BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Domenica, 18 Novembre 2012 17:09

Masochismo

Quel pomeriggio doveva potare il pesco dietro casa, poi andare tre ore dal cognato per aiutarlo a tinteggiare il soggiorno ricompensato con 50 euro. Doveva anche leggere un libro di Bauman, lì mai aperto sul comodino da tre mesi, invece è andato in piazza e si è messo addosso un cartello con scritto sopra:

“ESODATO”

lì ha trasformato il personale desiderio di liberazione in repressione reale.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Venerdì, 02 Novembre 2012 09:13

Analogia, che carogna

Il processo analogico in teologia permette ampia discrezionalità di interpretazione e giudizio, se un termometro a mercurio dalla fisica passasse alla teologia potrebbe venire interpretato diverso ma nel contempo anche uguale (rappresentante, vicario, un po’ della stessa sostanza) alla temperatura con la quale è in relazione. In questo “un po’ uguale anche se un po’ diverso, assolutamente uguale anche se assolutamente differente”, si esprime la lingua biforcuta del processo analogico teologico.

Diceva un filosofo arabo che l’analogia «è come una carogna: quando non vi è nient’altro, la si deve mangiare». Non si riferiva a bilance, orologi e termometri analogici che misurano i corrispettivi enti di peso, tempo e temperatura infischiandosene di rappresentarli. Non considerava neppure l’utilizzo del procedimento analogico nel diritto e nella filosofia, metafisica compresa. E’ la teologia, o meglio una certa teologia, che aveva in mente. E’ proprio nel tentativo di rapportare Dio all’uomo, e viceversa, che l’analogia può diventare carogna, con conseguenze peggiori da quelle derivanti dal linguaggio politichese capace d’inventarsi “convergenze parallele” e simili paradossi che pretendono dire qualsiasi cosa, su qualsiasi cosa, senza mai dire niente.

E’ una lunga storia quella dell’analogia in teologia. Non era iniziata male. Nel secolo XI, all'inizio della scolastica, il Dio trascendente era percepito inesprimibile, ineffabile. S. Tommaso preoccupato da tanta lontananza costruì ponti, cogliendo tra causa (Iddio creatore) ed effetto (l’uomo) un preciso nesso di somiglianza. Il Creatore pur trascendendo il creato si rispecchiava così nel suo prodotto e la creatura era, finalmente, autorizzata a dire la sua sul, e del, Creatore. Mica di Lui poteva dire proprio tutto, senza deragliare doveva percorrere due vie precise: affermare come attributi di Dio le cose buone e perfette che la creatura scorgeva in sé; e/o negare al Creatore ogni imperfezione e malvagità che si fosse ritrovata dentro, giudicandola - nel caso -  solo e sempre suo personalissimo prodotto. Somiglianza, dunque, tra Creatore e creatura non univoca ma approssimativa, quindi analogica.

Nella storia della Chiesa l’ambiguità del procedimento analogico ha raggiunto l’acme quando adottato a sostegno e giustificazione del Magistero ecclesiale cattolico come espressione della presenza di Dio nella storia al quale di deve obbedienza assoluta.
Come giustificare il nesso Dio-Magistero?
Il Papà è Dio? Non esageriamo. Detta così sarebbe un antropomorfismo del sommo Ente comica per la stessa teologia;
il Papa non è Dio? Roba da agnostici e miscredenti,
ma la dottrina cristiana dell'analogia riesce a sistemare per bene la faccenda. Il Papa e con lui ogni autorità ecclesiastica, diventano per i subalterni figure non univoche, ma neppure equivoche con l’ineffabile Altissimo. Marassi palustri, forse salamandre, anfibi terro-celesti con una zampa nella finitudine e l’altra nell’eterno, che consentono al Creatore atemporale e ineffabile di manifestarsi nel mondo e parlare alla storia, connettendosi ai mortali attraverso i su esposti intermediari.
Che fatica per il Magistero e ogni autorità della Chiesa cattolica. Potrebbero anche fare a meno dei miracoli dell’analogia proponendosi per gli uomini che sono, come faceva quello là di Nazareth. Perché complicarsi l’esistenza? Meglio uomo che anfibio.

