Indaghiamo a ritroso la storia del calorifero che abbiamo davanti e lo vedremo, via, via, ghisa fusa, roccia in miniera, svolazzante frammento di cosmo, risaliamo ancora la catena degli eventi e forse lo contempleremo emanato da un sommo ente privo di causa che non ha principio né fine (Aristotele, Scolastica). Però nel risalire scorgendolo pezzo di roccia naturale potremmo anche fermarci lì interpretandolo causa di sé (causa sui, Spinoza). Ecco tutto questo è roba vecchia.
La scienza - in particolare la fisica, teorica e sperimentale - sentenzia che gli enti sono prodotto e nel contempo causa, e chi li osserva soggetto e insieme oggetto. E la filosofia che fa al cospetto di tale sovvertimento? Mostra la corda? E’ già finita?
Domande che appaiono attualissime ma invece già novecentesche e con premesse antecedenti, tutte a cura di filosofi e questo la dice lunga sulla potenza e libertà della materia: esiste un’altra disciplina che contiene e propone ragioni, strumenti e vie, per auto-confutarsi?
Oltre a quei filosofi che hanno invitato ad andare a zappare la terra invece che darsi alla teoretica (cfr. Emil Cioran), già Marx tende a sostituire la filosofia con la scienza, ipotizzandola soppressa nella realizzazione della società comunista. Wittgenstein auspica che i problemi filosofici, specie ontologici e metafisici, siano non risolti ma dissolti, così da evitarci inutili «crampi mentali» e dolorosi «bernoccoli» all’intelletto che sbatte contro i limiti del linguaggio. Neopositivisti e strutturalisti hanno rincarato tale suicidio, Heidegger, Derrida e Rorty talvolta spietati.
Improprio e poco puntuale in questo contesto dire filosofia quando invece sarebbe opportuno dire di filosofie dettagliandole nel merito, ma in ogni caso se la filosofia - e le filosofie - è pensare amando il sapere più la combattiamo con onestà e più la facciamo, per questo permane e permarrà finché l'uomo sarà, perché pensare è filosofare, l'apocalittico «Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene» incluso.