BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Sabato, 07 Gennaio 2017 16:09

La Berretta

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Più salgono di grado e più diventano cretini. Più o meno così diceva dei preti Karl Barth (1886 –1968) teologo e pastore riformato svizzero. Per non mettergli in bocca cose che non ha detto meglio citarlo per bene: «Come si spiega che l’ascesa di un uomo sulla scala delle dignità ecclesiastiche si accompagni sempre a un discesa della sua apertura, della sua agilità mentale e della sua responsabilità teologica?»[1]

La sua annotazione-interrogazione mi attiva improvviso e vivissimo un flashback:
mi ritrovo nel teatro parrocchiale all’inizio degli anni ’70, quando un cardinale invitato in parrocchia, segretario della sacra Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli (Propaganda fide), narrava con enfasi di suoi incontri con tribù di “selvaggi” incontrate in Africa e nelle Americhe. Mentre il cardinale ripeteva banalità il parroco, seduto alla sua sinistra con la sedia piazzata un metro dietro, andava in estasi: più l’alto prelato sparava minchiate e più il parroco serrava gli occhi e plasmava con la boccuccia un sorrisino ebete come rapito da schiere d’arcangeli e musiche delle alte sfere. Nonostante i miei sedici anni ero rimasto basito perché il parroco non era un brocco. Frequentavo con piacere il suo catechismo della Parola il sabato alle 15, unico giovane in mezzo a qualche vecchietta. Il parroco aveva ottenuto la licenza in teologia e quella in sacra scrittura e nelle sue esegesi del Nuovo Testamento ti diceva il testo in aramaico, poi in greco, poi in latino, contestualizzando la Parola nei rispettivi filoni culturali con rigore e semplicità. Invece su quel palco a contatto ravvicinato col cardinale era stato colto da devota conformazione curiale, una sorta d’infantilizzazione, di severa regressione. Per dirla tutta mi sembrava un deficiente. Rapito dalla berretta rossa scorgeva un dio in terra sotto quel copricapo a prescindere da ciò che il prelato enunciava.

Non so se per la valorosa conoscenza dell’aramaico o per quella sua capacità di regredire fino al pre-personale nell’incontrare alti prelati, fatto sta che dopo qualche anno il parroco di paese era promosso prevosto della basilica di San Babila a Milano, poi elevato arcivescovo metropolita di Torino e poi creato cardinale. Non l’ho mai più incontrato e ignoro se la berretta gli abbia cremato un qualche neurone, ma ricordando quel palco e quello che è accaduto dopo ho il sospetto che Barth avesse ragione.

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1 Karl Barth a un convegno su «Battesimo e vocazione», 16 settembre 1966. Citato da Hans Küng, Una battaglia lunga una vita, BUR, pag. 621.

Ultima modifica il Sabato, 07 Gennaio 2017 20:18
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