Primo mattino tre motoseghe cantano, è arrivata la squadra dei potatori. Scendo nell’uliveto un po’ addormentato, ammiro la competente aggressione alle piante secolari, rapidi non sbagliano un colpo. Uccio, responsabile della squadra, osserva perplesso un ulivo potato da altri la scorsa primavera. Blocca la motosega e sentenzia:
«Non ha preso calci in culo!».
Mi sveglio per chiedergli chiarimenti. Dice che quell’ulivo è potato davvero male e mi racconta la sua storia professionale. Sono 45 anni che pota, a 12 anni lo faceva a mano diretto dal padre, ogni ramo mal tagliato si prendeva un calcio in culo. Dice che così ha imparato rapido e bene.
Penso alle scuole steineriane, alle montessori, ai centri di educazione democratica e libertaria, agli spot contro lo sfruttamento del lavoro minorile e Uccio mi risponde riaccendendo la motosega per riprendere concentrato il suo lavoro. E’ vigoroso come un ulivo, soddisfatto, sano. Io moderatamente confuso.