BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Giovedì, 12 Gennaio 2017 16:35

Schizofasia gesuanica

Nel leggere di Augusto Cavadi «Tenerezza. Hanna Wolff e la rivoluzione (incompresa) di Gesù» Diogene Multimedia, convincente invito alla lettura della trilogia della teologa e psicoterapeuta Hanna Wolff sulla persona di Gesù di Nazareth, pur avendo letto l’intera opera sono stimolato a rileggerla per alcuni passaggi evidenziati da Augusto sui quali avevo frettolosamente glissato, altri snodi cruciali li avevo invece colti nei tre volumi, con un solo momento di disagio per una citazione della Wolff: «Io ritengo che Gesù di Nazaret sia stato il più felice uomo che sia vissuto».[1] Diffiderei di uno così, incapace di cogliere empaticamente l'imperversare della sofferenza intorno a lui.

Considero anche quanto sia difficile interpretare e comprendere i Vangeli, biografie di un tale Gesù, scritte più o meno un secolo dopo la sua esistenza storica. Quanto di autentico? Quanto di aggiunto? Come interpretare correttamente? Dato probabile è che i biografi ci abbiano messo del loro omettendo e aggiungendo, dato certo è che i lettori non siano da meno: secondo Marco, Matteo, Luca, Giovanni e… secondo il lettore: «e si divisero le sue vesti, tirandole a sorte per sapere quello che ciascuno dovesse prendere». Due esempi:

1 «Il solo Vangelo di Matteo parla 23 volte di tenebre, di fuoco eterno, di verme, di Geenna, di pianto e stridor di denti. Gesù era completamente dominato dall'idea dell'inferno. Altro che buona novella! La sua novella è la più spaventosa che mai sia stata annunciata all'uomo. Ma tutti se lo sono scordati. Si dice che Gesù era buono e caso mai è la Chiesa a essere cattiva. Sbagliato. Gesù era cattivissimo. (Luigi Lombardi Vallauri, intervista a l’“Espresso”).

2 «Se Gesù siede alla destra del Padre, Freud siede alla sua sinistra».
L’aforisma è dello psicoanalista Giacomo B. Contri. Cosi lo spiega:
«In un punto il pensiero di Freud - nel suo tendere al pensiero di natura - coincide con il pensiero di Cristo: per ambedue non si tratta di guadagnare Dio ma di guadagnare l’uomo, la logica detta “uomo”. Qui la parola “guadagno” traduce la parola salus in ogni significato. Un credente potrebbe obiettare che Freud non era religioso: certamente, ma neanche Cristo lo era.» (Giacomo B. Contri, «Una logica chiamata “uomo”»).

Certo Gesù di Nazareth era uno strano e biografi ci hanno messo del loro nel descriverlo, i traduttori pure e i lettori leggono e vedono a modo loro. Ma in tutto questo bailamme quello messo peggio sono io che in un mix di ecumenismo e serena dissociazione interna mi trovo in sintonia - con tenui distinguo, tipo Gesù stava alla larga dal sacro più che dal religioso -  con Gesù, con Cavadi, colla Wolff, con Vallauri e con Contri. Anche la versione di Pasolini non era male.

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1 Dorothee Solle, Phantasie und Gehoram, Stuttgart 1968, p. 61 (trad. it., Morcelliana Brescia 1970, p.75 – cit. Hanna Wolff, Gesù, la maschilità esemplare, Queriniana).

Pubblicato in Sacro&Profano
Mercoledì, 11 Gennaio 2017 12:43

Proferire l’indicibile

Andrà pur considerata e anche onorata la mistica, appurato che l’Io capace di argomentare logicamente è nella realtà universale evento, seppur straordinario, davvero parziale per dimensione, consistenza, struttura e durata.

Per frequentare il sacro evitando che ci divori, oltre alle vie della poesia, dell’arte e delle religioni, si potrebbe iniziare da Schopenhauer e Freud, per individuare negli immani, misteriosi e innominabili territori sacri, forze della natura che si autoperpetuano potenti e autonome fuori e dentro di noi: “Volontà” schopenhaueriana, pulsioni freudiane.

Vista la cieca indifferenza di tali forze nei confronti dell’uomo non so se si potrà realizzare una alleanza compiuta dell’Io col tutto, ma individuare tali potenze portandole dall’occulto al manifesto potrebbe rivelarsi un buon primo passo. A ben vedere non sono entità completamente orbe e indifferenti a noi: da dove veniamo se non da loro?