Pubblicato in Sacro&Profano
Mercoledì, 03 Ottobre 2012 19:13

Sufi

Pubblicato in video
Mercoledì, 03 Ottobre 2012 19:12

"Entronauta" primo tempo

Pubblicato in video
Mercoledì, 03 Ottobre 2012 19:09

"Entronauta" secondo tempo

Pubblicato in video
Martedì, 02 Ottobre 2012 17:25

Edifici di Culto

Puglia. Chiesa, esterno.

 


Puglia. Resort 5 stelle, interno.

Pubblicato in Sacro&Profano
Lunedì, 24 Settembre 2012 17:28

Quello strano strano quid

Il webmaster che implementa un E-commerce di scarpe è un po’ filosofo: dà nome alle cose e le rappresenta attraverso immagini, analizza il rapporto tra segno e significato, ordina i nomi in vocabolari per sistematizzarli in categorie che organizza in gerarchie correlate. Professionista informatico e - a modo suo - anche filosofo del linguaggio e un po' ontologo.

Il webmaster, oltre all’E-commerce di scarpe, potrebbe anche implementare un sistema capace di mappare tutta la storia della filosofia, in grado di analizzare, relazionare e comparare le differenti filosofie, rendicontando l’evoluzione storica di ogni branca, i punti di contatto, le sovrapposizioni, complementarità e sinergie, opposizioni. Opera ciclopica sistematizzare le idee e teorie dello scibile filosofico, forse più complessa della mappatura del Progetto Genoma Umano comunque, con qualche ora di straordinario, praticabile.

Al webmaster risulterebbe agevole, al pari delle scarpe, mappare dottrine e catechismi, in difficoltà nel censire e sviluppare pensatori eclettici, ma inserendo sillogismi congrui potrebbe anche farcela. Già che c’è potrebbe elaborare algoritmi in grado di svelarci eventuali autocritiche, revisioni e sviluppi della filosofia di Kant, simulando il protrarsi dell’esistenza del filosofo oltre i cento anni dalla sua data di morte. Perché il sito sia perfetto bisognerebbe chiedere al webmaster di sbattere dentro alla biografia di ogni filosofo un bell’algoritmo del pensiero di Freud, giusto per conoscere se, quanto e come, l’infanzia di Schopenhauer abbia contribuito alla elaborazione della sua filosofia.

Invece non si può ed è meglio così.

Tutta colpa di quel quid strano, audace, unico, originale, libero, sempre inedito anche se noto, detto pensiero.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 22 Settembre 2012 16:50

Taci e impara

All’inizio dell’anno accademico il docente d’antropologia filosofica aveva illustrato il programma alle matricole:

«Non sono qui a filosofeggiare sull’uomo, ma per procedere ad un’ampia ricognizione della storia della filosofia in relazione allo sviluppo delle scienze sociali…»

Tutto chiaro e lo studente obbedisce diligente:

1 non pensa;

2 legge il testo di riferimento;

3 ripete a memoria quanto legge;

i tre passi del filosofo perfetto.

Arriva il giorno d’esame e il professore gli chiede a freddo:

«Cos’è un’idea?»

Lo studente si confonde, spiazzato avverte un senso di vuoto e non risponde. Il giorno dopo medita sulla personale défaillance e comprende che la risposta giusta sarebbe stata replicare:

«Professore, intende idea per il pensiero di Platone, Parmenide, Aristotele o per i contemporanei?»

Lì, il bravo ragazzo, avrebbe dato risposta tempestiva e congrua, invece la domanda del professore lo aveva portato a cercare in presa diretta l’“Ente Idea”, proprio come fanno i filosofi. Attrezzato di nozioni ma sfornito di strumenti e pensiero per inoltrarsi in quei territori complessi e insidiosi e, ancor di più, non sentendosi autorizzato a dire la sua in quanto severamente vietato dal mondo accademico, si era impaludato nel regno dell’indicibile.

Siccome è tutto vero, urge analizzare le seguenti ipotesi per individuare e risolvere il problema.

