novella Il Fungo
Anni '80 Argentina. Una famiglia torna a casa dalle vacanze estive. Padre, madre e la figlia di tre anni percorrono in auto i quattrocento chilometri di rettilineo che congiungono Mar del Plata a Buenos Aires. La bambina piange, serve una sosta. Seduti ai bordi della strada, mangiano qualcosa. Ammirano la pianura sconfinata. E' tornato il sereno dopo il temporale del giorno prima. Migliaia di piccoli funghi, cresciuti nella notte tappezzano i campi. Ripartono. La bambina vomita. Diventa fredda. Si fermano nel primo paesino. Il medico condotto li rassicura, non è niente. La madre racconta dei funghi, ma il medico garantisce che i funghi di quelle parti non sono velenosi. Arrivano a Buenos Aires. La bambina è in coma. Diagnosi avvelenamento acuto da Amanita phalloides. Serve un trapianto di fegato. La madre è compatibile. Asportano una sezione di fegato alla madre per impiantarla alla figlia, ma la bambina muore durante l'intervento. La madre è colpita da una infezione post operatoria e muore dopo una settimana. Il marito fa causa al medico condotto. Il perito botanico conferma che i funghi presenti nell'area studiata non sono velenosi, trattasi prevalentemente di Amanita caesarea e la possibilità di incontrare Amanita phalloides sono una su cento milioni. Assolto.bruno vergani
memorie di un ex monaco TESTO COMPLETO
novella Il Musicista
IL MUSICISTAdi bruno verganiPeriferia di Milano. Luigi ha dodici anni e suona il pianoforte. Da grande vuol fare il musicista ma il padre lo vuole ragioniere. Luigi non ci sta sceglie il liceo classico, poi si iscrive al conservatorio di Milano e si diploma a pieni voti in composizione. Trova impiego precario come esperto musicale in scuole elementari. Due ore il martedì a Seregno, tre ore il mercoledì a Busto Arsizio e tre ore il giovedì a Saronno. Quanto guadagna lo spende in benzina, ma non si scoraggia perché da tempo ha presentato domanda di assunzione a una cinquantina di conservatori e prima o poi qualcuno lo chiamerà. Nell'attesa, siccome la fidanzata vorrebbe sposarlo e metter su famiglia costa, nei giorni liberi dall'insegnamento musicale lavora nel piccolo studio di consulenza del lavoro del padre, e si diploma ragioniere in una scuola serale.Finalmente la musica, quella seria, lo chiama. Conservatorio di Cagliari. Sei ore di supplenza a settimana per l'intero anno accademico distribuiti in tre giorni. Sperava di più, ma così può continuare il suo lavoro nello studio del padre e risparmiare per il matrimonio. Il volo settimanale Milano Cagliari gli costa esattamente quanto guadagna al conservatorio, ma non molla. E' fiducioso che vadano a buon fine la richiesta di trasferimento che ha presentato al conservatorio di Milano e specialmente quella recente domanda al Ministero della educazione, dove chiedeva di essere trasferito in qualsiasi conservatorio purché più vicino a casa. Allegro ma non troppo Luigi si sposa e arriva il primo figlio, il trasferimento no. Continua a fare il ragioniere e il pendolare della musica, finché dopo quattro anni arriva una raccomandata dal Ministero. E' il trasferimento: da Cagliari a Sassari. Eh si, la burocrazia è infallibile, in linea d'aria Sassari è più vicina a Milano. Peccato che a Sassari non c'è l'aeroporto. Luigi ha quarant'anni ma non demorde. Ogni settimana prende l'aereo e percorre, con un'auto a noleggio, i duecentotrenta chilometri che separano l'aeroporto di Cagliari dal conservatorio di Sassari. Spende più di quanto guadagna da quelle supplenze, che però gli alzano il punteggio che forse gli faciliterà l'assunzione al conservatorio di Milano. Fa prima a morire il padre che ad arrivare il trasferimento a Milano e Luigi, siccome deve campare, rinuncia alla musica per dedicarsi a tempo pieno a salari, paghe e contributi. Ma c'è un problema. Non è iscritto all'Albo dei consulenti del lavoro e senza iscrizione non può esercitare. Per essere abilitato, non basta essere figlio di chi ha già svolto la professione, occorre superare degli esami in regione. Si iscrive per la prova scritta in compagnia di milleduecento aspiranti che ambiscono ad ottenere le centocinquanta licenze annue che la regione Lombardia concede. Bocciato. Riprova, bocciato. Ritenta bocciato. Sono passati tre anni e Luigi per mantenere la famiglia lavora come dipendente in un altro studio. Si ripresenta all'esame per la quarta volta. Risponde meglio di tutti, ma viene classificato non idoneo. Tutto da rifare. Però nei corridoi della sede d'esame girano voci che in alcune regioni italiane, specialmente al sud, i candidati non sono così numerosi e forse è possibile superare gli esami. Ma come fare? Per sostenere l'esame di abilitazione occorre legalmente risiedere nella regione sede degli esami e Luigi non può lasciare famiglia e lavoro per trasferirsi in meridione. Però al sud conosce qualcuno. Giuseppe, non ricorda se Riccardi o Ricciardi il suo compagno di banco delle medie, quello originario di un paese dal nome che non si dimentica, Acquaviva delle Fonti in provincia di Bari. Sono quarant'anni che non sente l'amico, ma sa che è ritornato dove era nato. Nell'elenco telefonico della provincia di Bari Acquaviva delle Fonti c'è per davvero e ci sono anche sei Giuseppe Riccardi, ma nessun Ricciardi. Chiama il primo della lista e gli risponde il compagno di banco in persona. Luigi spiega e Giuseppe ascolta senza mai parlare, poi dice tre parole: non ti preoccupare. Luigi non sa come, ma senza far nulla e senza mai essere stato in Puglia dopo cinque giorni risulta residente nel barese e immediatamente convocato dalla regione Puglia per sostenere gli esami di consulente al lavoro. Miracoli del sud. Si presenta. Idoneo. Adesso Luigi fa il consulente del lavoro nello studio che era di suo padre. In paese i clienti rimpiangono il papà, lui si era un lavoratore non come il figlio che alle cinque del pomeriggio ha già chiuso lo studio. A quell'ora di ogni giorno Luigi è nella palestra della scuola per le prove del coro parrocchiale. Pezzi polifonici scritti da lui, con alcuni passaggi riadattati e semplificati perché riesca a cantarli l'unico tenore di cui dispone, il portalettere del paese.
