BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Venerdì, 14 Gennaio 2022 17:23

Seriamente irrazionale altra e oltre

Individuare una specifica causa che produce un preciso effetto è logica che va bene per miriadi di situazioni, perfetta per aggiustare la lavatrice che non va più. Ma l’evento dell’universo che è, invece di non essere, quello del nostro personale esserci, o più semplicemente la circostanza che questa mattina ci siamo svegliati dal sonno profondo, poco o niente hanno a che fare col modello del come e del perché, tant’è che come e perché questa mattina ci siamo svegliati mica lo sappiamo, visto che, nella sua totalità, è evento altro che sfugge la dinamica di causa-effetto.

Indagare l’essere all’interno di causa effetto genera angoscia perché utilizziamo una logica circoscritta e periferica, sì indispensabile per capire tantissime cose che succedono dalle nostre parti, ma inadatta per indagare l'essere. Non è semplice venirne fuori sia perché la logica di causa-effetto è inferenza primigenia che abbiamo dentro a priori, sia perché è dogma che imperversa per spiegare come funzionano natura e mondo e che i monoteismi utilizzano per spiegare perché sono. Ma per penetrare l’essere urge una indagine seriamente irrazionale altra e oltre.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Mercoledì, 12 Gennaio 2022 16:12

Animismo e panteismo

Apparteniamo a una realtà multiforme ma unica e interconnessa, nel reciproco rimando tra noi e la natura il panteismo può essere interpretato come una forma evoluta del primitivo animismo, emancipato da ingenuità e magismi, ma a ben vedere il panteismo è forse concezione e sensibilità opposta all'animismo più che susseguente.

Mentre nell’animismo ci connettiamo alla natura proiettandoci dappertutto, nel panteismo consapevoli di appartenere alla natura ci dissolviamo in essa.

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 06 Gennaio 2022 17:52

O religione o ateismo?

Augusto Cavadi nel suo saggio O religione o ateismo? La spiritualità «laica» come fondamento comune, (Algra, 2021), di fronte all’aut aut fra ateismi assoluti e religioni rivelate confessionali -peraltro concezioni che risultano sempre più rare-  propone la terza via di una spiritualità laica. Tematica approfondita da decenni dall’Autore già illustrata e proposta in numerosi suoi testi, specialmente nel bel saggio “Mosaici di saggezze”. 

Forse stimolato a scrivere questo nuovo libro per chiarire il suo rapporto col paradigma post-teistico, col quale dialoga da qualche tempo, Cavadi assembla il libro utilizzando e dialogando con più testi, a partire da “Religione senza Dio” di Ronald Dworkin (1931-2013), filosofo e giurista statunitense. Per Dworkin ciò che davvero conta non è tanto il credere in un Dio creatore personale o nell’evoluzione darwiniana ma, Dio o non Dio, religione è saper cogliere il valore intrinseco dell’universo e la bellezza oggettiva che permea l’esistente. Cavadi, senza nulla contestare alla concettualizzazione di Dworkin, pone invece precise obiezioni alla terminologia che adotta. In primo luogo cogliendo una forzatura nel costringere l’ateo alla religione, per la semplice possibilità del suo poter cogliere un ordine dell’universo. Più corretto utilizzare il termine religiosità invece di religione, come in effetti faceva Albert Einstein nel ricordarci «che ciò che ci è inaccessibile esiste realmente, manifestandosi come la più grande saggezza e la più grande bellezza che le nostre deboli facoltà possono comprendere in forma assolutamente primitiva: questa conoscenza, questa sensazione, è al centro della vera religiosità».

A differenza della religione la religiosità non implica ortodossie ed esprime dimensioni più estese e più profonde del concetto di Dio. Dialogando con L. Berzano (Spiritualità senza Dio?) Cavadi propone utili precisazioni semantiche, indicando con il termine spiritualità il livello di sensibilità base comune a tutti, con religiosità quel senso religioso sotto insieme della spiritualità non necessariamente legato a un assoluto divino, mentre con il termine religione esprime quelle specifiche spiritualità e religiosità che si declinano in appartenenze comunitarie, attraverso precise credenze e pratiche. Quindi la spiritualità è dimensione comune a tutti; la religiosità caratterizza credenti ma anche panteisti e agnostici; con religione si indica invece una peculiare forma spirituale di religiosità codificata comunitariamente e istituzionalmente, attraverso specifici testi, dottrine, culti e precetti. Va da sé che l’ordine logico-gerarchico che vede la religione poggiare sulla religiosità, e questa a sua volta sulla spiritualità, andrebbe rispettato, così da non trovarci con una religione sprovvista di religiosità o di spiritualità, mancanza talvolta riscontrabile nelle religioni rivelate istituzionalizzate.

