Crocifisso, Stato italiano assolto
Correzione di rotta della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che con sentenza definitiva assolve lo Stato italiano. Occorrerà leggere le motivazioni della sentenza, ma qualcosa si può anticipare. A ben vedere nella sentenza di condanna di primo grado del 2009 il crocifisso non poteva essere esposto il luogo pubblico e scolastico, perché giudicato dalla Corte tanto pregno e potente di significato da condizionare l’educazione e violare il diritto di libertà. I “pro” crocifisso, invece di ringraziare, erano rimasti sconcertati alla notizia che l’amato simbolo valesse assai per la Corte di Strasburgo, mentre gli “anti”, invece di preoccuparsi, esultavano.Nella recente sentenza di assoluzione della Grande Chambre si afferma invece che il crocifisso non discrimina perché simbolo di niente, quanto un soprammobile. I sedicenti vincitori dovrebbero rimanere un po’ sconcertati invece di trionfare e gli avversari non hanno congruo motivo di frignare. Invece i primi esultano e i secondi frignano. Ma non è che i diritti dell’uomo siano cosa più seria di questo carnevale?
Mangiapreti
Contestare dottrine è insidioso perché il dogma resta lì immobile, indifferente a qualsiasi confutazione,così chi tenta un approccio dialettico per invalidarlo attraverso il movimento dimostrativo, non avendo riscontro, rischia di perdere la pazienza. Nel momento preciso che perderà la testa, abbandonando il pensiero per abbracciare la reazione avrà perso: verrà, suo malgrado, legato, inghiottito proprio da quella dottrina che intendeva refutare; diventerà un apostata, piccolo satellite che esiste per contrapposizione, che gira intorno alla stella madre da lei illuminato. Ci sono solo due vie d'uscita dalla dottrina: l'eresia per chi con astio contrattacca, oppure il pensiero propositivo di chi, indifferente ai postulati dogmatici che non condivide, propone qualcosa di meglio. Vale per i dogmi delle ideologie, delle chiese e per quelli dei potenti.
Educatori forti, appassionati e ossessi
Improbabile incontrare insegnanti di matematica o di termodinamica affetti da ansia educativa, loro non cercano proseliti, non intendono divulgare teorie all’umanità, non chiedono atti di fede. Democraticamente apprezzano suggerimenti e varianti ai loro enunciati anche se contestano gli assiomi da loro proposti, si sa i forti non hanno bisogno di gridare. La disciplina che tali educatori insegnano sta in piedi da sola: quando l’allievo sbaglia i numeri i conti non torneranno e se mal progetta l’impianto termodinamico non lo vedrà funzionare. Tutto sommato questi educatori non si affidano a loro stessi e neppure ad allievi o scuole, ma “a un legame sociale diffuso ed epistemico, cioè autonomamente regolamentato dai criteri della logica congetturale: la fecondità, prima di tutto.”1Forte e tranquillo anche l’educatore in materie umanistiche capace “di insegnare la propria disciplina e favorire il senso critico degli alunni, sino al punto da stimolarli a dissentire dalle sue stesse opinioni”2, trattasi nella fattispecie di passione educativa.Per ultima incontriamo la categoria di educatori più nervosa, quella degli ortodossi in verità dogmatiche, razza in via d’estinzione nelle ideologie contemporanee, ma in aumento nella Chiesa cattolica italiana, anche grazie al sostegno dall’attuale governo. Educatori chiusi alle altre teorie, indifferenti alla formazione ma desiderosi di conformazione, non ammettono varianti a se stessi e alla loro dottrina. La categoria è agilmente riconoscibile per l’ostentata ossessione educativa, espressa in tutte le forme immaginabili: priorità educativa, urgenza educativa, ansia educativa; nelle varianti belliche difesa educativa e anche missione educativa.Singolare l’autocontraddizione: se esistesse davvero una verità assoluta, universale, integrale, immodificabile ed unica, sarebbe evidentemente costitutiva non educativa; non avrebbe necessità alcuna d’essere propagandata, inculcata e neppure difesa perché s’imporrebbe per forza propria. La ricorrente fissazione educativa cattolica esprime esattamente l’opposto della verità definitiva e universale che intende comunicare e testimoniare, da prova invece dell’inconsistenza dell’oggetto enunciato.1 Antonello Sciacchitano, “Tu puoi sapere, se ignori quel che sai”2 Augusto Cavadi, “A scuola si può fare politica? Risposta al ministro Gelmini” “Centonove”
Senza frignare
Oggi mi è morto il gatto. Non vorrei morire pregando una mamma celeste, non riesco ad immaginare modo più stupido per congedarmi dal mondo. Meglio il delirio di immaginare che Iddio sono io stesso? Meglio gli alcaloidi dell’oppio?Per non essere sbruffone nell’ultima messa in scena potrei ostentare un “io” impersonale, avulso dalla biografia. Non sarebbe poi male congedarmi in un mix monista neoplatonico, cristiano e anche induista; Plotino, Maestro Eckhart e Veda emulsionati nel mio apparato psicosomatico dalla morfina, se non fosse che il monismo assomiglia troppo al monoteismo potrei anche provarci. Forse meglio stare alla larga da questi propositi logocentrici ed emulare il gatto senza frignare.
