BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Lunedì, 17 Aprile 2017 16:12

Biomeccanica di Pensiero e Parola

Se il farmacista ci dice d’assumere venti gocce di farmaco invece di due come sarebbe giusto e ci si perfora il duodeno ad avercelo bucato è stato il farmaco o le parole del farmacista?

Peso, massa ed efficienza materiale della parola.
Peso, massa ed efficienza materiale del pensiero.

Pubblicato in Filosofia di strada
Venerdì, 14 Aprile 2017 11:36

Apologia dell’eccentrico

Si orina in bagno e si mangia in un'altra stanza, il neonato non lo fa ma gli converrà apprenderlo alla svelta, così il parlare, lo scrivere e il far di conto e le regole del diritto e quelle relazionali e lavorative, lavoro nel quale sarà preferibile che si specializzi e ne ottemperi la deontologia. Gli converrà anche apprendere una lingua differente da quella delle sue parti, meglio due, e ancor prima che impari a nuotare e ad andare in bicicletta e poi in motorino e guidare l’automobile e se serve anche l’autoarticolato rispettando le norme del codice stradale.

Per il bene suo e degli altri anestetizzerà la personale disposizione naturale creativa per accordarsi ad un funzionamento altro. Conformazioni utili, talora indispensabili, alle quali non di rado si aggiungeranno ulteriori arbitri condivisi e regole non proprio necessarie da onorare come gli usi e costumi, la moda e il galateo, i rituali ideologici e religiosi e i regolamenti sportivi. Oberato da tanto sistematico conformarsi quando finalmente potrà dire la sua?

Pubblicato in Filosofia di strada
Mercoledì, 12 Aprile 2017 11:56

L’abito

Ieri sera nel leggere l’acosmismo che Hegel riscontrava in Spinoza avevo la gradevole impressione di giocare in casa nonostante la mia carente formazione filosofica e la complessità dell’argomento, così ho considerato che se non sono venuto proprio male un qualche merito lo dovrei forse tributare alla formazione avuta da giovane in ambito cattolico.

Era un posto strano e tosto con autorità che t’inoculavano una sorta di “mistica oggettiva”, approccio metafisico che vede la struttura intima della materia costituita da Cristo, un Dio che incarnandosi entrerebbe nella materia costituendola e glorificandola. L’ascesi personale consisteva nell’accettare e permanere in tale concezione.

Teoria bislacca che se acriticamente accettata e introiettata ti potrebbe scompensare di brutto a vita, eppure, nondimeno, teoria che se affrontata filosoficamente - come senza rendermi conto facevo da giovane da quelle parti - invece che subita precettisticamente, può rivelarsi stimolo e opportunità per non glissare riguardo la causa, la natura e il fine della realtà, così da filosofare per inventariarla ontologicamente (che cosa c'è) e indagarla metafisicamente (che cos'è, come è, perché è). Abito che tempo fa avevo indossato in quegli ambienti e mi porto ancora addosso, non posso escludere che me lo sarei messo addosso anche senza la Chiesa e francamente non so di preciso a cosa mi serva, visto che chi glissa su ontologia e metafisica non vive peggio di me (ma neppure meglio), però mi piace, motivo più che sufficiente per tenermelo.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Martedì, 11 Aprile 2017 15:49

La spuntata

Ho potato gli ulivi e tagliato il prato perché se lascio fare alla natura e mi abbandono misticamente a essa degrada allo sgradevole. Mio arbitrio religioso ed estetico? Può darsi, ma non possiamo escludere che sia proprio la natura che, in qualche modo, stimoli nell’uomo dei canoni produttivi ed estetici così da migliorarsi grazie al nostro lavoro.

Forse anche Dio esausto dei mistici che si annientano abbandonandosi in Lui è in cerca di amici e alleati che gli diano una spuntata.

 

 

Pubblicato in Sacro&Profano
Lunedì, 10 Aprile 2017 08:51

The end?

Possiamo narrare la nostra esistenza dettagliando cronologicamente dal primo all’ultimo tutti gli episodi come nei romanzi a puntate, eppure alla larga da assemblaggi seriali possiamo descriverla, non meno puntuali, senza citare nemmeno un episodio per descrivere il nostro pensiero, sensibilità, concezione della realtà e i contenuti atemporali dei nostri sogni notturni.

Indicazione che forse noi e la nostra esistenza non sono segmenti, ma rette indefinitamente prolungate da tutte le parti.     

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 06 Aprile 2017 09:06

I gigli del campo

Osservando i vecchi delle mie parti ho riscontrato che i contadini sono tra i meno angosciati dall’imminente epilogo della personale avventura umana.

Anch’io questa primavera nel monitorare la valeriana rossa rifiorire mi sento meglio, la sua indifferenza che dice all’angoscia umana “ho ben altro da pensare e fare” ci invita a una giusta misura individuale aprendo altre rassicuranti possibilità con le quali conviene allearsi.

