Aggiornamenti
Necessità contrapposta a casualità è roba vecchia, oggi si parla di possibilità. Se le cose stanno così la disciplina per interpretare il mondo è la statistica.
Vie
La via della ragione produce scienza, le vie dell’intuizione, dell’azione e dell’esperienza sensibile talvolta, quelle della fede e del sentimento no, eppure non meno di quella della ragione sono tutte possibili vie per accedere alla realtà.
Possibilità statistiche
Meglio diffidare del clinico che fatta la diagnosi formula una prognosi precisa, in questo suo poggiare su un nesso necessario tra causa ed effetto è medico di stampo ottocentesco, se invece formula un "vedremo”, in questa consapevolezza dell’imprevedibilità del futuro è medico evoluto.
Nelle scienze attuali ciò che deve ancora avvenire non lo si può prevedere, se non come ipotesi che interpreta statistiche storiche di empiriche regolarità e parallelismi tra eventi contigui.
Induzione e riduzionismo
Un certo scientismo formula i funzionamenti ultimi della realtà (che non sa), alla luce di meccanismi e andamenti particolari della realtà (che sa).
Non è chiaro se il metodo porti a formulazioni attendibili della realtà universale o la riduca, ingenuamente, a quei noti fatti particolari.
Deragliamenti epistemologici
Chissà com’è che la stragrande maggioranza dei nefrologi e degli ingegneri meccanici, se ne tornano a casa la sera soddisfatti d’aver curato reni e progettato ingranaggi, mentre non pochi fisici teorici e biologi evolutivi scontenti di particelle e amminoacidi se ne appropriano interpretandoli in versione spiritualistica o atea materialistica[1] e da lì, rubando il mestiere ai filosofi, talvolta anche ai preti, stabiliscono cosa possiamo sapere, cosa dobbiamo fare e che cosa abbiamo diritto di sperare, anche se nessuno glielo ha mai chiesto.
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1 “Lo scienziato ha certamente il diritto incontestabile di dichiarare che il sapere scientifico è l’unico adatto agli oggetti della sua ricerca; ma non può estendere e assolutizzare il sapere scientifico a pretendere che sia considerato come l’unica forma di sapere possibile. Se lo fa, con ciò stesso cessa di far scienza, perché la proposizione ‘non c’è altra forma di sapere che il sapere scientifico’ non è una proposizione scientifica bensì una proposizione filosofica […] egli fa dunque filosofia ma lo fa senza saperlo, cioè fa della filosofia acritica e inconsapevole, insomma della cattiva filosofia”. (L. Pareyson, Verità e interpretazione, pag. 196)
Irrefrenabili tracotanze
Il secondo principio della termodinamica convinto di meritare di più dell'occuparsi di caldaie s'è messo a profetare l'irreversibile fine, per causa sua, d’ogni anima, del mondo, di Dio.
Ritocchi
Creò il mondo ma annoiato dalla ripetitività del suo perfetto funzionare ci ficcò dentro il caso e il libero arbitrio, giusto per avere un po' di suspense.
Esigenza di pensiero
Non possiamo escludere che l’immagine mitica di un Dio eterno, che ci avrebbe creati a sua immagine, sia una umana invenzione per anestetizzare l’angoscia per la personale finitezza, ma quando realizziamo che per finire bisogna prima essere e proviamo a indagare seriamente l’evento, quando empiricamente osserviamo l’evidenza che siamo senza esserci fatti, in corpi che funzionano con meccanismi autonomi da noi stessi, siamo portati a ipotizzare un punto di partenza, un fondamento, un movimento ordinato, una sostanza originaria, siamo portati a indagare un possibile principio causa dell’evento. Possiamo anche azzardare che sia un principio altro e oltre, ingenerabile e incorruttibile, non mossi da paura ma da una insopprimibile esigenza di pensiero.
Considerevolmente performanti
Contrapposto al “so di non sapere” abbiamo l’“adesso ti dico io come stanno per davvero le cose”, disponibile nella classica versione religiosa confessionale e in quella atea materialistica, entrambe considerevolmente performanti nel precludere all’oltre e al darsi di ulteriori possibilità.
Bellezza e moralità personale
Può accadere che un artista violento, oppure con tratti malvagi o perversi, operi bellezza.
La circostanza suggerisce che la bellezza non è generata da qualcuno volta per volta, lì per lì, ma è forse un universale che pre-sussiste in qualche iperuranio platonico, oppure nel cuore immanente delle cose, manifestando la sua gloria indipendentemente dalla moralità dell'artista che la veicola o estrae.
Può anche essere indizio della natura dionisiaca dell’artista; satiro metà dio e metà caprone, o significare che il fruitore è simile all’ape che produce buon miele suggendo nettare anche da fiori velenosi.