Ieri sera nel leggere l’acosmismo che Hegel riscontrava in Spinoza avevo la gradevole impressione di giocare in casa nonostante la mia carente formazione filosofica e la complessità dell’argomento, così ho considerato che se non sono venuto proprio male un qualche merito lo dovrei forse tributare alla formazione avuta da giovane in ambito cattolico.
Era un posto strano e tosto con autorità che t’inoculavano una sorta di “mistica oggettiva”, approccio metafisico che vede la struttura intima della materia costituita da Cristo, un Dio che incarnandosi entrerebbe nella materia costituendola e glorificandola. L’ascesi personale consisteva nell’accettare e permanere in tale concezione.
Teoria bislacca che se acriticamente accettata e introiettata ti potrebbe scompensare di brutto a vita, eppure, nondimeno, teoria che se affrontata filosoficamente - come senza rendermi conto facevo da giovane da quelle parti - invece che subita precettisticamente, può rivelarsi stimolo e opportunità per non glissare riguardo la causa, la natura e il fine della realtà, così da filosofare per inventariarla ontologicamente (che cosa c'è) e indagarla metafisicamente (che cos'è, come è, perché è). Abito che tempo fa avevo indossato in quegli ambienti e mi porto ancora addosso, non posso escludere che me lo sarei messo addosso anche senza la Chiesa e francamente non so di preciso a cosa mi serva, visto che chi glissa su ontologia e metafisica non vive peggio di me (ma neppure meglio), però mi piace, motivo più che sufficiente per tenermelo.