Dio personale e creatore; il cosmo come sua rivelazione; l’anima personale immortale dentro un corpo mortale, sono tutte possibilità che non possiamo comprendere appieno e neppure dimostrare con certezza razionale, nondimeno la storia della civiltà ci mostra che sono idee fondanti e imprescindibili. Il problema è che sia le affermiamo giudicandole vere e necessarie, sia le neghiamo dimostrandole inesistenti, sorgeranno gineprai impenetrabili e crampi mentali inconcludenti. Pure Kant si era fermato, concludendo che delle cose in sé non si dà conoscenza. In effetti coloro che a differenza di Kant non si sono fermati, non è che abbiano raggiunto risultati migliori nel loro tirare dritto. Affermare sia l’assoluta verità che la totale inconsistenza di Dio, anima, cosmo, potrebbe portare in entrambi i casi a esiti sopra e sotto le righe, a idealismi o a pessimismi tanto estremi da risultare incompatibili col vivere in questo modo.
Kant però non si è arreso del tutto e ha ripreso Dio, anima e cosmo, non tanto come oggetti conoscibili e che generano conoscenza, ma come idee regolative utili al nostro vivere con gli altri. Un po' la stessa sorte ha subìto il libero arbitrio, quel bizzarro fenomeno -negato non senza buona ragione da Spinoza, Hume, Schopenhauer e Voltaire- che vedrebbe parti del funzionamento naturale diventare spontaneamente anarchiche, così, per forza propria, senza causa precedente, come invece ci sembra di percepire nel nostro scegliere quotidiano, anche se in sé non sappiamo cosa realmente sia questo libero arbitrio e neppure da che parte arrivi. Forse è prodotto da una frizione, da un incidente di percorso, della evoluzione naturale? Oppure da un personale e libero Creatore che ci ha fatti simili a lui? O invece da un panpsichismo e che, dunque, questa libertà alberghi come in nuce nella natura anche se inspiegabilmente svincolata dal suo funzionamento? Ipotesi che non possiamo dimostrare ma che neppure possiamo escludere. Così anche l’inspiegabile libero arbitrio ce lo siamo tenuti come norma regolativa sociale che ci interpreta liberi e dunque imputabili. Insomma dato che apparteniamo al funzionamento naturale non possiamo dimostrare una libertà originaria assoluta, interna all’individuo, tuttavia partendo da quell’ipotesi possiamo costruire sistemi regolativi sociali dove sia tutelata perlomeno la libertà esterna di ognuno (libertà, questa sì, affermabile e dimostrabile), difendendoci così dalle costrizioni che qualcun altro vorrebbe imporci.
Siamo nel tempo dove sta tramontando la domanda del “Cosa posso conoscere?” e imponendosi quella del “Cosa devo fare?”, in fondo anche Gesù Cristo sta seguendo la stessa sorte, passando dal Dio in terra della tradizione a esempio regolativo di buona prassi sociale. Forse sarebbe meglio evitare una cesura[1] tra la le due domande così da non rinunciare a remare ancora, evitando di strafare, verso l’inconoscibile.
_____________________________________________
1 L’etica imperversante del politicamente corretto orfana del cosa posso conoscere e traboccante del cosa devo fare, è un po’ segno di questa cesura.