Nel periodo di caccia si aggirano nella campagna cani in branco forse smarriti dai cacciatori o che stanchi d’obbedirgli, o forse nauseati degli schioppi, hanno preferito i loro simili. Scorribandano nottetempo e ammazzano i gatti. Il mese scorso è toccato al vecchio Silvestro, felino mite e saggio. Avevo scavato la fossa e prima di coprirlo osservato l’occhio vitreo e il collo spezzato e chissà da dove improvvisa una domanda:
«Dov’è, ora, quell’essere senziente da te denominato Silvestro?».
Arrancavo nel rispondere con ipotesi tipo «vive nel mio ricordo», «si è disperso come una brezza nello spazio», «si è dissolto nella natura», poi più convinto avevo concluso «non lo so.»
Ieri casualmente passavo da lì, le volpi avevano scavato e Silvestro nel buco non c’era più, lo rinvenivo a una decina di metri smembrato e ripulito dalle gazze, un mucchietto di ossa bianchissime. Al cospetto dell'inorganica gloria ritornava, chissà da dove, la domanda:
«Dov’è, ora, quell’essere senziente denominato Silvestro?».
Noncurante di giudicare la domanda malata nella sua costituzione provavo ancora a rispondere arraccando daccapo, però una certezza l'avevo raggiunta:
il gap tra il Silvestro senziente e quelle ossa era tanto abnorme e incolmabile che conduceva a credere nell’esistenza di un prestigiatore che l'aveva fatto sparire nel nulla, argomentazione davvero priva di qualsiasi logica. Per affermare che l'unica realtà che può veramente essere detta esistere è la materia e tutto deriva dalla sua continua trasformazione è necessario credere all’esistenza di un inverosimile ciarlatano occulto che si diverta nel far scomparire i soggetti, e io una fede tanto grande non ce l’ho.