Prognosi benigna?
Ero rimasto perplesso incappando nell’estratto di una lettera di Freud alla collega Marie Bonaparte:
«Il momento in cui un uomo si interroga sul significato e sul valore della vita, egli è malato, dato che oggettivamente non esiste nessuna delle due cose; col porre questa domanda uno sta semplicemente ammettendo di avere una riserva di libido insoddisfatta provocata da qualcos'altro, una specie di fermentazione che ha condotto alla tristezza e alla depressione.»
Siccome proprio su questo mi attardo non escludo d’essere malato. C’è però da osservare che la frase è stata estrapolata da una lettera e non da un suo saggio e già questo ne depotenzia in parte l’intento universale a favore del contestuale, inoltre la proposizione va collocata all’interno del paradigma psicoanalitico e non filosofico. Per come la vedo è plausibile che Freud si riferisse ad uno che si alza la mattina e invece di vivere il suo esserci nel mondo si crogiola nel cercare un senso all’esistenza, permanendo paralizzato in attesa di una risposta che gli dia un corrispettivo di valore congruo all’attivarsi che mai troverà, in quanto il senso e il valore dipendono non chissà da quale misterioso arcano, ma semplicemente da lui. Immediatezza che non riesce a cogliere perché fagocitato da forze devianti che gli rodono dentro delle quali non è consapevole.
In effetti m’infogno da quelle parti, ma dura poco.
Piattezze
Onoro il progresso scientifico-tecnologico, non escludo che la materia esistente non abbia causa e fine e che l’umanità sia costituita da corpi che funzionano meccanici determinati da cause biochimiche.
Però in me e tutt’intorno vedo anche altro e pure tutt’altro.
Human
Basta guardarsi attorno - però si fa prima visionando «Human», documentario del regista Yann Arthus-Bertrand - per osservare le eterogenee casualità che incontra una persona, dal DNA a dove nasce, dalle opportunità alle sfighe nelle quali incappa vivendo, e pertanto il chiedersi perché gli individui sono differenti è domanda risibile.
Eppure, anche senza necessità di tirare in ballo gemelli monozigoti, c’è meno da ridere - e tanto da indagare - quando nel fare l’inventario di persone nate e vissute nel medesimo ambiente e condizioni simili, risultano malriusciti patentati e soggetti valorosi. Prova provata che la persona poggia su un sovrano e attivo nucleo auto-sussistente, quid sostanziale irripetibile e potente.
Il diritto riconosce a tale nucleo dignità insopprimibile e ci sono differenti nomi per definirlo: Io, coscienza, persona, individuo, ecc., tutto sommato termini un po’ ambigui nel loro mischiare tale centro auto-sussistente con le casualità nelle quali la persona incappa. Probabilmente il lemma “Soggetto” è quello che, nel suo parziale distinguere l’individuo dagli eventi casuali che lo condizionano, indica un po’ meglio quel singolare potere originario causale che ci permette (facoltà) di volere e scegliere (libertà, imputabilità), fino al punto che il soggetto può attivarsi non solo a rapportarsi coscientemente con l’ambiente (intraprendenza, resilienza), ma anche - forse caso unico nella natura - nel modificare se medesimo remando contro innate o apprese tendenze. C’è anche il termine “Anima”, nome un po’ nebuloso che nella post modernità arranca nell’individuare con precisione quel particolare motore che permette l’atto intenzionale e volontario, forse meglio utilizzare la convenzione del nome proprio di persona per enucleare quel centro autonomo che sta alla radice dell’individuazione, grazie al quale un individuo è proprio tale.
La tematica è cruciale, perché se questo centro c’è ne conseguono implicazioni cosmiche.
Regola aurea?
Nell’immaginare e narrare redigiamo statuti a raffica perché qualsiasi storia contiene una morale. Tutti autori legiferanti, da san Francesco a Hitler. Un bel problema.
E così per vivere assieme emancipandoci da miriadi di relatività, dove tutto è vero e non è vero niente, ci mettiamo d’accordo scartando arbitrariamente alcune narrazioni - ad esempio statuendo che stuprare in gruppo polacche sulla spiaggia non si fa - così da sceglierne convenzionalmente altre per espanderle e condividerle.
Qualcosa non torna in questo fluttuare assoluto. Ci sarà pure un qualcosa di più stabile, una qualche oggettiva regola aurea che ci precede sulla quale poggiare e procedere, o anche questa è tutta un’invenzione?
L’Offerta
Su qualcosa abbiamo potere per altre cose pur volendo che accadano così permangono cosà, ma ecco una strategia cattolica davvero risolutiva:
appurata la personale impotenza invece di reagire scomposti, o procrastinare il problema, o infognarsi in una passiva rassegnazione che obtorto collo accetta l’immodificabile mugugnandoci sopra, lo s’interpreta dinamicamente come assoluta e per noi proficua, seppur misteriosa, volontà divina. Tale processo tecnicamente si chiama “offerta”[1].
