Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Impulso cleptomane
Avvenire ha pubblicato una lettera inedita di Emil Cioran (1911-1995) filosofo dell'assurdo, estremo nichilista e pessimista, astioso verso un ipotizzabile Padreterno eppure forse non del tutto miscredente; l’avversione è sì antitesi, ma proprio per questo puntuale relazione simmetrica polarmente speculare all'oggetto contrario. Non casuale la simpatia di alcuni intellettuali cattolici nei suoi confronti.
Nella lettera Cioran, recensendosi, così fotografava il suo velenoso scrivere di Dio: «Il sarcasmo con cui l’ho glorificato». Frase troppo bella. Da rubare. In fin dei conti è inattendibile un'amicizia indifferente al pensiero dell’amico, davvero meglio un avversario che lo contesti con cura.
Storie e realtà
Lo storico Yuval Noah Harari interpreta cruciale la remota rivoluzione agricola, dove i sapiens da raccoglitori e cacciatori nomadi avevano iniziato a coltivare e allevare formando comunità stanziali con un numero sempre più alto e coeso d’individui, non solo a seguito di maggiori disponibilità di cibo ma grazie all’immaginare astrazioni condivise. Ogni evento ne è impregnato:
«I fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni» (Nietzsche); «I fatti sono carichi di teoria» (Popper); «Così come un popolo sceglie i propri governanti, la teoria conferisce autorità all’osservazione, affinché governi la giustificazione delle teorie» (P. Kosso).
La consapevolezza che stiamo insieme e vediamo il mondo poggiati su siffatti costrutti ci consente di emanciparci da narrazioni fantastiche così da non equivocarle per verità assolute (confessioni religiose, ideologie e dintorni), nondimeno implica problematicità per nulla secondarie: se tutto è narrazione allora non è vero niente. Un’accoppiata di nichilismo e relativismo spinti che annullerebbe qualsiasi estetica ed etica: cose e uomini sì differenti all’interno di peculiari costrutti narrativi estetici ed etici condivisi, ma in sé enti né belli né brutti, né giusti né sbagliati, né buoni né cattivi.
Ammesso e pure concesso che ci muoviamo poggiando su strutture immaginarie acquisite che, via, via, implementiamo, rimane da indagare se
un’estetica così:
per mera convezione è più brutta di una cosà:
e se una situazione così:
sia eticamente raccapricciante non in sé, ma perché ci siamo raccontati che lo sia. Oppure ci sia una sorta di substrato oggettivo e di logos normativo che ci precede. Sconveniente esaltarlo, ma anche rimuoverlo.
Misterioso auto surclasso
Questa mattina nel dormiveglia mentre il gatto miagolava e mia moglie parlava ho confrontato i due dire. Roba da matto coglierne l’abissale differenza per tutti i sani ovvia, però nel dormiveglia è anche concessa una qualche stranezza se si cerca una sintesi tra un’ipotetica volontà creatrice e la necessità naturale.
Non pretendo che gli esponenti del neopositivismo diano risposte risolutive ai problemi sull’origine della vita, del male, del dolore e della morte, però che in modo preciso e convincente illustrino, in dettaglio senza salti e pezzi mancanti, perché e come è accaduto che un ente prima così (scimmia) sia diventato cosà (persona) auto surclassandosi oltre ogni ragionevole previsione, questo lo devono.
Fintantoché arrancano è opportuno che non giudichino del tutto ingiustificate eventuali pretese antropocentriche e la nostalgia di un qualche creatore.
Bisogna avere orecchio
Per vedere ci vuole l’occhio[1], ma per avere occhio non basta vedere. Per poter scrutare e ammirare controproducente fissare l'oggetto sgranando le pupille per aguzzare la vista, gli vanno invece tolti gli occhi di dosso per pensare ciò che ci fanno vedere.
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1 Organo sorprendente quanto, di per sé, demente.
Donna sapiens
«Vivo sin vivir in mi,
y tan alta vida espero
que muero porque non muero.»
Teresa d'Ávila
(Vivo ma non vivo in me,
e attendo una tal alta vita,
che muoio perché non muoio.)
Non so se Teresa d'Ávila discenda da un qualche scimmione o da tutt’altro, comunque sia imbattersi in un punto della natura abile nell’implementare una entità che lo sovrasta per crogiolarsi nell'attesa inebriante di farsi da questa divorare è fenomeno singolare.
Vecchio bacucco
Ma com’è che la musica contemporanea dice poco ai sessantenni invece numerosi pezzi degli anni ’60 del Novecento gli fanno venire la pelle d’oca?
Due le ipotesi, nel ’60 essendo adolescenti erano emotivamente più sensibili di oggi, ne consegue la notoria dinamica generazionale che giudica migliore il passato rispetto al presente. Oppure la musica di quegli anni era realmente più valorosa dell’attuale. Ho chiesto a un musicista e musicologo ed ha visto corrette e sinergiche entrambe le ipotesi.
Siccome tale modello di giudizio di valore non comprende solo la musica leggera e i periodi suesposti ho indagato meglio per concludere che in tempi particolari possono anche accadere fattispecie più valorose nel pensiero e nell'arte dovute a peculiari contingenze, ma storcere il naso e tenere sistematicamente il broncio al presente è sintomo inequivocabile di senilità mentale.