video ENTRONAUTA note di regia
Sinossi : Bari luglio 1999. Un corpo in un appartamento. Stava lì mummificato da dieci anni, ma nessuno si era accorto di vivere vicino ad una mummia.La notizia di cronaca conduce il protagonista ad indagare sul significato ultimo dell’esistenza. "Entronauta" note di regia di bruno verganiSettembre 2001 Turchia. L'amica Isabella Di Soragna adocchia in una camera d'albergo una vecchia pagina di Panorama. Legge e la conserva. Al ritorno nella sua casa in Svizzera mi invia il soggetto dell'articolo:Vito Carella, l'uomo che fu trovato morto dopo cinque anni - per la sua vita 'insignificante' .Isabella aggiunge "per me con un valore immenso !" Non comprendo più di tanto, ma spinto dalla stima per Isa ed intrigato dalla strana storia sospendo i consueti impegni quotidiani per affrettarmi nella ricerca in Internet. Pochi secondi e dall'universo WEB appare il testo integrale. Racconta della scoperta avvenuta a Bari nel luglio del 1999 di un corpo in un appartamento. Stava lì mummificato da cinque anni, forse dieci. Ma nessuno si era accorto di vivere vicino a una mummia. Evidente lo squallore delle nostre città, dei palazzi, dei nostri sguardi egoisticamente assenti che scivolano distrattamente su una vita o una morte.Prendo parte allo sdegno, ma subito mi fermo perplesso. Vito Carella non voleva essere cercato, guardato o catalogato all'anagrafe. Forse per lui questa rarefazione é stata una libera scelta. Non ha inscenato drammi come quella ragazza di 26 anni di Seattle, Stato di Washington, che voleva suicidarsi, buttandosi giù da un ponte, ma non ne aveva il coraggio. Quattro ore è rimasta sulla spalletta del ponte, dritta in piedi, tremando e piangendo. La polizia non sapeva come fermarla, aveva bloccato il traffico, incanalando le auto su una sola corsia. Ebbene: i guidatori di queste auto, rallentate dalla suicida, imprecavano: "E buttati subito, falla finita, ma lasciaci passare". La stessa polizia dice di aver provato vergogna. Dopo quattro ore la ragazza s'è scagliata giù, quaranta metri di volo. Ossa, braccia, gambe rotte; è in coma, non si sa se vivrà. Per Vito è invece un'altra storia. E' stato proprio lui a voler vivere e morire così, per niente avrebbe voluto zelanti assistenti sociali a sorreggerlo o i parenti ad infastidirlo.Non procurava molestia alcuna per questo nessuno desiderava escluderlo o ghettizzarlo. E' stato lui a scegliere di diventare invisibile.Questo suo morire da vivo non è evidentemente sanabile esortandoci a diventare più solidali. Neppure biasimare il contesto sociale risponde al giudizio che da quella salma si diffonde implacabile, come il suo puzzo, su tutti noi.Il caso esige risposte radicali e intimamente sovversive.L'omino di Bari altro che emarginato, l'assenza da vivo, consapevolmente e volutamente abbracciata, rievoca un monaco Zen e per questo la sua icona da morto attualizza miti ancestrali. Soli di fronte al Destino è un fatto che ci riguarda.Lui al pari di un Saniasi indiano ha preferito non accettare l'appagamento dei desideri che strappati al mondo sono appena simile all'elemosina, che oggi tiene in vita il mendico perché domani ancor soffra la fame. La sua rassegnazione somiglia invece alla proprietà ereditata, che libera per sempre il possessore da tutte le angustie.In lui la volontà appare allora libera, ma la sua condotta diviene opposta al comportamento comune.la negazione della volontà di vivere, la quale è quel che si chiama rassegnazione completa o santità, proviene sempre dal quietivo della volontà, ossia dalla cognizione dell'intimo dissidio a questa inerente, e della sua essenziale vanità, che si manifestano nei dolori d'ogni essere vivente.Alla fine l'Icona del destino era là mummificata nell'appartamento a fianco il nostro, contigua al televisore e all'impianto stereo a tutto volume. Separata soltanto da un'esile parete divisoria in tufo di venti centimetri. Stabile ed impassibile nell'osservare le nostre frenesie umane.Vito ha realizzato la sua vocazione da vivo e da morto: una cerimonia in chiesa, un loculo al cimitero? No grazie preferirei di no. Non accetto d'essere anche in questo omologato, teneteveli per voi i riti pacificatori. Io il destino ve lo butto in faccia spoglio da mediazioni consolatorie. Vito era come una telecamera che ti osserva senza giudicare, che testimoniava del reale, senza commenti, pareri ed opinioni. In fondo lui esisteva eternamente nell'assenza di vita, che si è trasformata fluidamente in morte, in eterna scomparsa. La sua puzza in decomposizione é stato l'unico contatto temporale col mondo. Il suo modo di parlare. Paradossalmente, la natura l'ha beffato, restituendogli prepotente presenza anonima in quel tanfo senza nome. Si è inabissato nella materia.In vita era impersonalmente consapevole, senza alcun senso di giustificazione, potrebbe apparire piuttosto negativo, ma non è negativo. Dopo tutto se vogliamo comprendere qualcosa dobbiamo avere un atteggiamento passivo. Non possiamo mantenere il pensiero fisso su di un problema speculando e analizzando.Dobbiamo essere abbastanza sensibili da percepirne il contenuto, come una pellicola fotografica.In questa dinamica Carella ha rifiutato le relazioni umane. Relazione non è però sinonimo d'integrazione. Un monaco solo nel deserto verosimilmente è in relazione col tutto più di un pendolare milanese nella calca del metro. Il desiderio volontario di sparire da vivi, inteso come rifiuto d'integrazione sociale, è più diffuso e desiderato di quanto appaia. "No grazie preferirei di no" si può attuare in mille modi, dall'uso di sostanze psicotrope al rinchiudersi in un monastero di clausura a sparire nel virtuale. Grazie ad Internet non si esce da casa neppure per fare la spesa: si puo' fare anche quella nella rete. E nel simulmondo c'e' tutto quello che serve, a dannatissima portata di mano: le donne (gli uomini), le informazioni, il gioco, le immagini. E Il tempo passa in fretta e senza troppa noia. E non ci sono caldo e freddo, bellezza e bruttezza, lavoro e sudore, pioggia o bel tempo. Le migliori menti della nostra societa' occidentale hanno deciso di sparire.Nauseate da quello che chiamiamo mondo reale non hanno più voglia di cercare di cambiarlo come succedeva negli anni sessanta. Semplicemente lo ignorano. Il mondo "reale" per loro non c'e' più. Idoneo alla sparizione da questo mondo anche il DMT l'ultima novità nel campo degli allucinogeni. Dicono sia pericoloso solo se hai paura di morire per lo stupore. La sostanza non sembra influire sulla mente. In altre parole, non cambi, non diventi una persona più gentile, né ti perdi nel filo di saliva che ti scende dall’angolo della bocca mentre te ne stai seduto. Tu non cambi. E’ il mondo che viene completamente sostituito istantaneamente. Virtuale e sostanze psicotrope procurano, in ogni caso, sparizioni soggettive. Ti credi sparito, ma intanto tutti ti osservano. Sparizioni volontarie oggettive, anche nella forma, si possono invece attuare ritirandosi in un convento di clausura scegliendo la povertà come opzione di libertà da cupidigie, accumuli ed egoismi. Quanto minore è la quantità di possesso e compagnia, tanto maggiore si staglia l'autenticità della personale identità.Ma anche in questa ipotesi rimarrà ancora qualche parente a casa che ti pensa e un po' d'amici che, da lontano, ti ammirano. Per di più, anche nella clausura più estrema, vivrai all'interno di regole e ambiti comunitari.L'abilità geniale ed acuta di Carella, rispetto alle prassi consuete di rarefazione volontaria passiva, appare dunque evidente. Lui se n' é andato rimanendo. Senza ingurgitare molecole psicotrope, scansando computer, eludendo voti di castità. Dissolvendosi nella sua Bari, senza nemmeno cambiare domicilio. Opera davvero intricata trasformare un appartamento barese in un palco beckettiano, com'è possibile attuare "tecnicamente" l'impresa?Per prima cosa occorre essere percepito dagli altri come soggetto del tutto integrato, "normale" che per la società odierna significa non essere causa di seccatura alcuna.Il pregiudicato, il tossico, l'omosessuale o semplicemente il malato o il povero lercio