Credere che l'altro sappia
Prima della crisi economica in atto, migliaia di piccoli risparmiatori, consapevoli della personale ignoranza in materia finanziaria, avevano affidato i lori sudati risparmi a professionisti del mercato finanziario, perché li giudicavano addetti ai lavori competenti, in grado di prevedere il futuro dei mercati. Guru forse capaci di leggere il pensiero, di interpretare le ambizioni che il risparmiatore intimante desiderava e non osava esternare, così si sono affidati a chi, credevano, potesse garantire custodia e crescita dei loro denari perché onnisciente. Come bambini hanno creduto a maestri e si sono fatti gestire; è noto che l’infantilismo sta nel credere che l’altro sappia tutto. Poi è arrivato il Crac e i risparmiatori invece di guadagnare hanno perso, così da bambini sono diventati adulti e anche filosofi: non hanno più creduto che l’altro sappia. Il dogma da catechismo di credere che l’altro sappia, nelle numerose varianti dottrinarie, religiose e atee, è problema urgente. C’è chi gestisce il risparmio, chi Dio, chi la politica, chi le anime, chi i pensieri, chi le parole, chi gli affetti. Qualche risparmiatore seppur con le orecchie basse si è emancipato dalla penosa superstizione che l’altro sappia gestirlo, invece numerosi fedeli, devoti, clienti, elettori, innamorati e allievi si ostinano nel crederci ancora.
Dogma dell'erudizione
Anche i miscredenti ostentano i loro testi canonici, proprio come fanno i preti, se non li leggi ti scomunicano. Mi hanno indicato di leggere “La Recherche” di Proust. Più che un consiglio di lettura è stato un ordine, un’indicazione esistenziale, se non avessi letta avrei vissuto un’esistenza indegna, subumana. Mica ci credevo, però ho aperto il primo volume. Lette le prime duecento pagine delle tremila ho buttato il libro in un angolo del soggiorno, non valeva la pena dare un pezzo della mia esistenza per quella lettura, per incontrare qualche perla di sensibilità e capacità di osservazione ogni cento pagine. Ma come si fa a leggere tutta la Recherche? Sono a posto di testa, stanno bene, quelli che la leggono tutta? O vivi la tua vita o leggi quella di Proust, non puoi far insieme le due cose, forse la cultura è cosa diversa dall’erudizione, forse buttare la Recherche in un angolo è stato atto sano, gesto culturale.
Quietismo
Mai capitato di sapere cosa scrivono dei giornalisti ancor prima di leggerli? Cosa affermeranno degli opinionisti prima che parlino? Cosa sostengono dei siti WEB impegnati ancor prima di aprirli? Cosa affermeranno dei politici ancor prima che aprano bocca? Non siamo veggenti, la prevedibilità è data dall’assenza di pensiero di quei giornali, opinionisti, siti WEB e esponenti di partito.La stasi di pensiero è roba da eretici del seicento; il quietismo, movimento eretico di quei tempi, sosteneva l’orazione in quiete e il raggiungimento della perfezione nell’anestetizzare in Dio il pensiero personale. Adesso quel Dio non c’è più perchè sostituito da altri Déi o potenti mortali, eppure l'assenza di pensiero dell’antica dottrina mistica perdura. Il quietismo moderno genera un sonno di pensiero agitato, come quando si mangia troppo a cena, agita le gambe nel sonno e rutta, non fa silenzio ma sbatacchia, non tace ma urla, sembra sveglio invece dorme.
