Giunto a metà della autobiografia di Hans Küng, nel considerare la tormentata conflittualità caratterizzante il suo rapporto con la Curia romana, con estenuanti partite a scacchi durate decenni, giocate camminando sulle uova e guardandosi alle spalle in una sorta di “né con te né senza di te” costellata da vittorie di Pirro, c’è da chiedersi: «A che pro tanto dispendio di energia quando poteva fare sicuramente bene, anzi meglio, da solo?»
Visto che è rimasto evitando di sbattere la porta in faccia all’Istituzione cattolica romana per andarsene e abbracciare una libera vocazione di “cane sciolto”, una qualche utilità nel rimanere l’avrà pur individuata. Considerata la fatica che tale rimanere e appartenere gli ha comportato dovrebbe trattarsi di utilità davvero seria e irrinunciabile. Quale?