seminerebbero innumerevoli indizi, promuovendo una potenziale diffidenza, che è poi una forma d'attenzione.E' probabile che se al primo piano di Via Ravanas fosse abitato, invece di Vito, un drogato noto scippatore, nonché ricoverato un paio di volte per overdose nel vicino ospedale, ebbene, in tal caso sarebbero stati sufficienti pochi giorni, forse ore, d'assenza per scatenare tutto lo zelo civico dei condomini con conseguente arrivo fulmineo di un paio d'assordanti volanti, seguito da repentino scardinamento della porta dell'appartamento per mano di energumeni vigili del fuoco.Una volta attuato il progetto di mimetismo sociale, opera alla quale Vito a consacrato accuratamente numerosi anni di accanito impegno, occorre poi impegnarsi nella relazioni umane, quel tanto che basta per sopravvivere. Approcci rigorosamente strumentali, come parlare al fruttivendolo soltanto per acquistare mele. Contatti rapidi ma non nevrotici. Bisogna dar l'impressione che si avrebbe piacere di soffermarsi, ma che non ci si può attardare a causa d'impegni urgenti ed improcrastinabili. Opera inattuabile in ambiente rurale, agevole in quello urbano. "Spiacente ma preferirei di no, devo andare, mi sono successe alcune cose" e gentilmente si dileguava com' era venuto.Poste le colonne del mimetismo sociale e dell'evitare relazioni intime ora occorre vedersela con i bisogni primari. Carella ha avuto la strada spianata: una piccola rendita e l'appartamento avuti in eredità.Ultimo passo la burocrazia. Soluzione: annientare il superfluo. Banditi telefono, TV, conto corrente, pensione, riscaldamento centralizzato. Stringi, stringi e ti resta l'energia elettrica e l'acquedotto che paghi in contante alla posta, prelevando le banconote arrotolate dal barattolo del caffè. Rimarrebbe ancora la dichiarazione dei redditi relativa alla rendita catastale, (l'ICI probabilmente non era ancora in vigore quando Carella era in vita) una cifra irrisoria, che Vito verosimilmente non ha mai versato e la cui pratica si è evidentemente dileguata nei meandri della burocrazia barese. A quel punto si tratta solo di mettere in atto qualche piccola attenzione, evitando di sporcare i pochi gradini ed il pianerottolo in modo che la vicina pulisca senza lamentarsi. Togliendo il nome dalla propria casella postale condominiale per offrirla al vicino, tanto poi se arrivasse della corrispondenza il postino la infilerebbe sotto la porta.Tutto è compiuto. Ora puoi lasciarti crepare. Allorquando, perché cadavere, non pagherai l'energia elettrica, dopo il primo avviso d'insoluto riposto sotto la porta, arriveranno i tecnici dell'Enel, suoneranno due, forse tre, volte e poi taglieranno i fili. Eccellente; la tenue lampadina dimenticata accesa nel bagno e visibile nottetempo dalla strada non desterà mai più attenzione e sospetto alcuno. Stessa sorte per l'allacciamento idrico. Chiuderanno il rubinetto.Ed i vicini? Disinvolti penseranno, per un momento e con indifferenza, che ti sei trasferito.Poi i fetori. Siamo realisti, come almanaccare che originino da cadavere umano? Il sipario si chiude e l'unico commento adeguato rimane il silenzio.Non sappiamo se Vito abbia trascorso un'esistenza serena. E' plausibile visto che non si attardava in accanimenti, rabbie e lamenti.Troppo comodo? La quiete consapevole di Vito nulla ha che fare con un atteggiamento tranquillo e l'ignavia.Si avvicina piuttosto alla consapevolezza passiva degli eretici quietisti. Nel panorama spirituale secentesco, permeato per un verso dalla necessità di ravvivare il sentire religioso, per un altro da accese controversie intellettuali coinvolgenti i piani della morale, della dottrina e della teologia, s'inserì, con peculiarità diverse dagli altri movimenti filosofico-religiosi, il Quietismo. Sulla scia del risveglio mistico dei secoli precedenti riemerse un’antica forma di preghiera, l’orazione mentale od orazione in quiete, che divenne il valore centrale e peculiare della pratica quietista. Insegnavano il raggiungimento della perfezione cristiana al di fuori di atti esterni. Affidando a Dio incondizionatamente la propria volontà, il devoto rimaneva in attesa che la Grazia avesse operato e si fosse sostituita a qualsiasi sua iniziativa. Ora domandiamoci, per quale ragione questa rarefazione in vita ed in morte di Carella non ci lascia indifferenti?Impossibile passare indenni da quanto accaduto. La storia inaspettatamente ci coinvolge. Di fronte a quella mummia assomigliamo a quanto leggenda e storia raccontano del Che Guevara. Abbiamo nel profondo la medesima espressione smarrita degli ufficiali che lo attorniano nella scuola dove è stato ucciso, non si legge quell'aria d'indifferenza, tipica dei cacciatori di taglie che hanno abbattuto la loro preda. Quel giovane argentino, bello anche da morto, che si era addossato il dramma umano, rendeva tutti consapevoli della propria miseria e risvegliava le coscienze inaridite.Così, suo malgrado, anche per Vito. Eroe passivo che invita a guardare la nostra esistenza per quello che é. Esorta a lasciare le innumerevoli credenze con le quali ci identifichiamo e ci teniamo insieme. Gli ideali, i valori, le religioni, intrattenimenti che ostacolano la comprensione di noi stessi. Ogni credenza è espressione del bisogno di sicurezza interiore, di punti fermi di fronte all'evidente precarietà ed assurdità dell'esistenza. Fa sgomento rinnegarli. Cosa rimarrebbe se smettessimo di credere in qualcosa? Rimarrebbe quello che é. La consapevolezza d'essere vivi ma senza identificazione alcuna, neppure con noi stessi. Non più identificati con il corpo-mente, non più vulnerabili alla sofferenza e al dolore. Fuori dalla mente c'è soltanto l'Essere, non l'essere uomo o donna, padre o figlio, questo o quello.Oltre lo spazio tempo, in contatto con loro solo nel punto del qui e ora, ma altrimenti oltre il tempo, oltre lo spazio, invulnerabili da qualunque esperienza. Si potrebbe far presente che Carella poco ha a che fare con i temi dell'essere e non essere. Si potrebbe vederlo come un povero malato di quell'antica inerzia depositata nella profondità dei retaggi di specie, che Freud ha chiamato pulsione di morte (thanatos). In psicoanalisi, a partire dallo scritto di Freud, si è definita pulsione di morte la tendenza fondamentale di un essere vivente a ritornare allo stato inorganico. Si tratterebbe di una forza che tende alla riduzione completa delle tensioni e ad uno stato di quiete totale. La pulsione di morte esprime altresì la tendenza inconscia e coattiva - si ripete incessantemente sotto la spinta di una coazione (coazione a ripetere) - a conservare, a non perdere, a non modificare alcunché; opponendosi alle pulsioni di vita, essa tende a realizzare una condizione di totale fissità, un'immobilità simile a quella della materia non vivente (stato inorganico della materia). Vito può essere anche questo. Dipende da come noi guardiamo, deriva dall'angolo di visuale. Dipende da quanto abbiamo la fermezza di fissare intensamente quella mummia come pura immagine o se preferiamo cedere al procedimento argomentativo. Secondo Graves, la poesia -come noi la conosciamo- sarebbe una immagine estremamente sbiadita di antichi linguaggi che s'imponevano per la loro capacità di convincere. E questo perché non facevano ricorso alla metafora né al procedimento dimostrativo, ma si presentavano come pura immagine. Solo grazie a questo un linguaggio poetico primordiale diventiamo capaci di vedere. Ritornando con la memoria al primo ricordo, alla prima esperienza di questa nostra esistenza quanto è cambiato in noi. Un solo fondamento è rimasto immutato. Il senso di essere. In questo istante so che sono vivo come lo sapevo da adolescente e da infante. Questo "sapere" immediato e spontaneo di essere è il linguaggio poetico primordiale che ci permette con mente silente di vedere. La storia di Vito è una tela immacolata che ognuno può colorare come sceglie. E' uno specchio terso che ci riflette. Agli opposti estremi, si confrontano differenti ipotesi: Carella fu un monaco Zen oppure fu vittima della pulsione verso l'inorganico, od olocausto di una società impietosa? Che ciascuno risponda.
