L’etnomedicina rendiconta di indigeni sudamericani che, per quieto vivere con i colonizzatori, frequentavano la loro chiesa e si facevano visitare dal medico missionario per poi, di nascosto, ignorarne le prescrizioni e curarsi dallo sciamano;
studenti simulano in classe interesse per i classici che poi a casa buttano in un angolo. Pigri? Irresponsabili? Anche.
Eppure c’è dell’altro in questo disobbedire non liquidabile in categorie meritocratiche e in giudizi di valore tradizionali per, invece, analizzare quella forza che tende a diffidare del sapere Altro e dell’altro, specialmente di nozioni, precetti e catechismi. Socrate ben la conosceva così, nell'insegnare, interrogava abilmente l’interlocutore per aiutarlo a mettere il luce il suo pensiero originale: “maieutica” arte della levatrice.
Lacan ne “Il discorso dell'università” si spinge oltre chiarendo come i tentativi di educare la pulsione (autoreferenziale) falliscono sempre perché c’è qualcosa del godimento singolare di ciascuno di noi che non si consegna al padrone. Governare, educare e psicoanalizzare sono tre professioni impossibili diceva Freud.
Monia Coltella ha elaborato una interessante sintesi del dicorso di Lacan analizzando la figura dell’Isterica:
“... nata per mettere in questione il padrone e per lei il sapere è il luogo di godimento; è alla ricerca di un sapere della verità, non si accontenta del sapere universale della medicina e per questo essa porta ad un nuovo sapere mettendo, come afferma Lacan, il sapere della scienza al puro servizio della verità, diversamente dal discorso universitario che invece rinuncia ad ogni elemento di innovazione e creazione poiché si limita a ripetere servilmente il discorso del Padrone. Il discorso universitario è il modello del discorso della conoscenza razionale.
Questo discorso non riguarda solo l’insegnamento universitario ma ogni pratica discorsiva d’istruzione. Secondo Lacan esso rappresenta il passaggio del discorso del padrone antico a quello moderno. Qui, il saper fare del servo, viene trasformato in sapere teorico (o sapere del padrone), sprovvisto del godimento che gli era proprio come sapere del servo. Lacan parla di questa sottrazione in termini di “furto”. La decadenza del discorso del padrone, che può intendersi anche come un declino della funzione paterna, e il suo rimpiazzo con il discorso universitario, fa sì che la società funzioni come se fosse un università. Così gradualmente, il tecnico, lo specialista hanno rimpiazzato il capo come padrone antico e anche il padre. Secondo Lacan il sapere della scienza si è burocratizzato e la stessa burocrazia cerca infatti di supplire il nome del padre che è in declino. Questo rappresenta il tentativo, condannato sempre a fallimento, di normalizzare il godimento attraverso tecniche che misurano il comportamento, ecc.. Il matema del discorso universitario mostra come, dietro a un tentativo di insegnare una certa conoscenza, c’è un tentativo di comando, governo dell’altro a cui è attribuito un sapere. In questo discorso il sapere è morto, perché si studia l’altro avendo scartato il problema del godimento e della soddisfazione. Il discorso universitario, sotto la forma delle argomentazioni degli esperti, ha cominciato a organizzare ciò che è più intimo nella vita privata e anche ciò che è pubblico; persino i politici giustificano le loro azioni sostenendo che le loro decisioni poggiano sulle conoscenze degli esperti e non perché controllano i fili del potere.
L’isterica è colei che mette in questione il sapere universalizzato per difendere la sua singolarità. In questo senso, il discorso isterico costituisce il rovescio del discorso universitario nel quale il sapere è agli ordini del potere. Lacan rapporta il discorso universitario con la scienza facendo notare la base su cui essa poggia. Tale sapere formalizzato s’indirizza allo studente (o astudato) come oggetto. Il sapere accumulato è un sapere tecnico e comandato dai significanti padroni, perciò ogni verità che punti all’apertura di un sapere, risulta ostacolata dall’imperativo del padrone che spinge ad accumulare più sapere. Come afferma Foucault in “Sorvegliare e punire”, ciò che è proprio dell’”età moderna del potere” è la convergenza tra sapere e potere.”