Materialismo religioso
«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa». (Dal Vangelo secondo Marco).
Giorno e notte una ottantina di organi del corpo suddivisi in una decina di apparati che si sono costruiti per conto loro funzionano, perlopiù con precisione, rispettando migliaia e migliaia di parametri.
Accadimento superiore, visto che noi non ne siamo capaci, al quale conviene affidarci dall’inizio alla fine.
Dispnea psichica
Il dogma discorsivo ordina che partendo da premesse dimostrabili si concatenino razionalmente enunciati, positivi o negativi, giungendo così a conclusioni logiche.
Davvero giusto. Ma fa bene alla salute?
Introiezioni
Dalla sorgente mica sgorga acqua nativa ma del sottosuolo, così è per il colpo di genio.
Non possiamo escludere che tutto quell’interpretare l’umano pensare come strabiliante momento creativo primo e originale ci derivi dall’aver introiettato il racconto di Dio che crea dal nulla.
Shabbat
Più si investiga e più si conclude di non sapere, strana esperienza mix di interminabile e insieme di meta raggiunta nella quale riposarsi soddisfatti.
Essere e azione = evento
Taglio il prato e si alzano i moscerini e arrivano le rondini, pinguini in miniatura che volano come pipistrelli, una mi vira velocissima a venti centimetri dalla faccia attimo che tutto spiega e risolve.
Noetica di strada
Moriremo e lo sappiamo, ma pur al cospetto della ineluttabile sovrastante imminenza gli abitanti del mondo invece di terrorizzarsi e pietrificarsi tirano dritto abbastanza disinvolti. La spiegazione più immediata, e ritrita[1], è interpretare questa diffusa scioltezza prodotta da rimozione che attiviamo in massa per anestetizzare l’angoscia di non esserci più.
Kafka va oltre: “L'uomo non può vivere senza una costante fiducia in qualcosa d'indistruttibile dentro di sé, anche se quell’indistruttibile come pure quella fiducia possono rimanergli costantemente nascosti. Una delle possibilità di esprimersi, per tale rimanere nascosto, è la fede in un Dio personale”[2].
La fede in un Dio personale è, dunque, una forma un po’ naif di cogliere, svelando e insieme nascondendo[3], questo nucleo personale che percepiamo immortale. Kafka, volutamente ambiguo, lascia in sospeso se tale nucleo sussiste di per sé precedendoci o è invece un nostro artefatto tanto ancestrale e così profondo da costituirci. Di fronte alla morte personale ci vuole tanta fede e una sterminata fantasia per almanaccare che quel quid senziente e pensante, prima dentro a uno specifico corpo e poi non più, sia migrato in qualche paradiso dove, ancora cosciente di se stesso, abbracci i cari che lo avevano preceduto, ma è forse necessaria ancora più fede e più fantasia per sentenziare, opponendosi alla spontanea percezione comune, che quell’io sia definitivamente e irrimediabilmente sparito come se non fosse mai esistito.
Di fatto come sentiamo il caldo e il freddo così abbiamo l’istantanea percezione che siamo costituiti da un nucleo indistruttibile che sentiamo affidabile, è per questo che tiriamo avanti. A ben vedere perché si inneschi l’angoscia di morte dobbiamo prendere iniziativa distanziandoci da questa percezione immediata, innata e spontanea[4] di immortalità, per inoltrarci in paradigmi discorsivi. A volte per infognarsi occorre impegno.
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1 In effetti orfani di monaci domenicani medievali che latrando dal pulpito ci rammentano che dobbiamo morire, così che possiamo prenderne nota, la rimozione imperversa. Devoto irriducibile del memento mori ci è però rimasto Umberto Galimberti che, seppur nuoti in tutt’altro paradigma rispetto a quello dei monaci cristiani, sa esprimere la stessa vis drammatica.
2 Kafka, Die Zürauer Aphorismen.
3 Le narrazioni svelano se narrazioni rimangono, prese alla lettera collassano e nascondono.
4 Noesi la chiamano i filosofi, i bambini nel caso di specie la esercitano in massimo grado percependosi assolutamente immortali. "In verità io vi dico: se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli".
L’orto di casa
In ospedale avevo incontrato un vecchio morente che invece di lamentarsi del suo stato pensava tutto il giorno all’orto di casa (ne avevo scritto qui). Il panteismo dovrebbe essere una esperienza diretta, evidente, immediata e semplicissima come quella di quel vecchio, invece è roba da filosofi monismi che con speculazioni attorcigliate armeggiano forma, luogo, spazio, modi e attributi, nel tentativo di superare ogni dualismo e proporre un monismo cosmico che alla fine, dopo una serie di tripli salti mortali, non di rado risulta piuttosto misterico e quasi sacerdotale.
Strano Dio quello del panteismo, è tutto però lo possono vedere solo certi filosofi.
Forse meglio l’orto di casa, si regge da solo senza bisogno di spiegazioni, consola un po', non produce crampi mentali e lo vedono tutti quanti.
24.000
Ogni tre o quattro mesi taglio l’erba nella banchina della strada provinciale che confina col mio fondo e, ogni volta, affiora la spazzatura gettata dalle auto che passano. Questo pomeriggio in trenta metri lineari ho raccolto, oltre all’immancabile plastica, 16 bottiglie vuote di birra da 33 CL. Ogni quattro mesi in quel tratto ne raccolgo dalle 10 alle 20 bottiglie. Calcolando a spanne, se in trenta metri oggi ho raccolto 16 bottiglie, su trecento metri dovrebbero essercene 160 e su un chilometro possiamo prevedere ce ne siamo circa 500, calcolando le due carreggiate 1.000.
Visto che la strada provinciale in oggetto è lunga 24 km è verosimile che sulle carreggiate siano state gettate in quattro mesi 24.000 bottiglie di birra, migliaio più, migliaio meno, tutte perfettamente stracannate e abilmente gettate anche in tempo di Covid. Buon segno, la vita continua.
Genio assoluto
Nell’antico testo ebraico Shi'ur Qomah, Rabbi Yishmael ha la visione di Dio seduto su un altissimo trono attorniato da schiere angeliche. E che fa il Rabbi al cospetto dell'Altissimo? Gli prende le misure.
Rendiconta che l’altezza totale di Dio è di 236.000 parasanghe [una parasanga corrispondente a circa 600 m], la distanza dal braccio destro al braccio sinistro è di 77.000 e l’occhio destro è lontano dal sinistro 30.000.
Più mi guardo intorno e più mi persuado che non esiste entità più strabiliante di Homo sapiens.
Gloria della materia
Siamo fatti di elementi inorganici che vagavano nel cosmo, allo stesso modo le ceneri del defunto disperse al vento contengono, nella loro materialità, la possibilità di produrre qualcuno.