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LOCANDINA DEL 1976:
Gerarchie celesti
Talora alienante la condizione del subalterno salariato, ma davvero più triste è quella degli angeli inseriti d’ufficio in un perpetuo livello d’inquadramento senza possibilità di carriera, funzionari che svolgono all’istante e in eterno le mansioni ordinate dal capo.
Collimazione parentale
All'opposto di spiritualismi estremi incontriamo radicali antropologie meccanicistiche che interpretano l’uomo riducendolo alla biologia della sua corporeità.
Un po’ perché gli estremismi s’incontrano, un po’ perché entrambe le concezioni evirano l'irripetibile unicità del soggetto castrandogli il peculiare pensiero - nel primo caso sublimandolo e nel secondo "cosificandolo" - alla fine producono figure combacianti.
Segue un assaggio comparativo:
Solitudini
Piacevole la cena in compagnia col bianco fresco peccato che mi fa acidità e nel dormiveglia appaiono caotici flash di mie idiozie giovanili e gesta di qualche pirla indegne di nota, come quando lo zio aveva insistito per provare l’auto nuova di pacca di papà riportandola incidentata di brutto. Però questa notte all’acme d'un reflusso gastrico finalmente una visione meritevole.
Anni ’70 giornata formativa dei novizi dei memores domini, pausa pranzo. Non c’era il ristorante e si mangiava al sacco, mi piazzavo in disparte da tutti e osservavo don Giussani in piedi in mezzo al piazzale che scartava il suo panino. Intorno a lui duecento futuri memores ma nessuno gli si avvicinava, anzi spinti da una misteriosa forza centrifuga si allontanavano sempre più dalla sua persona come galassie che si espandono per appiccicarsi tra loro in amorfe aggregazioni colloidali. Mentre crocchi di novizi sparsi si agglutinavano decentrati mi chiedevo: «Ma perché è rimasto lì solo in mezzo al piazzale col panino in mano? Mica si fa così col padre…» Trascorsi manco cinque minuti intorno a lui si era creato un cerchio completamente vuoto, area inviolabile del diametro di oltre due metri (letteralmente), come se un’invisibile riga gialla a tutela della incolumità dei presenti, a mo’ di quella pittata intorno ai macchinari pericolosi, vietasse di avvicinarlo.
Nella totale incoscienza generale ci eravamo accorti della tragicomica situazione in due, io e - più di me - Giussani. Incrociando una sua occhiata mi ero detto: «Adesso mi avvicino io», ma una sorta di timore tremore paralizzante[1] m'aveva precluso il movimento.
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1 Non quello di Kierkegaard, ma quello dettagliato da Kant: «Dopo averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente impedito che queste placide creature osassero muovere un passo fuori dal girello da bambini in cui le hanno imprigionate, in un secondo tempo descrivono ad esse il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole. Ora, tale pericolo non è poi così grande, poiché, a prezzo di qualche caduta, essi alla fine imparerebbero a camminare: ma un esempio di questo tipo provoca comunque spavento e, di solito, distoglie da ogni ulteriore tentativo. E' dunque difficile per il singolo uomo tirarsi fuori dalla minorità, che per lui è diventata come una seconda natura. E' giunto perfino ad amarla, e di fatto è realmente incapace di servirsi della propria intelligenza, non essendogli mai stato consentito di metterla alla prova. Precetti e formule, questi strumenti meccanici di un uso razionale, o piuttosto di un abuso, delle sue disposizioni naturali, sono i ceppi di una permanente minorità. Se pure qualcuno riuscisse a liberarsi, non farebbe che un salto malsicuro anche sopra il fossato più stretto, non essendo allenato a camminare in libertà. Quindi solo pochi sono riusciti, lavorando sul proprio spirito a districarsi dalla minorità camminando, al contempo, con passo sicuro. (Kant, Beantwortung der Frage: Was is Aufklaerung? in "Berlinische Monatsschrift").
Materia prima
Nell’indagare le cause del primato, o perlomeno della singolarità, di pensiero, parola, immaginazione, coscienza, appercezione, abilità di narrazione e facoltà di ordinamento, che contraddistinguono l’uomo differenziandolo dal resto della natura, sono ipotizzabili due differenti origini:
che l’evento e conseguente gap Uomo/Natura sia stato inopinatamente inoculato da una intenzione esterna e altra, a cura di una qualche entità soprannaturale e creatrice, altrimenti da un extraterrestre di passaggio elargitore di forze e sostanze inedite nell’universo a noi conosciuto, oppure che senza alcuna causa esterna e intenzionale si sia auto-attivato casualmente.
In questa seconda plausibile possibilità tale accadere casuale per attuarsi ha necessariamente comportato che l’uomo abbia utilizzato, seppur a capocchia, sostanze e forze preesistenti in natura che già contenevano, almeno in nuce, tali potenzialità; cervello umano organo che elabora ed estrude edifici di pensiero e forma costituiti e costruiti con mattoni naturali preesistenti e onnipervadenti già contenenti, in potenza, nuclei di pensiero, parola, immaginazione, narrazione, coscienza, appercezione e ordinamento.
Se così il gap Uomo/Natura e quello supposto di Dio/Natura sono più formali che sostanziali. Tutto qui. Ipotesi insufficiente per concludere l’indagine ma soddisfacente per iniziarla.