Carl Gustav Jung nella sua opera “Tipi psicologici” (1921), esaminando la medievale (quanto attuale) disputa sugli universali[1], vedeva quote di verità in entrambe le concezioni[2], aggiungendo che, di fatto, è la psicologia di ogni individuo a optare per l’una o per l’altra concezione, o a mediare realizzando una sintesi di entrambe. Dunque per certe cose[3] non esistono verità fisse, ma processi dinamici che ognuno svolge a modo suo.
Se così è -a me sembra che lo sia- per queste cose un onesto pluralismo dovrebbe accettare come lecite 7.789.813.508 differenti concezioni -quanti siamo al momento al mondo-, adeguandosi in tempo reale a tutti quelli che cambiano idea.
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1 Alberga prima, in, o post le cose, un concreto status ontologico dei generi e delle specie che applichiamo alle molteplici singolarità del mondo reale? Vale a dire “La Bellezza” spoglia di concreti casi di specie, oppure “Il Triangolo” senza gli oggetti triangolari che conosciamo, ci sono per davvero o sono mere fantasie? C’era chi affermava che sono essenze trascendenti reali che se ne infischiano del nostro pensarle per sussistere, mentre altri sostenevano, all'opposto, che sono nient’altro che nomi che noi pronunciamo.
2 Quella del realismo che afferma i generi e le specie essenze trascendenti con realtà oggettiva indipendenti dal nostro pensare, all’opposto quella del nominalismo che invece li interpreta mere emissioni vocali di nomi prodotti dalla nostra mente.
3 Questioni cruciali dato che l'indagine sugli universali coincide con quella su Dio, sull'uomo e sul mondo.