Pubblicato in Sacro&Profano
Martedì, 10 Gennaio 2017 19:34

Il Tram

Pensiero logico-discorsivo assente, io rarefatto dissolto nel tutto, pupille fisse all’insù.
Istantanea di anacoreta in estasi o di ubriacone appena investito dal tram?

Vista la somiglianza forse meglio non concedere troppo alla mistica (e poco ai tram).

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Sabato, 07 Gennaio 2017 16:09

La Berretta

Più salgono di grado e più diventano cretini. Più o meno così diceva dei preti Karl Barth (1886 –1968) teologo e pastore riformato svizzero. Per non mettergli in bocca cose che non ha detto meglio citarlo per bene: «Come si spiega che l’ascesa di un uomo sulla scala delle dignità ecclesiastiche si accompagni sempre a un discesa della sua apertura, della sua agilità mentale e della sua responsabilità teologica?»[1]

La sua annotazione-interrogazione mi attiva improvviso e vivissimo un flashback:
mi ritrovo nel teatro parrocchiale all’inizio degli anni ’70, quando un cardinale invitato in parrocchia, segretario della sacra Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli (Propaganda fide), narrava con enfasi di suoi incontri con tribù di “selvaggi” incontrate in Africa e nelle Americhe. Mentre il cardinale ripeteva banalità il parroco, seduto alla sua sinistra con la sedia piazzata un metro dietro, andava in estasi: più l’alto prelato sparava minchiate e più il parroco serrava gli occhi e plasmava con la boccuccia un sorrisino ebete come rapito da schiere d’arcangeli e musiche delle alte sfere. Nonostante i miei sedici anni ero rimasto basito perché il parroco non era un brocco. Frequentavo con piacere il suo catechismo della Parola il sabato alle 15, unico giovane in mezzo a qualche vecchietta. Il parroco aveva ottenuto la licenza in teologia e quella in sacra scrittura e nelle sue esegesi del Nuovo Testamento ti diceva il testo in aramaico, poi in greco, poi in latino, contestualizzando la Parola nei rispettivi filoni culturali con rigore e semplicità. Invece su quel palco a contatto ravvicinato col cardinale era stato colto da devota conformazione curiale, una sorta d’infantilizzazione, di severa regressione. Per dirla tutta mi sembrava un deficiente. Rapito dalla berretta rossa scorgeva un dio in terra sotto quel copricapo a prescindere da ciò che il prelato enunciava.

Non so se per la valorosa conoscenza dell’aramaico o per quella sua capacità di regredire fino al pre-personale nell’incontrare alti prelati, fatto sta che dopo qualche anno il parroco di paese era promosso prevosto della basilica di San Babila a Milano, poi elevato arcivescovo metropolita di Torino e poi creato cardinale. Non l’ho mai più incontrato e ignoro se la berretta gli abbia cremato un qualche neurone, ma ricordando quel palco e quello che è accaduto dopo ho il sospetto che Barth avesse ragione.

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1 Karl Barth a un convegno su «Battesimo e vocazione», 16 settembre 1966. Citato da Hans Küng, Una battaglia lunga una vita, BUR, pag. 621.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Venerdì, 06 Gennaio 2017 19:55

Amore?

Ho qualche indizio che le beatitudini evangeliche del Discorso della Montagna[1], narrazione rivoluzionaria - chi aveva mai detto robe del genere prima di Gesù di Nazareth? -, non sono dopotutto estranee ad aspetti del naturalismo e neppure alla metafisica dell’amore di Schopenhauer, quella che ci vede inconsapevoli zimbelli della Natura, che ottemperano al suo sommo decreto biologico finalizzato alla perpetuazione della specie.

Forse nessun eroico e amorevole altruismo nel Discorso della Montagna, ma mera efficace strategia, quasi un tecnicismo, per far proseguire l’umanità. 


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1 « Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la Terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli » (Matteo 5,3-12)

Pubblicato in Filosofia di strada
Venerdì, 06 Gennaio 2017 19:06

Impersonarsi

Nell’imbatterci in posizioni di pensiero contrapposte alle nostre invece di attardarci in conflitti teoretici, ideologici, concettuali o dottrinali, un buon metodo per dialogare potrebbe essere quello di evitare qualsiasi astrazione per argomentare attraverso le personali, differenti e effettive autobiografie.

Tra onesti dovrebbe funzionare.

Pubblicato in Filosofia di strada
Venerdì, 06 Gennaio 2017 18:34

Il fornetto

Una fissa architettura di pensiero, tanto sicura da ritenersi indenne da qualsiasi possibilità di errore, dunque di sviluppo, avulsa dal correre il pur minimo pericolo di sbagliare tutto, prima o poi progetterà e costruirà loculi perfetti.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Giovedì, 05 Gennaio 2017 12:39

A che pro?

