Ce ne faremo una ragione che nell’arrampicare sul ghiaccio s’è rotto l’osso del collo, ma che rende davvero intollerabile una disgrazia, oltre alla specifica gravità, è la possibile accidentalità. Per attenuare l’erosione procurata dall’inesplicabile abbiamo a disposizione qualche strategia, poche in verità:
possiamo esaminare razionalmente le cause della disgrazia, nel farlo solitamente irrompono miriadi di inutili “se” che qualora tempestivamente ottemperati avrebbero evitato la coincidenza che il disgraziato si trovasse proprio in quel posto in quel dato momento. Analisi che considerando il rischio di eventuali similari incidenti futuri prova a prevederli così da proteggersi, ingenuo stratagemma che provando a imbrigliare la casualità nella causalità, prova a circoscrivere nella razionalità la disgrazia già accaduta, per così dire retroattivamente.
Possiamo anche contemplare l’universo che con la sua grandezza ristabilisce l’ordine delle cose relativizzando le vicende dei mortali, interpretando la disgrazia in un rapporto tra gli eventi come parte di un tutto, « la memoria è fragile e il corso di una vita è molto breve e tutto avviene così in fretta, che non riusciamo a vedere il rapporto tra gli eventi, […] crediamo nella finzione del tempo, nel presente, nel passato, nel futuro, ma può anche darsi che tutto succeda simultaneamente » (Isabel Allende, La casa degli spiriti); una sorta di grande funzionamento che se visto nell’insieme risulta armonico grazie a nessi diretti di causa/effetto più o meno lineari, principio metafisico che i filosofi chiamano necessità.
Qualcuno per risolvere l’impasse si da al sofismo «… la ragione dà ragione all'assassino e alla sua vittima. L'assassino e la sua vittima sono inscindibili. “Ti sei interessato a me sino a uccidermi” » (Manlio Sgalambro, Del delitto).
Strategia consolatoria diffusa è quella d’interpretare la disgrazia come Destino, operazione che pur connotando l’imprevedibile ineluttabilità inaudita della disgrazia ne rifiuta il pungolo dell’accidentalità: perché ci sia destino è necessaria una volontà superiore che decida lo svolgimento degli eventi, pertanto un senso, anche se a noi ignoto, da una qualche parte probabilmente alberga. In fin dei conti risulta più tollerabile un Dio cattivo o misterioso che il caso che manco puoi bestemmiare o pregare.
Visto che le discipline arrancano non ci resta che la fattiva vicinanza e la solidarietà reciproca.
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Filosofia di strada