memorie di un ex monaco. monologo teatrale
MEMORIE DI UN EX MONACO
di e con Bruno Vergani
drammaturgia e regia Vincenzo Todesco
Teo 60 anni seduto a un tavolo cerca qualcosa nel pc. non trova quello che cerca e si sentono brani sparsi, subito interrotti da teo. al terzo tentativo trova il brano sull’amore ascolta fino a:
“Non ho più bisogno di comprendere per sentirmi libero”
e spegne. Teo dice
E’ la sofferenza il carburante che fa funzionare dio?... Solo così arde ed esiste?... Sono mortale?... Sono immortale?... Sei immortale... mi sussurra il diavolo così continuo a farmi domande. Quanti anni ho?... Dicono che sono nato in un giorno preciso che ho sessantacinque anni. Forse non è mai successo niente.... Un fremito nel vuoto...
Teo registra: Perché tanta sofferenza? Avevo sedici anni e non stavo bene, ma la salvezza era lì nella piazza del paese. Un gruppo di ragazzi che parlavano davanti al bar. Li ho incontrati per caso e sono rimasto con loro. Mi sentivo felice. Mi piaceva la compagnia, mi sentivo importante nell’appartenere, così quando mi hanno invitato agli esercizi spirituali li ho seguiti. (Pausa) Gli esercizi li teneva il Vecchio. Un prete coi coglioni. Carismatico. Comunicava un qualcosa di tremendamente importante e mi ha catturato. In tre ore mi era sembrato di aver compreso, di aver trovato la sintesi, la risposta a quel desiderio indefinito di infinito che mi perseguitava. La risposta era lì. La risposta è un avvenimento. Il soprannaturale che diventa una cosa fisica, entra nella storia e la divide in prima e dopo. Tu sei lì spacciato per nascita, piombato in ‘sto posto strano senza averlo chiesto, vittima di una forza cieca, sei lì venuto dal nulla e destinato al nulla, senza un perché e senza uno scopo, sei lì che soffri e non sai nemmeno il perché. Quasi tutti gli altri invece sembrano sereni d’esistere per il semplice fatto che ci sono. Mentre le galassie si espandono “Sta vincendo l’Inter?” ”Due a zero fuori casa” e sono felici. Una partita a briscola, le ultime notizie del telegiornale e se ne fottono che dobbiamo morire. (Pausa) Non sono stato troppo a pensarci sopra o a non crederci. E’ stato facile. Ho chiesto cosa e come dovevo fare e mi hanno risposto: “Obbedisci e segui la compagnia, tutto qui”.
Teo dice Perché diventar matto per emanciparti dalla sofferenza?... Invece che tentar di trovare un senso, senza saper da che parte cominciare come il tentare di montare un comodino dell’Ikea senza indicazioni, invece di brancolare nel buio basta che prendi il foglietto d’istruzione, che sono i precetti della tradizione ecclesiastica. (pausa 3)Quella cosa che sfida il tempo si chiama Chiesa... Lui ha preso un corpo... Lui e il Padre sono una cosa sola, però anche due cose separate, anzi tre, perché c’è un Altro non-Altro che si chiama Spirito Santo che è l’amore che ha il Padre per Lui. Se ci credi sei salvo se non ci credi sei fottuto. (Pausa)
Prende una agenda e leggela sacra scritturaLa Sacra Scrittura deve essere letta e interpretata con l'aiuto dello Spirito Santo e sotto la guida del Magistero della Chiesa, secondo tre criteri precisissimi:1) attenzione al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura;2) lettura della Scrittura nella Tradizione viva della Chiesa;3) rispetto dell'analogia della fede, cioè della coesione delle verità della fede tra di loro. L'interpretazione autentica di tale deposito compete al solo Magistero vivente della Chiesa, e cioè al Successore di Pietro, il Vescovo di Roma o Papa, e ai Vescovi in comunione con Lui.Il canone delle Scritture è l'elenco completo degli scritti sacri, che la tradizione apostolica ha fatto scegliere alla Chiesa. Tale canone comprende 46 scritti dell'Antico Testamento e 27 del Nuovo.Quindi 73 testi da interpretare e vivere attraverso 3 indicazioni metodologiche date dal Magistero. dice: e fai bingo!
Registra Se talvolta equivochi o non ci credi più tanto, oppure non segui i suoi precetti, Lui attraverso la sua Chiesa ti perdona. (Pausa ) Per farti perdonare devi entrare in una chiesa; il fabbricato dove abita Dio. Là vedrai un grande armadio. Se sei fortunato ne troverai più di uno. Se un prete, che è il ministro di Dio, entra nell’armadio tu rapido chiuditi dentro con Lui. Quando uscirai sarai un uomo nuovo. Pulito da ogni colpa. Facile no? Perché mi ritrovo condannato a cercar da sempre risposta a chi sono, al perché sono e al senso del dolore? Perché ho un istinto d’eternità pur sapendo che dovrò morire? Ci sarebbe la possibilità di non pensarci affatto a queste faccende, come del resto fanno tutti gli altri animali. I gatti sono felici, io invece no. So di essere. Una misteriosa malattia.
