E’ fiorita la Bidens aurea [un clic sulla foto per ingrandirla], le pennellate centrali giallo neon su fondo bianco non le ha date Dio e neppure un demiurgo, causa di se stesse accadono un po’ per caso e un po’ per legge di natura.
A questo punto davanti alla Bidens passiamo noi, vale a dire nessuno dato che al pari delle piante siamo anche noi prodotti da caso e necessità. Il problema è che da dentro il nessuno che siamo sorge spontanea -chissà come? chissà da dove?- l’immediata autoevidenza di essere qualcuno. Questo qualcuno dice: “Ma che belli ‘sti fiori !” E dicendolo informa la pianta di essere bella. Forse alla indifferente pianta la cosa non interessa, forse la pianta lo sa già d'essere bella, comunque sia non c'è dubbio che noi siamo artefici di una informazione consapevole.
Fuori di noi accade un mondo riducibile a leggi meccanicistiche, invece dentro di noi sorge l’evento di una coscienza individuale consapevole di sé e dell’ambiente, coscienza personale libera e imputabile. Se quardiamo il mondo fuori non c'è alcun io e nessun correlato libero arbitrio, ma non appena quardiamo dentro di noi eccoli sorgere nella loro gloria.
Ma da dove viene fuori questa coscienza personale? That is the question[1]. Senza alcun desiderio di antropocentrismo o nostalgia di un Creatore è la ragione che lo chiede.
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1 Un’ipotesi potrebbe essere che siccome noi siamo coscienti anche la natura potrebbe contenere una specie di proto-coscienza, la teoria è chiamata panpsichismo. E' una teoria antica, in effetti la coscienza come sostrato del mondo, che quindi permetterebbe il manifestarsi della materia (pennellate gialle sulla Bidens incluse) è già affermata nel Vedanta. Se escludiamo la possibilità di un Dio creatore che ci ha muniti di coscienza la cosa sarebbe anche da considerare, il problema è che c’è una diffusa preclusione per certe ipotesi, forse ereditata dal "pretesco" materialismo ottocentesco, che nel suo elidere pezzi portanti di effettività è visione inidonea per spiegare la realtà, ma che come un fiume carsico riemerge di continuo precludendo l'indagare. Mi torna alla mente Carlo Rovelli che nel suo bel libro Elgoland, riguardo la possibilità che la nostra coscienza individuale derivi da una proto-coscienza onnipervadente che ci precede, segava l’ipotesi così: “E’ come dire che, siccome una bicicletta è fatta di atomi, allora ciascun atomo deve essere proto-ciclistico”. Rovelli è una bella persona e uno dei migliori divulgatori scientifici, però per uno che sa perfettamente distinguere e agevolmente districarsi nella complessa ontologia corpuscolare e ondulatoria della realtà, equiparare la coscienza a una bicicletta è cosa piuttosto volgare. Rifiutato il panpsichismo di solito il problema della coscienza non viene considerato se non come epifenomeno. La coscienza viene vista come una specie di accessorio, una sorta di sintomo collaterale che emerge dal cervello, senza però dedurre in che modo la materia di cui il cervello è composto estruda questa strana cosa aliena dall'organo che la produce. Insomma della coscienza non se ne parla e quando se ne parla si balbetta.