Tanta filosofia classica fino a Hegel ha fatto più o meno così. Forse funziona.
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1 Mica l’offerta è il prendere qualcosa per donarla a Dio, visto che Lui ha già tutto.
Teatro-tenda occidentale
La Narrazione Ipostatica dell’Autorità
messa in scena, costumi, trucco e parrucco.
PROTOTIPO:
SVILUPPI ATTUALI:
Fuor dai denti
Di tutte le donne che ho conosciuto le più erotiche sono state le suore di clausura che anni fa visitavo. Suonavo alla porta del convento e mi facevano entrare nella loro cappella. Avrei potuto anche essere un serial killer ma mi facevano entrare. Sedevo a meditare alla seconda panca e qualche volta alla badessa piaceva parlarmi da dietro la grata, risento «la sua carica sessuale [che] si espandeva nel locale» (Ivan Graziani).
La capacità di trattenere, di misura[1], è potenza atomica.
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1 Quella che abita all'antipode dell'inibizione.
Apocalypse Now?
Indaghiamo a ritroso la storia del calorifero che abbiamo davanti e lo vedremo, via, via, ghisa fusa, roccia in miniera, svolazzante frammento di cosmo, risaliamo ancora la catena degli eventi e forse lo contempleremo emanato da un sommo ente privo di causa che non ha principio né fine (Aristotele, Scolastica). Però nel risalire scorgendolo pezzo di roccia naturale potremmo anche fermarci lì interpretandolo causa di sé (causa sui, Spinoza). Ecco tutto questo è roba vecchia.
La scienza - in particolare la fisica, teorica e sperimentale - sentenzia che gli enti sono prodotto e nel contempo causa, e chi li osserva soggetto e insieme oggetto. E la filosofia che fa al cospetto di tale sovvertimento? Mostra la corda? E’ già finita?
Domande che appaiono attualissime ma invece già novecentesche e con premesse antecedenti, tutte a cura di filosofi e questo la dice lunga sulla potenza e libertà della materia: esiste un’altra disciplina che contiene e propone ragioni, strumenti e vie, per auto-confutarsi?
Oltre a quei filosofi che hanno invitato ad andare a zappare la terra invece che darsi alla teoretica (cfr. Emil Cioran), già Marx tende a sostituire la filosofia con la scienza, ipotizzandola soppressa nella realizzazione della società comunista. Wittgenstein auspica che i problemi filosofici, specie ontologici e metafisici, siano non risolti ma dissolti, così da evitarci inutili «crampi mentali» e dolorosi «bernoccoli» all’intelletto che sbatte contro i limiti del linguaggio. Neopositivisti e strutturalisti hanno rincarato tale suicidio, Heidegger, Derrida e Rorty talvolta spietati.
Improprio e poco puntuale in questo contesto dire filosofia quando invece sarebbe opportuno dire di filosofie dettagliandole nel merito, ma in ogni caso se la filosofia - e le filosofie - è pensare amando il sapere più la combattiamo con onestà e più la facciamo, per questo permane e permarrà finché l'uomo sarà, perché pensare è filosofare, l'apocalittico «Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene» incluso.
Causa sui
L’uomo è artefice d’inedite realtà, tale abilità immaginativa-narrativa è il più grande capitale di cui disponiamo e insieme il più insidioso, perché possiamo produrre costrutti di bellezza o disastrosi deliri.
C’è un qualcosa di reale, di stabile, di non relativo, che precede questo nostro operare creativo o fluttuiamo su una tabula rasa? Ciò che ci precede è la natura. Ma non è che la natura sia anch’essa una narrazione di una qualche entità che la precede?
In fin dei conti la domanda è irrilevante, l’evento della natura permane mozzafiato anche causa sui, per certi versi ancor di più.
Il Tertium
Il rapporto tra oggetti fisici si svolge perlopiù lineare e suppergiù diretto e così la webcam meteo affissa al palo replica né più né meno ciò che riprende, ma appena nella relazione entra una persona irrompono imponenti complessità.
Cartesio vede la nostra conoscenza del mondo filtrata da un tertium; intermediario costituito da idee e rappresentazioni mentali soggettive e collettive che ci consentono di interpretare, giudicare, rappresentare, narrare, ideare, idealizzare, teorizzare, costituire, istituire, simbolizzare, ecc. ecc., fino ad immaginare, punto nel quale l’oggetto esiste e consiste anche senza l’originale.
Pensare è davvero roba dell'altro mondo.
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Immagine: “Uomo che salta”, Paolo Polli. Un click sopra per ingrandirla.