Poso 10 euro sul banco: «Toscani Extravecchi», rapidi me li danno col resto, giusto il tempo per voltarmi a destra tirato da un crocidare elettronico: un anziano, scarpe lise, pigia bottoni su un cassone dorato. Sopra c’è scritto “Aladin”, appena sotto la scritta un monitor con figure del cazzo che ruotano e gracchiano. Più ruotano più gracchiano, più gracchiano più incantano il vecchio pirla che c’è davanti.
Lo conosco, era un contadino valoroso. Coltivava ceci e fave, potava con maestria mandorle e ulivi. Per ricrearsi si appostava sottovento per sparare alle volpi. Gli piaceva sentirsi più furbo di loro. Gli piaceva vincere. Così avevano fatto i suoi avi da sempre: cacciare per nutrirsi, dinamiche primordiali di attesa, di vita, di rischio, di sconfitta o vittoria. Raggiunta la pensione aveva venduto la casa di campagna e riposti zappa e fucile si era trasferito in paese. Palazzotto popolare.
Forse è meno pirla di quanto appare. Le ragioni delle sue compulsive ossessioni nell’angolo della tabaccheria sono profonde e antiche, finanche nobili. “Aladin” mero equivoco.