Dice Chissà, forse avevano ragione i testi sacri; per trovarmi in questa condizione e sopportare le conseguenze dolorose una ancestrale malefatta certo l’avrò pur combinata. (Pausa )Sarebbe consolante sapere che i bambini sono anime eterne che devono soffrire per ancestrali malefatte scritte su un libro mastro che un ragioniere celeste contabilizza, così se trova l’anima di un infante in debito, le propina una madre bastarda, una poliomielite, oppure la fa nascere in Liberia, in modo che con la sofferenza del pargolo i conti si pareggino e il cosmo rimanga in equilibrio. (Pausa ) Sì, sarebbe consolante saperci creati e immortali. (Pausa ) Si potrebbe anche accettare di nascere in Liberia da madre bastarda e affetti da poliomielite, così da saldare il conto in un colpo solo. (pausa ) Ma poi se il ragioniere non esiste? Registra:Potrei provare con l’io rarefatto, senza memoria come un uomo delle caverne, come una mucca che ignora l’humor, che non ha cultura e storia, che non ama. Condannato a rasentare l’inorganico da vivo. Emotivamente mummificato per essere eterno. OMMMMMM OOMMMMMM OOOOMMMM non ce la faccio, come italiano ho l’impellente urgenza di avere un creatore! Potrei cavarmela optando per una entità superiore non ben definita, preferibilmente buona, non troppo esigente, un po’ simpatica, che conceda di praticare il sesso senza sentimento e che non si incarni in istituzioni. (Pausa ) Ma così facendo sarebbe palese che quel dio assomiglierebbe troppo alla mia faccia da mortale e quindi non mi libererebbe dai guai. (Pausa ) Solo una alterità assoluta mi toglierebbe per davvero dai pasticci, è la ragione che lo ritiene assolutamente necessario. Urge il colpo di mano risolutivo, la mossa geniale. (Pausa ) Necessito di un Dio che prenda iniziativa. (Pausa ) Un Qualcosa da me assolutamente diverso, quindi eterno e affidabile, ma nel contempo dentro la materia e la carne che possa salvarmi col mio nome e cognome. (Pausa ) Un anfibio, con una zampa nell’eterno e l’altra nella finitudine. (pausa 3) Se la chiesa cattolica non esistesse bisognerebbe inventarla. Lui nell’agenda legge (quello che aveva scritto a 19 anni). Tutto qui. Ho detto al Vecchio che intendo fare sul serio e lui mi ha indicato di entrare nel gruppo di monaci da lui condotto ed io l’ho fatto. il Vecchio ha le idee chiare e mi ha motivato bene su quanto sia opportuna e urgente la mia dedizione totale a Dio; come i monaci benedettini dopo le invasioni e stragi barbariche hanno ricostruito l’Europa civile, io come monaco contribuirò alla rinascita della civiltà. La casa brucia. Il messaggio di Cristo nel mondo è in pericolo. Ieri ho visto i miei genitori e glie l’ho detto. Li ho lasciati. Ieri compivo 19 anni. L’obbedienza è il senso stesso della vocazione. Il compito primario è annientare il primitivo atto di disobbedienza dell'uomo alla volontà divina, modellando noi stessi su Cristo, che fu obbediente a suo Padre fino alla morte. Dobbiamo quindi rinunciare al nostro volere e porci sotto il volere di un uomo, il superiore che rappresenta la persona di Cristo stesso. E’ l’offerta. L’offerta è accettazione sostenuta dal giudizio di valore: valgo più io o la volontà di Dio? Valgo più io o la Chiesa? Valgo più io o il capo casa che è l’emanazione della chiesa? Vale di più Dio incarnato di me, questa è la risposta. Dunque la mia più grande e totale libertà è obbedire sempre e illimitatamente al capo casa. E se il capo casa da indicazioni sbagliate, non importa, anzi meglio. In quanto si obbedisce non perché così si fanno le cose giuste, ma perché l’unica cosa giusta è l’emanciparsi dall’ego, liberarsi da se stessi e questo lo si ottiene obbedendo all’autorità. Lui Ma bravo... Ma bravo... Se sei fortunato e per grazia divina ti becchi un capo casa col complesso di superiorità come quello che avevo io, l’opportunità di emanciparti celermente dall’ego diventa davvero rapida... (Pausa ) Prende il registratore e registra Facevo delle prove interessanti … (Pausa ) Quando mi beccavo una latrata... (Pausa ) ne prendevo nota, e il giorno dopo nella stessa situazione... (Pausa ) mi comportavo con il superiore nel modo opposto... (Pausa ). La latrata arrivava identica e puntuale come quella del giorno precedente... (Pausa ) Stesso tono, stesse parole, stesso volume della voce... (Pausa ) La faccenda incominciava ad appassionarmi... (Pausa ), così ho indagato a fondo e con scrupolo provando, giorno per giorno, decine e decine di comportamenti diversi nello stesso contesto... (Pausa ), proponevo tutte le variabili di cui ero capace... (Pausa )e regolarmente la risposta del capo era l’identica latrata. indipendentemente da quanto dicevo, facevo... (Pausa ) indipendentemente dai miei sentimenti, pensieri e messaggi. (Pausa ) Alla fine dell’esperimento ho compreso quanto fossero per me vantaggiosi i modi di fare del capo casa, (Pausa ) che con la sua mirabile costanza nel massacro sistematico mi permetteva in quell’olocausto provinciale di non attaccarmi alla logica, alla coerenza, al buon senso (Pausa ) di emanciparmi dall’ego (Pausa ). Io non esistevo. (Pausa ) Dipendevo dall'altro per esistere. (pausa) Obbedendo con tutto me stesso al priore brianzolo, il Cristo vivo nella storia, “non ero più io che vivevo, ma Cristo in me”. (Pausa ) Come dice San Paolo. (Pausa ) Riprende a leggere Il Vecchio insegna che non si deve obbedire acriticamente, ma bisogna far proprie le ragioni dell’autorità. Per obbedire non basta l’accondiscendenza, l’accettazione e neppure l’identificazione con il superiore, ma occorre interiorizzazione, appropriarsi dei contenuti, dei giudizi e delle opinioni dell’autorità per farle diventare intimamente proprie sentendone il valore. (Pausa ) prende il registratore e registra lui Si. Per contattare la presenza del Dio incarnato, morto, risorto devi obbedire al capo casa... (Pausa ) Un ragioniere brianzolo alto con labbra grandi. Miope. (Pausa ) La mattina dopo le preghiere, prima di bere il caffè, si ricreava. (Pausa ) Ficcava il pollice destro nell’occhio del primo subalterno che gli capitava e schiacciava con forza... (Pausa )A me faceva male ma a lui piaceva.... (Pausa ) Siccome lui era per me Dio (Pausa ), la pratica della pressione oculare, in qualche modo, faceva parte della regola. (Pausa ) Sono più di trent’anni che non lo incontro, ma proprio ieri ho letto di lui su “Repubblica” . (Pausa ) Il ragioniere brianzolo, alto con grandi labbra e miope ha detto ad un giudice: “Non ho alcun conto in Svizzera con la denominazione Paiolo, né sono beneficiario economico di altri conti esteri” (Pausa )e invece ha un conto aperto a Vaduz. (Pausa ) Eh... non è nei guai per aver schiacciato gli occhi ad un novizio... (pausa) ma per l’inchiesta “Oil for food”, roba di consulenze pilotate, fondi neri, tangenti. Sfoglia il diario, cerca qualcosa che gli interessa e riprende a leggere La Chiesa è una puttana ma è mia madre. Qui abbiamo a che fare con un livello adulto della fede, con una teologia di spessore, con gente coraggiosa che non ha paura di sporcarsi le mani. La morale coincide con la sequela gerarchica, con l’obbedire al