BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Mercoledì, 17 Luglio 2013 08:56

Protagonista assoluto

Scritto da 

Pur piacendomi la compagnia presupponevo che, almeno in un caso, sarebbe meglio la solitudine per, come un gatto, morire solo invece che “accompagnato”. A maggior ragione se i presenti avranno concetti di "buona" o di "bella" morte differenti dai miei.

Dopo aver letto la “soggettiva” di trapasso di Lev Tolstoj ne «La morte di Ivan Il'ič» considero, invece, che il “pubblico” - presente o assente, di una particolare tipologia o di un’altra opposta - sarà comunque irrilevante e farò, One man show, in ogni caso bene:


«E all'improvviso ciò che lo tormentava e che non tornava, – tutto all'improvviso cominciò a tornare, da un lato, da due, da dieci, da tutti i lati. Ho pietà di loro, bisogna non farli soffrire. Liberarli e liberare me stesso da queste sofferenze. «Come torna bene e come è facile, – pensò. – E il male? – si chiese. – Dov'è andato? Ebbene, dove sei, male?».
Stette attento.
«Sì, eccolo. E con questo? Dolga pure».
«E la morte? Dov'è?».
Cercò la sua solita paura della morte e non la trovò. Dov'è? Ma che morte? Non c'era più paura perché non c'era più morte.
Invece della morte, la luce.
– Dunque è così! – disse d'un tratto ad alta voce. – Che gioia!
Tutto questo non fu che un attimo per lui, ma il senso di quell'attimo ormai non poteva più mutare. Per i presenti la sua agonia durò ancora due ore. Qualcosa gorgogliava nel suo petto; il suo corpo macerato si scuoteva. Poi il gorgòglio e il rantolo si fecero sempre più rari.
– È finito! – disse qualcuno.
Egli udì questa parola e se la ripeté nell'anima. «Finita la morte, – si disse. – Non c'è più, la morte».
Trasse il fiato, si fermò a mezzo, s'irrigidì e morì.»

Ultima modifica il Mercoledì, 17 Luglio 2013 11:39

1 commento

  • Link al commento matilde cesaro Mercoledì, 17 Luglio 2013 09:36 inviato da matilde cesaro

    M'irrigidii e morii
    quasi senza rendermene conto,
    raccolsi la mia sbrindellata anima e restai a guardarmi... incantato!
    quel baffetto andava tagliato meglio, gli occhi sono ancora semichiusi, speriamo che se ne accorgano prima che io diventi troppo rigido da manovrare.
    La bocca invece resta chiusa, e forse questa volta dovrei dire per sempre, ma da qui questa parola è per davvero ridicola e non m'inquieta più di tanto. Su come mi vedo steso e sulle pieghe del lenzuolo eviterei di addentrarmi, mi sembra una inutile riflessione dal momento che sta per diventare tutto rigido ed immutabile, trasformazioni remote ed eterne. L'espressione del viso invece mi attira. Mi guardo nello specchio della morte e mi dico "non male quel che vedo, non male. Avessi saputo mi sarei tinto i capelli di nero!"

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