Disperazione grammatica
Se n'era fatto una ragione, non poteva procrastinare ancora, doveva conformarsi alle Linee guida per l’uso corretto del genere. Una mail che stava per scrivere ad un gruppo di amiche e di amici era la buona occasione per mettersi alla prova, finalmente quel suo desiderio di emanciparsi da cripto misoginie ereditate poteva tradursi in grammatica e sintassi e migliorare un po' il mondo.
Mosso da abitudine e ingenuità stava per attaccare con il solito “Cari amici”, che come la costola di Adamo include convenzionalmente il femminile. Incipit subito scartato perché evidente dissemetria grammaticale che tradisce le Linee guida rafforzando la disuguaglianza di genere, oltreché risultare irrispettosa delle differenze. Aveva ipotizzato di ribaltare la faccenda cominciando con un “Care amiche” che includesse convenzionalmente gli amici, ma aveva lasciato perdere non tanto perché rasentasse la misandria, ma perché pochi avrebbero compreso visto che la convenzione non era ancora stata condivisa e ratificata.
Così aveva optato per un “Care amici, care amiche” che, già che c'era, aveva sostituito col più garbato “Care amiche, cari amici”, ma si era subito accorto che erano opzioni insidiosissime perché poi, nello svolgersi dello scritto, avrebbe dovuto mantenere coerentemente la ripetizione in ogni passaggio e sarebbe bastata una minima svista perché gli scappasse un aggettivo, un pronome, o un articolo maschile non correlato dal femminile, e poi con tutte quelle ripetizioni lo scritto si sarebbe appesantito assai. Però nonostante le insidie e gli appesantimenti era sempre meglio dell'iniziare con gli espedienti burocratichesi Cari/e; Care/i; Car-i/e; Car-e/i, o gli androgini Car*; Car@; Carissim* Carissim@.
Esausto aveva tentato tutt’altra via evitando e occultando, come fanno il ladro e l'evaso con la guardia, qualsiasi contenuto avesse a che fare, o anche solo evocasse, faccende di genere. Un limbo grammaticale abitato da angeli asessuati e da impersonali putti con foglie di fico in mezzo alle gambe, neutralità che termini come Individuo, Soggetto e Persona permettevano, ma ingessato al punto da non poter più esprimere ciò che voleva davvero dire aveva lasciato perdere e quella mail non fu più scritta. Divenne devoto a san Paolo folgorato da un passaggio della Lettera ai Galati: «Non c’è giudeo né greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno solo in Cristo Gesù».
Gastrophysa viridula
Ha ingurgitato le verdi foglie della melissa, le ha traforate di brutto e la melissa è mezza morta, non so se si riprenderà.
Eppure l'essenza della pianta invece di andar perduta ha preso più intenso colore e nuovo movimento migrando nell’insetto.
Se le cose stanno così non è escluso che, anche noi, schiattando migreremo in nuove intensità e moti. Il verde shocking non è garantito.
Etica e tempo
Plausibile che il tempo non esista perché apparizione e umana convenzione prodotta dalla relazione tra accadimenti.
Tuttavia dalle nostre parti da un punto di vista etico, tempo sì, tempo no, poco cambia. Una ingiustizia che sia temporale o atemporale ingiusta rimane nel suo accadere.
La fossa
Nello scavare la fossa, mica la mia ma per realizzare un laghetto, una picconata apre una pietra e, primo uomo nell’universo, ammiro l’immacolata calcite mesozoica che la compone.
Dicono che l’inorganico permanga indifferente all’umana ammirazione, però non hanno ancora fornito le prove.
Mentalità
Come gli stili di vita modificano il corpo procurando obesità o magrezze, calli alle mani o alluce valgo, i neuroscienziati hanno appurato che i pensieri plasmano biologicamente il cervello; dopo trent’anni di lavoro un pescatore avrà l’organo del cervello un poco diverso da quello d’un carabiniere prossimo alla pensione. Oltre alle professioni non poco fanno le frequentazioni, il visto alla TV e Internet, le letture e le omesse letture. All’inizio di una esistenza è perlopiù faccenda di ambiente e DNA, ma più viviamo e più abbiamo il cervello (organo) che meritiamo -forse vale anche per la faccia.
