Anni fa dopo sei ore d’intervento chirurgico al risveglio avevo più anestesia in corpo che sangue e la coscienza andava e veniva in un istante, come quando si accende e spegne la lampadina del soggiorno. Quando si spegneva, nello sparire vedevo che con me si dissolveva l’intero universo, quando si accendeva, prima tornavo io e immediatamente dopo di me tutto quanto. Avevo, così, dedotto che l’universo esisteva grazie a me e non il contrario.
In quella psicotropa alterazione probabilmente1 esageravo in personale smisuranza al rialzo eppure, siccome di norma il soggetto vale più di un granello di polvere, neppure mi convince l’imperversante smisuranza al ribasso del valutarmi un puntino nell’universo; artificioso rimpicciolimento prodotto e sostenuto da una vaga emozione invece che da precisa, completa, osservazione e ordinato criterio di misura. Peraltro, a ben vedere, tale estrema piccolezza risulta più vicina alla dismisura che al sano senso del limite: soggetto che si dice piccolo mentre, in sottotesto, si vorrebbe immenso. Con tutte le possibili inutili comparazioni (a che pro chi ce l’ha più grande?) perchè la necessità di raffrontarsi e competere con l’universo? Meglio, indifferenti e alle personali e alle cosmiche dimensioni, eco-coalizzarsi rapidi.
1 Ho scritto probabilmente invece che evidentemente perché più di qualcuno, e non solo brocchi New Age, visitano precisi quei territori, Hegel in testa:
«In questo semplice intuire se stesso entro l'Altro, l'esser-altro non è dunque posto come tale; è la differenza a quel modo che nel puro pensare essa immediatamente non è differenza alcuna; è il riconoscere dell'amore in cui i due non si opponevano secondo la loro essenza.» (Fenomenologia dello spirito, La religione disvelata, 'Lo spirito nella sua alienazione; il regno del Figlio')
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Filosofia di strada