A. Il docente in oggetto è un sadico perverso;

B. Lo studente in oggetto è un idiota;

C. Forse c'è qualcosa che non va nelle università italiane.

Pubblicato in Filosofia di strada
Martedì, 18 Settembre 2012 13:28

«Ortodossia» Gilbert K. Chesterton

 «Devi leggere Chesterton! Devi assolutamente leggerlo!» Da tempo mi consigliavano da più parti, o meglio più persone della stessa parte, quella cattolica un po’ integralista caratterizzata dall’urgenza di convertire ed educare chicchessia. Non avevano tutti i torti, Chesterton non l’avevo mai letto, per essere preciso mi ero imbattuto in qualche aforisma dello scrittore inglese, ricordavo anche il protagonista di alcuni suoi racconti, padre Brown detective e sacerdote cattolico interpretato da Renato Rascel in una miniserie televisiva di quand’ero ragazzo. Storia che insieme a «Belfagor il fantasma del Louvre» si è un po’ incistata nell’immaginario collettivo dei cinquantenni italiani.

«E dài leggi Chesterton! E dài leggilo!» Mi avevano anche gentilmente inviato a gratis “Ortodossia”, un libro di Chesterton importante, una sorta di autobiografia filosofica. «E dài leggilo!» Di qua; «E dài leggilo!» Di là… Il libro era lì nel quarto scaffale della libreria e l’ho letto. Perché no? In fondo ero anche curioso di incontrare il pensiero di un autore oggi super citato, recensito e rieditato alla grande (l’Opera omnia conta decine di testi e centinaia di articoli).

La recensione a “Ortodossia” non la faccio, ce ne sono di numerose e ben scritte, dico alcune impressioni personali. Lo stile di Chesterton è simpatico, diretto, aforistico. Nel merito scrive disinibito, butta lì a ruota libera. A pagina 43 [edizione Società Chestertoniana Italiana 2008] racconta di monelli di strada, poi inaspettata una sentenza su Nietzsche:

«Il rammollimento cerebrale che da ultimo lo colpì non è stato un incidente fisico. Se Nietzsche non finiva nell’imbecillità sarebbe finita nell’imbecillità la sua dottrina.»

Roba da commento a tarda notte su Facebook di liceale ubriaco, meritevole di interruzione di lettura dell’intero libro, tuttavia ho proseguito considerando - da lì in poi - l’Autore giornalista e non filosofo. Da Nietzsche il massacro sistematico si espande, in un mix altezzoso e paranoico, a mezza storia della filosofia e alle religioni non cristiane. La mancanza di profondità, lo sparare a zero motivando confusamente, oggi diffuso, si aggrava collocando l’Autore nel periodo storico nel quale operava. Chesterton mica aveva i bravi Cacciari e Ilvo Diamanti come interlocutori. A Chesterton (1874-1936) giravano intorno: Freud (1856-1938); Marx (1818 -1883); Kafka (1883 –1924); Proust (1871-1922); Nietzsche (1844-1909). Mi fermo.

“Ortodossia” affronta i temi del vivere e del morire, del pensare, del soffrire, del male, della salute mentale, dell’Uomo e di Dio. Temi cruciali. Qualche aforisma e numerosi passaggi sono degni di citazione e approfondimento, complesso valutare se per coincidenza statistica (sparando molto e a capocchia qualcosa si becca) o per pensiero consapevole. Più si procede nella lettura e più sale la sensazione precisa che qualcosa non va, non per la difesa ad oltranza dell’ortodossia del cristianesimo istituzionale, ma per come Chesterton ci arrivi e la motivi. Nell’introduzione scrive la metafora del suo percorso di uomo immaginando un navigatore inglese che crede di sbarcare in terra lontana e barbara, senza accorgersi d’essere approdato in Inghilterra. Dopo un lungo e faticoso percorso di pensiero e ricerca la verità era già lì. L’Autore spiega:

«… la mia filosofia non l’ho creata io, l’hanno fatta Dio e l’umanità; è questa filosofia che ha fatto me.»