Dio incarnato nella storia. Obbedire portando la Chiesa nella società con le sue contraddizioni e ambiguità, nella cultura, mica il comportarsi bene come fanno i boy scout. Strappa la pagina di diario e la fa a pezzi.prende il registratore e registra E’ passato molto tempo da quella mattina che ho fatto le valigie e sono andato via... (Pausa ) Chissà se nel frattempo le cose lì sono cambiate... (Pausa ) Non lo so, ma so che se oggi fossi ancora dentro e un mio superiore mi dicesse di aprire, a mio nome, un conto in Svizzera lo farei senza battere ciglio. Beh “Paiolo” come nome di fantasia fa schifo, ma me lo sarei intestato per obbedienza... (Pausa ) di scatto come la rana morta di Galvani per impulso elettrico... (Pausa ) Si... (pausa) Avrei fatto come le bambine e le ragazze di quella parrocchia in Toscana che su ordine del parroco gli hanno bevuto il seme per dieci anni, convinte di ingurgitare il corpo e sangue di Cristo... (Pausa ) Ah... ammirevole che il sacerdote, ligio alle indicazioni dottrinali, non abbia mai usato il preservativo... (Pausa ) Bah, tutto sommato a me è andata abbastanza bene... (Pausa ), meglio un dito nell’occhio che un cazzo di prete in bocca... (pausa), forse la provvidenza esiste davvero. Fa partire un audio nel PC, voce del vecchio Se il potere mira solo al suo scopo, esso deve cercare di governare i desideri dell’uomo. Il desiderio, infatti, è l’emblema della libertà perché apre all’orizzonte della categoria della possibilità; mentre il problema del potere, inteso come ho accennato, è quello di assicurarsi il massimo di consenso da una massa sempre più determinata nelle sue esigenze. Così i desideri dell’uomo, e quindi i valori, sono essenzialmente ridotti. Una riduzione dei desideri dell’uomo, delle sue esigenze e, quindi, dei valori, viene perseguita sistematicamente. I mass media e la scolarizzazione diventano strumenti per l’induzione accanita di determinati desideri e per l’obliterazione o l’estromissione di altri. STOP , prende il registratore e registra lui No al divorzio. Punire penalmente una donna che abortisce. No al marxismo. No al preservativo. Si alla scuola cattolica sovvenzionata dallo Stato. Le indicazioni delle autorità obbedite e divulgate ad oltranza. Nessun dubbio, nessun rispetto per le ragioni altrui. E’ saggio vietare l’uso del preservativo nel terzo mondo? E’ opportuno mandare in galera una donna che abortisce? Non riflettere ma obbedire alla dottrina sociale dell’autorità ecclesiastica che è la volontà di Dio stesso. E Dio ne sa di sicuro di più della tua piccola mente.Ai miei tempi eravamo in quattrocento, con qualche femmina in più rispetto ai maschi, presenti solo in Italia. Adesso sono migliaia, con qualche femmina in più rispetto ai maschi, presenti in 31 nazioni. Migliaia che obbediscono.Rapporto con l’infinito... Per quello obbedivo. Eh si. Obbedivo per essere libero. Obbedivo per essere me stesso. Nell’agenda legge: il sesso, la castita’ del monaco Per essere monaco non devi vivere il sesso, in quanto secondo l’interpretazione della Chiesa, Cristo non ha conosciuto carnalmente femmina alcuna, quindi chi lo segue che lo imiti. (Pausa) Vietato vivere secondo il piacere nostro, secondo l'istinto, secondo natura. Non per masochismo ma per un possesso più vero, più totale e completo. Rinunciare per avere di più. Alzarsi al mattino e ricordarsi che tutta la giornata è di un Altro, accettarlo e offrire tutto, questa è la libertà. (Pausa) Allora non toccando la femmina tu puoi unirti davvero con lei, in quanto in questo apparente distacco contatti invece il suo essere più profondo, la sua essenza, il suo destino. il suo mistero, il mistero di Cristo in lei. Dice: Quando mi veniva voglia di unirmi materialmente ad una donna escogitavo dei sistemi per resistere. (Pausa) Non bisogna scappare dalla femmina che ti attrae, ma monitorare e percepire con attenzione il desiderio di lei, mettersi lì in uno “star per” ma senza farlo (Pausa), e poi utilizzare il turbamento che ne deriva per vivere con totalità il mistero. (Pausa) Io ci ho provato, prima a capirlo e poi a farlo. A distanza di vent’anni non mi son ancora ripreso dallo scompenso. Nella casa eravamo tutti ammalati, sempre ammalati, nonostante l’età media non superiore ai trent’anni. Io che ero il più giovane ero anche il più grave: rene sinistro infetto e pieno di calcoli. Febbri altissime. Sistematici ricoveri in ospedale. Il confratello più anziano, emorroidi prolassate e calcoli alla cistifellea. Un altro era sordo con sinusite cronica. L’altro ulcera perforata. Il meno grave soffriva di stipsi intestinale, quando riusciva ad evacuare produceva un materiale di dimensioni enormi e durissimo... (risatina) che richiedeva l’intervento dell’idraulico per smontare il water e far passare l’escremento pietrificato nella fogna. (Pausa) E tutti con malesseri speciali a livello di sistema nervoso. La chiamavamo la malattia del frate. E’ una sindrome speciale piuttosto complessa un po’ simile alla meno pausa. (Pausa) Il medico della mutua era sempre lì. (Pausa) Registra Una stanza. Sul fondo un acquario con dentro grappoli di ostie ammuffite. Un prete grasso e pelato prende le ostie marce e me le ficca in bocca. Io resisto preso da disgusto. Lui spinge con più forza per farmele ingurgitare, mi infurio lo prendo per il collo e stringo, stringo, stringo sempre più forte...Andato via una mattina. A freddo. Rapido. Senza preavviso. Concluso che la Chiesa e forse anche Dio sono una invenzione umana, una cattiva idea. Il Vecchio, subito informato dell’evasione, mi ha telefonato ordinandomi di raggiungerlo immediatamente. Era preoccupato per me. Potevo anche andarmene ma solo nell’obbedienza. Gli ho detto che se ci teneva tanto, poteva venire lui da me. (Pausa) Facile andarmene. Solo un po’ di sconcerto... La meraviglia nel constatare che potevo essere libero, che potevo dire di no a duemila anni di tradizione, di teologia e di potere e che nessuno poteva far niente. Sono stato catturato perché ero giovane, ingenuo, sensibile, perché cercavo una presenza che mi potesse accogliere così come ero. Il plagio è avvenuto perché soffrivo e perché il mio bisogno di senso era estremo. (Pausa) Ma la vipera è sempre lì... nascosta nelle budella. Appena mi vede felice scatta e morde. Fa partire e ascolta dal PC Sono passati vent’anni da quando una mattina ho fatto le valigie se me ne sono andato dalla casa monastero e ieri pomeriggio, alla ricerca del tempo perduto, tre ore di sesso. Stanotte quattro. Stamani tre. In diciannove ore due pause. Una per nutrirci. L’altra, avvinghiati nel dormiveglia, per recuperare le forze. Non ho più bisogno di comprendere per sentirmi libero. Il piacere del corpo è pace. Istantanea percezione della verità. Tutto accade da sé. Entro in te senza pensiero, Senza sforzo mi dimentico di me e sono felice. Sono felice adesso. Sono felice qui. Ti amo. Buio
l'ultima chat. monologo teatrale
L'ULTIMA CHAT
di e con Bruno Vergani
drammaturgia e regia Vincenzo Todesco
Un uomo seduto ad un tavolo. Sul tavolo molte fotografie e mail. A fianco del tavolo un cartellone con foto di donne.