Pubblicato in Filosofia di strada
Mercoledì, 05 Aprile 2017 07:47

Deuteronomio 2.0

Ascolta intellettuale: la gente ha molto altro a cui pensare.

Tieni questo precetto oggi impresso nel tuo cuore. Insegnalo ai tuoi figli parlandone con essi, stando in casa e andando per la via, coricandoti e alzandoti. Legalo come segno sulla mano, e fra gli occhi, perché vedano. Scrivilo sugli stipiti delle porte di casa e sulle porte della città.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Martedì, 04 Aprile 2017 15:04

Ambiguità

Contestare radicalmente nei suoi fondamenti un’istituzione appartenendoci in toto è affermarne, implicitamente e proporzionalmente, la validità e legittimità.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Sabato, 01 Aprile 2017 11:33

Stile-libero

Nel leggere un compendio degli scritti di Jung su Freud oltre ad apprendere che, a differenza del sentito dire, la stima che esprime per Freud supera di gran lunga le divergenze, vengo notiziato di quanto sia semplice distinguere il normale dallo scompensato: sani e meno sani di testa sperimentano, tranne poche eccezioni, i medesimi, e ben noti, processi e passaggi nell’infanzia; il sano li accetta e si adatta, l’altro no, differenze plausibilmente procurate da sensibilità innate. Per farla semplice il normale si adegua al mondo così com’è e agli altri così come sono, mentre lo scompensato rifiuta di adattarsi e introverso s’isola in se stesso in una sorta di torre, universo autistico oppositivo al mondo non di rado avvertito soggettivamente sublime o comunque superiore, che impedisce di operare con gli altri (lavorare e amare).

Si potrebbe obiettare che il mondo, così com’è, non sia proprio sano e che, dunque, adattarsi a esso sia più un atto patogeno che non cartina tornasole di salute personale. Alibi in apparenza solido se non fosse che adattamento, oltre a conformazione e rassegnazione, significa movimento per rendere adatto a un uso e a uno scopo, così da scendere dalla torre per lottare corpo a corpo, stile-libero. Non a caso la lotta, beninteso all'interno di precise regole condivise, è fortemente documentata con intento formativo-educativo in tutte le mitologie.

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 30 Marzo 2017 10:38

Perché?

Ce ne faremo una ragione che nell’arrampicare sul ghiaccio s’è rotto l’osso del collo, ma che rende davvero intollerabile una disgrazia, oltre alla specifica gravità, è la possibile accidentalità. Per attenuare l’erosione procurata dall’inesplicabile abbiamo a disposizione qualche strategia, poche in verità:

possiamo esaminare razionalmente le cause della disgrazia, nel farlo solitamente irrompono miriadi di inutili “se” che qualora tempestivamente ottemperati avrebbero evitato la coincidenza che il disgraziato si trovasse proprio in quel posto in quel dato momento. Analisi che considerando il rischio di eventuali similari incidenti futuri prova a prevederli così da proteggersi, ingenuo stratagemma che provando a imbrigliare la casualità nella causalità, prova a circoscrivere nella razionalità la disgrazia già accaduta, per così dire retroattivamente.
Possiamo anche contemplare l’universo che con la sua grandezza ristabilisce l’ordine delle cose relativizzando le vicende dei mortali, interpretando la disgrazia in un rapporto tra gli eventi come parte di un tutto, « la memoria è fragile e il corso di una vita è molto breve e tutto avviene così in fretta, che non riusciamo a vedere il rapporto tra gli eventi, […] crediamo nella finzione del tempo, nel presente, nel passato, nel futuro, ma può anche darsi che tutto succeda simultaneamente » (Isabel Allende, La casa degli spiriti); una sorta di grande funzionamento che se visto nell’insieme risulta armonico grazie a nessi diretti di causa/effetto più o meno lineari, principio metafisico che i filosofi chiamano necessità.
Qualcuno per risolvere l’impasse si da al sofismo «… la ragione dà ragione all'assassino e alla sua vittima. L'assassino e la sua vittima sono inscindibili. “Ti sei interessato a me sino a uccidermi” » (Manlio Sgalambro, Del delitto).
Strategia consolatoria diffusa è quella d’interpretare la disgrazia come Destino, operazione che pur connotando l’imprevedibile ineluttabilità inaudita della disgrazia ne rifiuta il pungolo dell’accidentalità: perché ci sia destino è necessaria una volontà superiore che decida lo svolgimento degli eventi, pertanto un senso, anche se a noi ignoto, da una qualche parte probabilmente alberga. In fin dei conti risulta più tollerabile un Dio cattivo o misterioso che il caso che manco puoi bestemmiare o pregare.
Visto che le discipline arrancano non ci resta che la fattiva vicinanza e la solidarietà reciproca.

Pubblicato in Filosofia di strada

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