Quasi impossibile emanciparci da personali sistemi concettuali e interpretativi parziali o errati se, col trascorrere degli anni, si sono incistati al punto da diventare costituzione corporea. Danno irreversibile? Forse no, mi sono imbattuto in una felice indicazione per mantenere -se ottemperata tempestivamente e accidenti permettendo- un bel cervello e sinapsi gagliarde, recita così: «de-ideologizzare l’esperienza quotidiana». (Martín-Baró)[1].
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1 “Una Psicologia della Liberazione ovvero una liberazione della psicologia”, Augusto Cavadi, Dialoghi Mediterranei. Vedi qui. L’articolo tratta la “relazione tra alienazione personale e alienazione sociale, tra controllo individuale e potere collettivo, tra la liberazione di ogni persona e la liberazione di tutto un popolo”. Nel passaggio citato dell’articolo si evidenziano i pregiudizi ideologici che introiettiamo dall’ambiente sociale attraverso i media. L’esempio di questi giorni ne è la prova, cambiando governo sono mutate con esso le emergenze degli italiani, o meglio le loro percezioni e l’immigrazione non è più al primo posto.
Menomazioni?
Per chiedersi perché c’è il mondo, io, gli altri e a cosa servano, è necessario meravigliarsi del loro esistere.
Ad alcuni accade da subito ad altri mai.
Oltre la posologia emozionale
Omero, Esiodo, poeti gnomici: nella Grecia antica la narrazione è stata propedeutica alla filosofia; a ben vedere anche noi abbiamo imparato a concettualizzare istituendo storie, e non solo nell’infanzia. Ecco un frammento da quel mondo antico che, come un girino sta diventando rana, è un po’ racconto e già concetto.
«E gioisci delle gioie, addolorati dei mali, ma non troppo». (Archiloco, Frammento 67 D).
Detta oggi, estrapolata così, esprime una nota di humour[1] in quel secco ironizzare le esaltazioni e le tragedie individuali, oltreché esprimere i notori concetti del limite e della giusta misura, leitmotiv della classicità greca.
Ma c’è di più. Oltre all’esortazione del prendere distanza da noi stessi attraverso la prescrizione di posologie emozionali che evitino esaltazioni e depressioni, l’affermazione, implicitamente, ci invita a riferirci a qualcosa di più importante del nostro gioire e addolorarci, a un distacco da noi stessi perché oltre c’è di più e di meglio[2]. Archiloco, infatti, conclude proponendoci un compito, Il compito: «Riconosci qual vicenda regge gli uomini». Si può anche rispondere non lo so, ciò che conta non è la risposta ma quel salvifico relativizzarci che la domanda muove.
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1 Nel ripetere quel vivi pure le tue gioie e i tuoi dolori “ma non troppo” si attiverà, al pari di una battuta di Camilleri, una forza ignota che ci farà sorridere. Si sa, tra le godurie supreme la liberazione da sé è ben piazzata, l’orgasmo docet.
2 Tipico della tradizione giudaico cristiana questo relativizzare il mondo dal «Vanitas vanitatum et omnia vanitas» e «Nihil sub sole novum» del Qohelet, fino al «Passa la scena di questo mondo!» della prima lettera di Paolo ai Corinzi, che estranee al solco pessimistico e nichilistico annunciano e indicano gloriose dimensioni, oltre.
Pianificazione mattutina
Eccolo svegliarsi con quello strano modello concettuale incistato ancora in testa: pianificare il raddrizzamento delle curve invece del percorrerle così come sono.
E’ nato già così o qualcuno il modello gliel’ha ficcato dentro?
Bollicine (0,0000000001)
Domenica eravamo più di cento a osservare frutti rari nel conservatorio botanico. Ci pestavamo i piedi e sembrava che il mondo fosse tutto lì, ma il mondo faceva tutt’altro. E che faceva?
Era allo stadio, a messa, con parenti e amici ad abbrustolire salsicce su un barbecue e non troppo lontano un gruppo di fedelissimi partecipava a una mostra canina convinti che il mondo fosse tutto lì.
Logos
A che velocità scorre il tempo? Tempo, coscienza, essere, necessariamente sussistono per mezzo di qualcosa d’altro, senza relazioni sono astrazioni che comunque il pensiero coglie.
Oltre a vedere l'astratto il pensiero può pensare sé stesso. Il pensare è probabilmente l’unico processo che in questo universo sta in piedi da solo.