Il bus era in ritardo e avevo passato lo stretto alle tre del mattino, salito in coperta il mare era grosso, manco un’anima, vento, pioggerellina tagliente. Nel buio pesto le luci equidistanti di Messina e Reggio, sopra il cielo, sotto l’abisso e una voce -non so se dentro o fuori di me- che proclamava epifanica: “Qui è iniziato tutto”, (il mondo intendeva).
L'avevo sentita altre volte, poche, nell’attraversare un ghiacciaio in alta montagna e a oriente in un meleto sulla riva del fiume, mai in un museo o in una cattedrale.