Valuta l’atto di pensiero del singolo irrilevante, patologico, dannoso, invece salvifico l’abbandonarsi quieti alla tradizione religiosa cristiana, meglio se bucolica, rurale, preindustriale, lì sull’isola (l’Inghilterra è un’isola) circoscritta e immacolata ben separata dal continente abitato da tutti gli altri, umanoidi un po’ sciocchini e sicuramente pericolosi. A pag. 86 precisa che manco l’isola separata dal mondo gli va bene:

« Il filosofo moderno mi aveva detto e ridetto che io ero nel posto giusto; tuttavia io mi sentivo lo stesso depresso pur nell’acquiescenza. E dopo aver appreso che ero nel posto sbagliato, la mia anima ha cantato di gioia come un uccello a primavera. La scoperta ha rivelato e illuminato stanze dimenticate nell’oscura casa dell’infanzia. Ora sapevo perché l’erba mi fosse sempre sembrata strana come la barba verde di un gigante, e perché avessi provato la nostalgia di casa a casa mia.»

Intolleranza, superficialità e contraddizioni dell’Autore sono compensate nel metodo da uno stile vivo, a modo suo onesto, in presa diretta. Nel merito dal coraggio di affrontare di petto gli argomenti cruciali dell’essere Uomo. Divertente, suo malgrado, quando si attarda nell’offrire indicazioni per ottenere perfetta salute mentale proponendoci di farci cullare dalla tradizione eterna dell’istituzione cristiana nell’attesa del Paradiso. Proposta quietistica e infantilizzante, mista al bizzarro nichilismo di voler essere angelo invece che uomo. Eppure per l’Autore chi non lo fa è già pazzo o sicuramente lo diventerà. Da leggere.

Pubblicato in Filosofia di strada
Domenica, 12 Agosto 2012 18:21

ascese e discese

Nei nosocomi enti ecclesiastici c’è sempre la statua della Madonna lì nell’angolo del corridoio, quella con le dodici lampadine sempre accese intorno alla testa, quella che schiaccia la testa al diavolo. E’ di gesso colorata di turchese, il faccino fa una espressione autistica, un mix di sofferenza e ebbrezza; il diavolo col tallone sulla testa tira fuori un po’ la lingua e ghigna eccitato. Non si capisce se piace di più alla Madonna schiacciare il diavolo o a lui essere calpestato.

Kičo il serbo aveva sempre ruotato il capo solo a destra e a sinistra, ma oggi si sente eroe e guarda all’insù

ammaliato,

incantato,

rapito,

affascinato dall’illimitato.

Icaro balcanico pervaso dal

celestiale,

ineffabile,

aereo,

paradisiaco,

grandioso,

etereo,

idilliaco,

supremo,

stupendo,

sovrumano,

eccelso,

altissimo,

immenso,

indicibile,

grandissimo,

sconfinato,

angelico,

sacrosanto,

intangibile,

impareggiabile,

meraviglioso,

splendido,

strabiliante ed estatico Assoluto.

Tempo fa, in tre settimane, Kičo aveva dato il suo contributo per ammazzare centinaia di persone perché di religione diversa dalla sua. Aveva così onorato il dio della sua Patria, ma nel guardare un albero mosso dal vento d’improvviso realizza, per un istante,  che la Patria è un’ idea. La Patria non esiste. L’albero si. Perplesso guarda all’ingiù e si sfracella sulle sue scarpe nere, un po’ impolverate. Infarto. Chi più va su, più cade giù. Meglio stare alla larga da scale mobili che ascendono e discendono. I gatti non giudicano l’appartenenza alla propria specie sfavorevole, invece le religioni degli uomini fabbricano scale per andar su, sempre più su, per allontanarsi più che possono dalla sfiga d’essere uomini. Su dove? Però quello là… l’antico predicatore ebreo… quello di Nazareth, se ne infischiava d’essere Dio e gli piaceva essere uomo… Diceva che è meglio uomo che Dio… uno così alla madonnina con le dodici lampadine accese intorno alla testa, intorno al cranio immacolato, intorno all’osso sacro, gli avrebbe pisciato sopra per fargliele andare in cortocircuito. Che sia stato proprio lui il diavolo?

Pubblicato in Brevi Racconti

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