BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Martedì, 09 Maggio 2017 23:15

Il fronte interno

Scritto da 

Alla notizia che un ex membro di un gruppo tradizionalista cattolico aveva intentato causa giudiziaria, per supposta subita perdita dovuta ad assoggettamento, contro i responsabili della comunità religiosa alla quale apparteneva, avevo avvertito una stonatura.

Vero che quando un’esperienza viene valutata, a priori, giusta e utile, ma poi, vivendola, si riveli errata e severamente dannosa, è cosa buona, giusta e legittima, esprimere la personale motivata critica, anche pubblica, dimodoché se un qualche sprovveduto si trovasse all’ascolto non vada, per equivoco - sbagliare significa scambiare una cosa per un’altra - a infognarsi da quelle parti. La dinamica assomiglia al modello matematico validato con una fase di verifica attraverso un numero adeguato di dati sperimentali pubblicati.
Nondimeno alla larga da cause giudiziarie contigue al “soddisfatti o rimborsati”, è cosa altrettanto buona, giusta e sana, l’imputabilità[1] di chi si era infognato, beninteso se soggetto libero, capace di intendere e volere[2].

Onorare ossessivamente il primo fronte glissando completamente sul secondo[3] è ostentare al mondo la propria imperdonabile sciocchezza, e passata, e presente.

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1 Lacan nei colloqui preliminari all’analisi, dava cruciale importanza a ciò che definiva “rettificazione soggettiva": se un soggetto non riconosce preliminarmente che c’è una sua possibile responsabilità nella sofferenza che lo affligge, riconoscendosi, dunque, soggetto invece che oggetto, sarà precluso un percorso di guarigione. Così spiega Massimo Recalcati: « Occorre, dunque, il riconoscimento che nella sofferenza di cui si lamenta, che egli non è solo la vittima di qualcosa che lo affligge o che lo opprime, ma che in questo essere afflitto e oppresso egli riconosce una qualche sua implicazione, una sua qualche responsabilità ».

2 Spero di essermi spiegato, ma a scanso di equivoci ricordo che nel caso di specie d’innocenti minorenni è cosa buona, giusta, oltreché sana, che si auto-imputino i genitori. Nel caso di palese costrizione e violenza, di minori o di adulti, è evidentemente imputabile sempre e solo il carnefice.

3 Quando una relazione termina, il dire peste e corna dell’ex partner è in fin dei conti affermare la propria sprovvedutezza, se si insiste feroci e a oltranza è sottolineare la propria totale deficienza: legge direttamente proporzionale dato che, proprio quello, o quella, si era scelto tra mille.

Ultima modifica il Mercoledì, 10 Maggio 2017 08:16

3 commenti

  • Link al commento emanuela provera Mercoledì, 10 Maggio 2017 13:18 inviato da emanuela provera

    se ho compreso bene il contenuto del pezzo, concordo nel ritenere che ogni vittima abbia una dose di responsabilità nelle vicende dolorose delle quali si lamenta o soffre. in altre parole, nessuno aveva puntato loro una pistola alla tempia, obbligandole a sottomettersi a dei manipolatori da strapazzo.

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  • Link al commento Bruno Vergani Mercoledì, 10 Maggio 2017 18:10 inviato da Bruno Vergani

    “Ogni vittima” è un semplicismo inaccettabile. Ho articolato altro.

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  • Link al commento gianni rotondo Giovedì, 11 Maggio 2017 14:32 inviato da gianni rotondo

    si ha responsabilità a partire da un minimum (o medium) di consapevolezza in poi (di chi si è)

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