Un capitolo del libro è dedicato al chiarire alcuni aspetti del naturalismo alla luce della spiritualità filosofica, dove Cavadi dialoga con il naturalismo espresso da Orlando Franceschelli. Naturalismo che lontano da amorali riduzionismi meccanicistici, propone una spiritualità laica capace di etica solidale. Coinvolgenti le pagine dedicate alla mistica laica di Lombardo Vallauri, meditazioni profonde della realtà, dell’infinitamente grande e piccolo, dell’incomprensibile e della complessità cosmica. Complessità che l’Autore approfondisce attraverso Stuart Kauffman, biologo e ricercatore statunitense, analista dei sistemi complessi e della loro relazione con la biosfera.

Le ultime 133 pagine del libro si concludono con un dossier di approfondimento, che raccoglie recensioni dell'Autore su testi del paradigma post-teistico e una coinvolgente relazione autobiografica “Dalle religioni alla spiritualità, ma senza trionfalismi", tenuta al Convegno nazionale delle comunità di base, dove un po’ controcorrente Cavadi evidenzia nella migrazione dalla religione alla spiritualità i possibili rischi di una spiritualità intimistica, se orfana di una compagnia viva che la sostenga.

Riguardo la compatibilità della spiritualità filosofica con quella confessionale che, in linea di principio, Cavadi sostiene e che Fabrizio Mandreoli nella sua postfazione afferma ricordandoci che « la spiritualità filosofica […] non è contraria rispetto a un’esperienza credente pienamente immersa nella tradizione », non posso non osservare una divergenza originaria tra le due spiritualità. Nelle religioni tradizionali rivelate, nonostante il possibile conciliarsi di fede e ragione, la possibilità di saltare a piè pari spiritualità e religiosità per proclamare una religione è implicitamente possibile, perché a differenza della spiritualità filosofica, frutto dell’iniziativa, della sensibilità e della ricerca umana, le religioni rivelate, proprio perché rivelate, indifferenti ad ogni umana inferenza proclamano l’irrompere del divino soprannaturale nel mondo e nella storia. Pretesa che capovolge la successione logico gerarchica di spiritualità che genera religiosità e poi religione, visto che la religione rivelata è evento che piomba nel mondo trascendendo l'esperienza e la conoscenza umana. Non c’è dubbio che i rispettivi rappresentanti delle due concezioni possano rispettarsi, ma le concezioni permangono differenti.

Pubblicato in Recensioni
Domenica, 02 Gennaio 2022 17:40

Dai e ridai

Alla nascita non ce l’avevamo per nulla, ma poi senti di qua, risenti di là, dai e ridai e a un certo punto prende forma la credenza che la coscienza individuale e il naturale funzionamento generale siano eventi differenti e separati.

La credenza s’incista a tal punto che bisognerà morire per sradicarla, nel frattempo un tragicomico arrabattarsi nel tentativo di risolverla.   

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Martedì, 21 Dicembre 2021 17:23

Esiti

Per gli investimenti economici a lungo termine non sempre possiamo sapere come andrà a finire, invece gli esiti della nostra esistenza ci sono noti in anticipo, perché oltre un dato tempo si schiatta di sicuro.

Prevedibile e certo epilogo, a lungo termine, che in qualche modo dovrebbe determinare le nostre scelte a breve e medio termine, perché a lungo termine non si potranno più realizzare, invece no:

per estrosi meccanismi psichici il finale a lungo termine viene rimosso e sostituito da un medio termine infinito, nel quale almanacchiamo una programmazione sempiterna.

 
Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Lunedì, 20 Dicembre 2021 22:26

Immanenza trascendente

Per concepire un aldilà occorre, per forza di cose, concettualizzare un di là del di qua, una sorta di sua versione special. Non a caso i lassù (del quaggiù) chiamati nei monoteismi paradisi sono fortemente antropomorfici; "Io" corpo e mondo al quadrato super belli e sempiterni, incorruttibili corpi gloriosi in un nuovo e perfetto mondo.

All'opposto nelle spiritualità monistiche non duali, dove il trascendente coincide con l’immanente, l'aldilà con l'al di qua e il particolare col tutto, l’Io perde d’importanza sia da vivo che da morto, mera apparenza che si contrae fino a diventare il nulla che già è o che si espande senza ipertrofie, per dissolversi nel tutto.

