a accogliere l’annuncio dell’avvenimento, grande-grande, e obbedirgli.
Il romanzo giussaniano continua a essere rieditato nella precisa osservanza al canovaccio originale con sistematica profusione di fogne nel primo tempo e paradisi nel secondo: più la voragine della fogna risulterà profonda e nera e più risplenderà il paradiso dell’appartenenza obbediente al gruppo ecclesiale. La chiamano educazione.