UOMO. Questa è francese…e questa è cinese…ah, una del Senegal, sono alte le senegalesi eh, una inglese, è carina, mi piace proprio, sono più belle delle italiane…un’altra francese, classica classica…questa si è iscritta ieri…le isole Figi..? è questa!... Quante donne…e vuoi che tra tutte queste donne non ce ne sia una che va bene per me? E’ una questione statistica. No, Catherine non può andare…troppo emotiva…certo poverina che ne ha passate tante…insegnante di letteratura, ha lasciato il marito per mettersi con l’insegnante di tecnica e poi lui l’ha lasciata ed è rimasta sola…Raffaella…48 anni, impiegata al catasto…no qui le cose si fanno delicate, non si può scherzare con i sentimenti della gente… Forse Francesca?...Mi piace proprio…figlia unica, trasferita a Firenze a 12 anni con la madre, dopo la separazione dei genitori, davvero una bella persona, ci siamo virtualmente incontrati la settimana scorsa, si parlava di destino, di morte…e quando parlo o scrivo io conquisto…ma quando poi invio la foto? Vedremo…Io mi butto, se va storta ci sono le altre cinquanta che accorreranno per consolarmi…Francesca mi piace proprio e poi Firenze è più vicina di Milano…Questa è la Maria Elena di Perugia, che siccome ho fatto un po’ di confusione si è incontrata a casa mia con una signora di Lecce della chat…loro sono diventate amiche mentre io ero ai fornelli a cucinare la pasta al sugo per tutti e tre…Questa è…Maria Rosaria…no, no, Patricia ah sì Patricia è l’argentina che sta venendo in Italia e la Maria Rosaria è la professoressa di lettere di Lecce, quella bionda con gli occhi azzurri che mi ha telefonato ieri. O no? Poi venerdì arriva la Pia, appena mollata dal compagno. Oggi mi ha telefonato anche la Raffaella, diceva che trovava sempre occupato, effettivamente stavo parlando con la Maria Rosaria … Speriamo che non mi capitino qui tutte insieme. Fortuna che Catherine non viene più ad agosto…Vedova di Barletta… professoressa di Bari… impiegata di Bologna: mora, qualche chilo in più. (Si alza e va ad attaccare le foto) Sono tante…se le contatto tutte non mi innamoro di nessuna e non divento matto. Se le prendo tutte diluisco l’energia, calcolo i rischi e se una mi rifiuta cento mi consolano. E vuoi che tra qualche migliaio di donne non ce ne sia una da starci bene, ma proprio bene? Tra migliaia…è una questione statistica… (Pausa) E’ una cura omeopatica…se una sola donna stava per uccidermi, piccole dosi di tante donne mi immunizzano…Certo che è bello così… riuscire a tenere il femminile a distanza standoci proprio in mezzo. …E’ come essere in un enorme salone pieno di centinaia e centinaia di donne, tu guardi, poi dici: “Scusa, tu, sì, quella della quinta fila, sì, quella bionda con la minigonna…per favore vuoi venire qui un momento?”...E quella viene…viene…! Non è più un rapporto con una donna sola, che non capisci mai bene come la pensa, non sai come comportarti, come reagirà…no, è un mondo di donne, di tutti i tipi…alte, magre, grasse, magre, bionde, more, anziane, di mezza età, dritte, storte…il mondo delle donne…è sterminato…è un universo…e tu puoi trovartici in mezzo, chiacchierare con quella che vuoi, così, soprattutto in amicizia…il mondo delle donne…è fantastico… Le contatto ogni giorno dalle otto alle nove e dalle ventidue alle ventitre. In tre mesi ne ho contattate…vediamo…cinque ogni ora per due ore al giorno fa dieci al giorno, per novanta giorni fa Novecento donne…mamma mia! Così tante ? Eh sì, è proprio così…www.single.it…la mia chat per single. Sulla chat c’è un profilo di ogni donna. Tu puoi visionare tutti i parametri, conoscere gli aspetti fisici, altezza, peso, e quelli caratteriali della persona, per come si presenta lei. A me vanno bene tutte. Sto attento solo a due cose. Rifiuto quelle che hanno meno di 45 anni e le cattoliche praticanti. Quest’ultima condizione ne elimina almeno il 40 %. Ma non posso transigere. Però ci sono anche le cattoliche non praticanti: quelle, non sono entusiasta, ma le visito. Sulla chat, voglio dire. Si può chattare in tutto il mondo. Puoi cercare donne alle Hawai, alle Figi, in Canada, in Marocco, in Sud Africa… puoi cercare italiane che vivono all’estero o straniere che vivono in Italia… puoi fare quello che vuoi… Le foto non le puoi avere, sono protette, se tu le trascini fuori si autocancellano… ma il Macintosh ha un piccolo programma, “cattura immagini”, che ti permette di scaricare le foto… puoi riempirti la casa di immagini di donne. Anch’io ho presentato il mio profilo: età, professione, altezza, colore capelli, colore occhi, caratteristica principale del carattere, ho messo: “conciliante”…ma non ho messo la foto. La mando solo a quelle che scelgo io. Quando qualcuno visita il mio profilo, si accende una lucetta verde e appare una scritta con lo pseudonimo:” Dea 45 sta visitando il tuo profilo”. Io rapido apro il suo profilo, di dea 45, vado subito in “religione”, se è cattolica praticante la ignoro, chiudo, non rispondo, e sennò passo all’età, e se ha più di 45 anni le scrivo subito. Il profilo fisico non lo guardo. Ci penso dopo. Infatti mi sono beccato tante donne grasse. Guarda questa…belle gambe. Guarda questa…davvero non male…C’è anche una poliziotta grassa. E questa…commercialista di Bari…si firma “Godot”…dice che è una vita che aspetta qualcuno…Basta soffrire. Devo pur sopravvivere. Meglio essere attratto da un bel culo che chiudermi in camera a leggere Schopenauer. Io le ascolto le donne…. Quando le incontro diventano persone vere…Divento il loro confessore…Hanno tante storie da raccontare… Magari poi ne trovo una che mi piace…e chissà…Ne ho già incontrate quindici… come la Federica…lei è stata attratta perché io sono nordico e lei ha insegnato 30 anni a nord. Mi ha raccontato tutta la sua vita. Ho guardato la cartina per vedere dove è il paese dove abita. Un posto fuori dal mondo. Il deserto. Arrivo, un paesino di 50 case, vado in centro, la chiamo e le dico: “ Sono in anticipo. Sono qui davanti alla chiesa di San Antonio Abate.” Mi sono seduto su una panchina. Mentre aspettavo sono passate alcune signore, sole, alcune a piedi altre in macchina. Qualcuna era attraente, mi dicevo:”Sarà lei?” “Magari”. E poi ho visto questa molto grassa che si è avvicinata e mi