Pubblicato in Filosofia di strada
Domenica, 19 Dicembre 2021 00:01

Affidamento

Mentre procediamo in un universo dato verso un epilogo obbligato e ignoto, profonde parti psichiche percorrono vie che non sappiamo e il corpo, che non abbiamo costruito, funziona mosso da una potenza che ci precede. Che faccia lei.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Giovedì, 16 Dicembre 2021 15:24

Botta ontologica

Davvero mozzafiato l’evento dell’ente invece che del nulla, ma così noto, talmente vicino e tanto evidente da non percepirlo.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Domenica, 12 Dicembre 2021 18:46

Opposizione polare

Il vivente concreto, come tale, non può venir colto per concetti (Romano Guardini, L’opposizione polare)

In filosofia il necessario è ciò che non può che essere così com’è nel suo determinato (da chi?) accadere, al contrario il possibile è ciò che può essere o non essere, in tutte le gradazioni di possibilità. Nel regno della logica assoluta se si afferma la necessità si esclude la possibilità, se si afferma la possibilità si esclude la necessità, mentre nelle fluttuanti logiche del mondo reale necessità e possibilità sono polarità che si implicano reciprocamente.  

Pubblicato in Filosofia di strada
Mercoledì, 08 Dicembre 2021 17:55

Per una pedagogia della sofferenza

Nel suo ultimo saggio “Nel tempo dei mali comuni. Per una pedagogia della sofferenza” (Donzelli, 2021), il filosofo Orlando Franceschelli affronta la problematica del male e della sofferenza universale, che oggi e da sempre è cifra del nostro esistere. L’operazione di correlare pedagogia e mali, che il titolo esprime, già dice il pensiero dell’Autore: non solo un invito a fronteggiare, come persone e come cittadini, i mali e le sofferenze comuni che inevitabilmente incontriamo attuando strategie di resistenza e resilienza, ma -ex malo bonum- anche a interpretare e trasformare il mondo apprendendo dalla sofferenza e elaborando i suoi mali come opportunità per migliorarlo, perché la filosofia, se è buona filosofia, ci offre mappe, strumenti e consapevolezze per trarre dal male occasioni di bene.

Telmo Pievani, nella prefazione, ben sintetizza questa consapevolezza che ci “richiama alle nostre responsabilità di costruttori di mondi, smonta gli alibi di chi non vede mai alternative, invoca la conoscenza di sé stessi e la volontà di migliorarsi”.

Il testo assai concentrato in poco più di 150 pagine illustra e elabora gli attuali mali comuni planetari -emergenza climatica, pandemia-sindemia da Covid, migrazioni- proponendo una pedagogia della sofferenza che, necessariamente, tiene conto e si confronta criticamente con le strategie di pensiero-azione che ci hanno preceduto; dagli stoici fino a Hegel e Nietzsche, dall’anti-naturalismo dell’idealismo e del e neoidealismo al trans-umanesimo, passando per Goethe, Feuerbach, Marx, Darwin.

Nel lucido confrontarsi con la visione cosmogonica degli stoici, che interpretavano ogni circostanza, disgrazie incluse, espressione dell’ordine provvidenziale dell'universo da accettare pazientemente, Franceschelli coglie una atarassia anti-umana che urge d’essere superata. Vero che ci sono eventi che la vita dispensa che non possiamo per nulla cambiare, nondimeno vero che ce ne sono altri che invece possiamo cambiare; vero che ci sono cose spiacevoli tuttavia ce ne sono anche di piacevoli. Un conto è dunque la stoica dis-umana imperturbabile accettazione di tutte le cose così come sono, in quanto architettate da una presupposta regia superiore -non cade foglia che il dio non voglia-, altra è vivere condividendo umanamente le gioie e supportandoci nella sofferenze mentre proviamo a cambiare le cose che possiamo cambiare e, a maggior ragione, mentre viviamo le cose che non possiamo cambiare: “Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza.” (Serenity Prayer)

Nel confrontarsi con le elitarie benedizioni danzanti di Nietzsche, che non disdegnano, anzi auspicano tra un passo di danza e l’altro, di colpire spietatamente l’ultimo giudicandolo malriuscito, Franceschelli si oppone con fermezza. Nel rendicontare, nel tragico quadro dell’antropocene, le pretese di redenzione futuristiche del trans-umanesimo tecnologico, annota ingenui velleitarismi e tracotanza antropocentrica (hybris), inoltre le conquiste biotecnologiche e l’ipotetica colonizzazione di altri pianeti, se nel nostro le cose volgeranno all’irrimediabile, sarà per tutti o solo per qualche privilegiato?

Nel proporre la sua prassi Franceschelli opta sovente per il termine agentività invece che azione, così da sottolineare la necessità di iniziativa personale. L’Autore propone da tempo le problematiche delle comuni sofferenze e l’invito all’eco-appartenenza solidale con tutti gli essere senzienti, ma questa volta è stato, forse, ancora più preciso, rigoroso, equilibrato e convincente, nell’illustrare e proporre la sua visione sociale di naturalismo solidale, sempre esauriente e preciso nell’esposizione e nei riferimenti a “vivere come si deve” (Montaigne).

Pubblicato in Recensioni

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