Antonio Socci, scusate mi è scappata la penna
Su “Libero” Antonio Socci è intervenuto attardandosi in commenti teologici sulla tragedia di Yara che definisce novella santa Maria Goretti. Esempio di eroismo, di purezza, martire, divinizzata dal sacramento della confermazione, santa e preferita dalla Madonna che adesso l’abbraccia, angelo, in cielo.Che ognuno affronti il dolore come può e riesce, magari anestetizzandolo in dozzinale approccio come fa Socci nel solco di Graig Warwich, il sensitivo che vede gli angeli su festa italiana trasmessa da Rai uno, o Rosemarie Althea la signora che parla ai defunti al Costanzo Show. Oppure, come preferiamo, con la volontà che il colpevole sia arrestato e la ferita sociale sia perlomeno lenita.Il problema è che a metà articolo Socci vira, chissà perché, sul crocifisso e gli scappa la penna: “Il segno anche laico che siamo tutti con i crocifissi e non con i crocifissori.Anche la cultura laica afferma che non si può essere neutrali fra le vittime e i carnefici. Infatti in tutte le scuole d’Italia, in questi giorni, parlando di Yara, tutti si sentiranno dalla parte della fanciulla assassinata. Nessuno si sentirà “equidistante”. Tanto meno lo è lo Stato laico. Il crocifisso esprime questo stare dalla parte delle vittime.”Per Socci pertanto chi si oppone all’esposizione del crocifisso è connivente con l’assassino di Yara; il crocifisso esprimerebbe una scelta di campo assoluta e storica: chi lo espone sta con le vittime, chi no con i carnefici. Ma possibile che il volere appeso un crocifisso di plastica in un’aula scolastica generi tanta immotivata violenza? Per carità, lasciatelo attaccato alla parete.
L'inculcatore
Come impiega l’esistenza chi crede d’aver trovato la verità ultima in modo definitivo e assoluto? Fa l’inculcatore.Le madri e anche i padri conoscono che la conoscenza è soggetta ad errori, a parzialità e i maestri sono consapevoli che non esiste una realtà in sé ma interpretazione soggettiva, così padri e maestri analizzano la loro conoscenza-interpretazione in una costante conoscenza della conoscenza, che i filosofi chiamano epistemologia.Maieutici in spontaneità padri e maestri non intendono inculcare; gli accade che nel vivere onestamente il loro percorso di persone diventano inconsapevoli educatori di chi incontrano: li liberano e fanno venire alla luce tesori nascosti.L’inculcatore è altra cosa; non padre e mai maestro, presume di conoscere tutto, sa cos’è la realtà e anche la verità, così il suo scopo ossessivo, il suo progetto sistematico, è la formazione integrale degli altri. Di tutti gli altri.La logica suggerisce che siccome sa tutto in modo integrale e indiscutibile dovrebbe fare l’eremita, invece per dovere morale l’inculcatore, nella sua infinita misericordia, rimane con noi per plasmarci. Non chiediamo i suoi insegnamenti ma lui li elargisce lo stesso: aspetta il buio e incul(c)a, penetra l’educando, gli si imprime nella mente e nell’animo.L’inculcatore lo trovi nelle scuole e anche nelle chiese ed è sempre, in vari gradi, un pericolo sociale. Si rischia poco quando è esigente e severo, molto quando ama perché diventa sadico. Se l’inculcatore è specializzato in qualche campo e dichiara la sua professione è innocuo, talvolta utile come l’educatore cinofilo, se invece si proclama inculcatore senza dirci in cosa rimane soggetto altamente pericoloso e non solo per i bambini.
Decennio rubato
Sono stato indifferente al tempo che passava, il giorno del cinquantesimo compleanno, però, ero rimasto male: “Possibile già cinquant’anni?”, c’era un decennio rubato, che non ricordo d’aver vissuto. Forse una qualche divinità distratta lo aveva assegnato ad un altro, oppure il ragioniere celeste aveva sbagliato i conti. Diffidando di lui ho scritto su un foglio gli anni del calendario da quando ero nato: 1957, 1958, 1959… E sotto la corrispondente età della mia persona: 1, 2 , 3… fino a 50, poi ho analizzato come ho impiegato ciascun anno e il decennio che credevo mancante l'ho trovato, aveva ragione quell’idiota del ragioniere celeste. Il decennio me l’ero rubato da solo, quello dai 30 ai 40 anni, dentro quel tempo avevo fatto tutti i giorni le stesse cose, guadagnare denari per tirare grandi i figli; compiere il proprio dovere accorcia la vita.