Giunto a metà della autobiografia di Hans Küng, nel considerare la tormentata conflittualità caratterizzante il suo rapporto con la Curia romana, con estenuanti partite a scacchi durate decenni, giocate camminando sulle uova e guardandosi alle spalle in una sorta di “né con te né senza di te” costellata da vittorie di Pirro, c’è da chiedersi: «A che pro tanto dispendio di energia quando poteva fare sicuramente bene, anzi meglio, da solo?»

Visto che è rimasto evitando di sbattere la porta in faccia all’Istituzione cattolica romana per andarsene e abbracciare una libera vocazione di “cane sciolto”, una qualche utilità nel rimanere l’avrà pur individuata. Considerata la fatica che tale rimanere e appartenere gli ha comportato dovrebbe trattarsi di utilità davvero seria e irrinunciabile. Quale?

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Domenica, 25 Dicembre 2016 17:20

La messa in latino

Ho partecipato alla consueta concelebrazione natalizia pagana, rituale con cenone, tombola e all’ora canonica stabilita l’acquattato arrivo di Babbo Natale con i doni per i bambini. Ancestrale liturgia che i normali adempiono con cadenza ciclica[1] come fanno le stagioni, mentre sporadici anormali - come il sottoscritto - meno saggi, più introversi e complicati, invece di viverla con semplicità in presa diretta la esaminano dal di fuori con altezzosa distanza.

Appurato che per i normali è sufficiente tale approccio magico, dove per ottenere soddisfazione basta e avanza la rituale esecuzione della tradizionale formula liturgica condivisa, osservo che, in ambito cattolico, tutto sommato, poteva andar più che bene per i fedeli la preconciliare messa in latino, visto che ciò che spiega e risolve l’identità storica, sociale (appartenenza) e spirituale dell’individuo non è il personale e consapevole intendere, analizzare ed eventualmente riformulare, ma la semplice ripetitiva accettazione e la formale osservanza di ciò che offre La Casa.

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1 Il ciclo è una sorta di ripetizione, di volta, in volta, inedita, come plasticamente suggerisce una linea a spirale. Gilles Deleuze differenziava, anzi contrapponeva, la ripetizione all’abitudine, valutando la ripetizione «eternità contro la permanenza» (Differenza e ripetizione, Cortina Editore, Milano 1997, p. 9). Per svolgere tale analisi e giungere a questa conclusione suppongo che un po’ “anormale” non abbia vissuto la ripetizione in semplice, inconsapevole, presa diretta, ma ne abbia preso distanza, giusto per osservarla con ottimale messa a fuoco.

Pubblicato in Sacro&Profano
Sabato, 17 Dicembre 2016 12:56

Psicojukebox

Macchina protesi umana: dalla leva al tornio, dalla ruota alla valvola aortica artificiale. In tale allacciamento uomo-macchina l’acme è verosimilmente espresso dallo strumento musicale (oggetto) attivato da mano e/o respiro d’uomo (soggetto), allacciamento oltre che fisico anche psichico e spirituale. Va inoltre osservato che tale netta distinzione tra soggetto e oggetto è, nel caso di specie, tutta da chiarire, in quando risulta già verosimile che un percussionista preistorico eseguiva su “suggerimento” dell’oggetto che percuoteva: lui agiva e quello (l’oggetto) rispondeva a “modo suo” influenzando l’azione dell’esecutore, e nella scrittura del "pezzo", e nell'esecuzione.

Con il passaggio dalla scrittura della musica concreta a quella elettronica e digitale, con campionamento e multicampionamento (polifonia), moduli di sintesi, memoria, sequencer multitraccia, supervisione del sistema operativo, riproduzioni cicliche (loop) di suoni concreti o di sintesi, la distinzione tra soggetto uomo e oggetto macchina appare ancora più labile e nebulosa. In tale caso di scrittura musicale fino a che punto il nucleo formativo della struttura e costitutivo della frase permane solo e sempre squisitamente umano o adempie, invece, alle funzioni intrinseche della macchina, che pertanto diverrebbe autrice dell’opera, o perlomeno coautrice?

Non ho competenze ma se fossi un epistemologo della complessità[1] indagherei da queste parti.

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1 L'antropologo e lo psicologo andrebbero bene per analizzare il feticismo per una Fender, differente problematica.

Pubblicato in Filosofia di strada

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