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Martedì, 23 Luglio 2013 10:48

Selvaggio ma non incolto (bis)

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Nel precedente post «Selvaggio ma non incolto» consideravo che senza iniziativa di umano pensiero i giardini, e non solo, non sempre migliorano per processo spontaneo, ma possono degradare all’apatico e anche al brutto. Massimo Angelini, a commento, invitava all’onorare il «misterioso e delicatissimo equilibrio che mette d'accordo il lasciare fare e il fare cultura senza scivolare nell'artificio, in vezzi autistici o nella sciatteria dell'abbandono. Così per il giardino, e così per i figli, i libri, il culto.»

Seguono tre immagini di esempi ambientali, agilmente espandibili a tutto il resto:

 


Artefatto sciatto.

Annoto che hanno “lavorato” per realizzarlo. Sovente è meglio l’incolta natura, anche se talvolta apatica, all’iniziativa di certi umani pensieri.

 

 


Artefatto vezzoso autistico.

Caso opposto: invece di abbandonare i pneumatici li hanno riciclati. Evidentemente meglio questo artefatto implementato da “bravi ragazzi” rispetto alla sciagurata sciattura della prima immagine, eppure qualcosa non torna: questa “bellezza” prefabbricata appare dozzinale e, a ben vedere, anche un po’ violenta: l’eccesso di sistematizzazione esige conformazione.

Artefatto equilibrato.

Questo giardino all’inglese non sarà espressione realizzata del «misterioso e delicatissimo equilibrio» dell’accordo cultura/natura, però è qualcosa che gli assomiglia.

Ultima modifica il Martedì, 23 Luglio 2013 11:42
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