Nel costruire la parete a secco consideravo la vita degli uomini.
C’è la specchia dove si sistemano pietre di tutti i tipi sparse sul terreno che intralciano il cammino. Lavoro di ordine psicologico, epistemologico e estetico.
C’è, poi, il muro eretto con pietre scelte per forma e dimensione che, quando necessario, vengono ulteriormente squadrate e ridimensionate. Lavoro di apprendimento e messa in opera di materia prima altrui.
Alla fine c’è un terzo movimento, ma lì la metafora mi si è sgarrata perché impossibile nel campo eppure essenziale nella vita, quello del personale implementare pietre inedite.