sono detto:”No! Non può essere lei!” e invece quella si avvicinava sempre di più, mi aveva riconosciuto per via del sigaro, e alla fine era proprio lei! (Pausa) Imbarazzo. (Pausa) Pesava almeno 30 chili di più di quanto aveva dichiarato nella chat. Io mi sono detto dentro: “Non importa. E’ sempre un’anima.” Così siamo andati a casa sua, si è fidata, potevo anche essere lo strangolatore di Boston, gliel’ho anche detto, mi ha fatto vedere le foto di quando era magra, continuava a scusarsi, perché la casa era in disordine, perché avevo fatto tanta strada per raggiungerla, perché mi aveva mentito…Siamo andati a mangiare la pizza e ha parlato lei tutto il tempo…tutta la sua vita…il lavoro…la morte dei genitori, molto dettagliata…in casa c’erano le foto dei morti, anche i cugini,”Questo si è schiantato l’anno scorso contro un ulivo”. Uno coi baffi. Io provavo affetto per lei. Sentivo in me un sentimento di accoglienza. E un po’ di noia. Non vedevo l’ora di tornare a casa. (Pausa) O la bidella di Taranto. Mi ha raccontato. Padre autoritario, violento. Faceva le corna alla madre. Geloso, rozzo. Alzava le mani e picchiava la madre e anche lei. Una alla volta oppure tutte e due assieme, così, come capitava. Tutta la giovinezza trascorsa nella cella domestica, sorvegliata dai fratelli. Allora si è sposata. Marito autoritario, violento, che le faceva le corna e quando tornava a casa per farsi perdonare la picchiava. Una notte scappa dal marito con i figli. Chiede la separazione. Lui la cerca per distruggerla. Lavora di notte, tutta la notte, ogni notte, a cucire vestiti. Poi la mattina riposa facendo le pulizie dell’ androne e delle scale del condominio dove abita e nel pomeriggio va a stirare da una ricca signora. Poi dopo cinque anni la salvezza. Una assunzione come bidella alla scuola materna. Mi indica la sua utilitaria seminuova. Fiera mi comunica che le mancano solo due rate ed è pagata tutta. Mi guarda. Piange subito e si scusa. Mi vergogno di essere maschio. Loro mi cercano. Gli piaccio. Ma perché se mi innamoro si trasformano in arpie e mi fanno fuori? Ma perché è andata storta proprio con te che ti amavo per davvero? Dove sei adesso? Piano piano ne verrò fuori. Dicono che ci vorranno sei mesi per elaborare la perdita di lei. Ma visto che la cura la tollero bene, insisterei per 20/24 mesi, per essere sicuro di non avere recidive. (L’uomo prende e guarda una foto) E’ lei. 52 anni. Di Milano. Si occupa di medicina ayurvedica. Capitata qui per caso. Bella. Dolce. Diciotto giorni insieme. Bellissimo. Stavo benissimo. Mi sentivo a casa. La vita aveva ripreso spessore e profondità. Lavorare insieme con le erbe, andare nella macchia mediterranea alla ricerca di erbe rare…Tutte le cose che faccio con piacere da solo erano proprio quelle che lei cercava e amava…incredibile. Bellissimo. Lei si eccitava e mi apprezzava quando le parlavo delle piante…così sul campo interrompiamo i discorsi botanici per intrattenimenti erotici… i tuoi baci… arcani movimenti rotatori e aspiratori che fanno perdere i sensi. Allora se nel letto era un po’ freddina mi mettevo rapido a raccontare della cinarina del carciofo, quell’eteroside presente nelle foglie caulinari…lei capiva il gioco e rideva come una matta…dalla cinarina passavo all’acido caffeico che credevo solo un buon coleretico e invece nel contesto diventava un eccellente afrodisiaco solo a nominarlo. Mi ero dimenticato che fosse così bello vivere. Le ho detto: non partire. Rimani qui. Per sempre. Ti amo.
VOCE REGISTRATA Giornata vuota. Angoscia per assenza. Panico. Compleanno di lei. Ho mandato un quadretto cinese. Risposta euforica: “Non ho parole per dirti la gratitudine per il tuo regalo così bello. Non riesco a parlare per l’emozione. Non riesco a telefonare. Mi sento compresa, accettata, amata. Grazie per essere al mondo”. (Pausa) L’amore. La morte. Come sono vicini. Respira. Non pensare. Andato all’ufficio anagrafe per mio padre. Vogliono fargli pagare l’ ICI anche se è morto da sette anni. Ho osservato gli scaffali con i volumi delle morti. Anch’io finirò in un trafiletto. All’uscita sono andato a prendermi un caffè al bar della piazza. Solo. L’ho gustato con calma proustiana. Quando ho chiesto il conto una persona, della quale ignoro il nome, mi ha salutato con calore e voleva pagare per me, ma il barista ha prontamente rifiutato offrendomelo lui. Anche quel barista, a me assolutamente estraneo, stranamente mi conosce.. Chissà perché la gente mi vuole bene. Anch’io non so perché ti amo. (Pausa) Attesa insopportabile. Come un avvento continuo. Come aspettare Gesù Bambino. Ho bisogno di te. Il fatto è che se tu non mi ami io muoio. Invece che morire è meglio che tu mi ami. E per farmi amare io divento come vuoi. Tu parti e io rimango lì, fermo ad aspettarti, pietrificato dall’angoscia,. Ricreo continuamente la tua immagine, per il bisogno devastante che ho di te. Io sono quello che resta, che attende, che ama, sempre disponibile. Tu sei quella che parte, che va, che abbandona. La cosa che più desidero è che qualcuno mi dica :” Non essere più angosciato. Tu l’hai già perduta.” (Pausa) Poi torni. E il supplizio continua. Tre ore di yoga alla mattina, strane pratiche, inspiri l’acqua dal naso come un elefante…e poi le nevrosi sul cibo: il carboidrato, la proteina, e mangia così e mangia cosà e respira così e respira cosà. Immane fatica a sopportarti. Poi parti e sono perduto. No, era meglio se non ci fossimo mai incontrati. (Pausa) Alla sera siamo andati a mangiare un buon risotto…giornata dedicata a lei…mentre mangia il risotto fa:” Tu cerchi la mamma ma io non sono una mamma.” Oh! Cosa vuol dire? Cerco un po’ di tenerezza. Cazzo ho vissuto 15 anni di solitudine terribile…mi sono aperto…un po’ di tenerezza mi fa piacere. Non per questo cerco la mamma. Eh. Anzi. Direi che sono proprio l’opposto nella vita. Arriva questa qua e fa il processino e…la sentenza: ”Cerchi la mamma ma io non sono una mamma.” Lì mi sono un po’ arrabbiato, le ho fatto presenti delle cose, ma…francamente non gliel’ho perdonata. Le parole sono macigni. Poi quando si parla di cose delicate…io potrei scrivere volumi sulle carenze che vedo in lei, ma…siccome si vuole bene, l’amore copre tutto, no, non si sta lì a far l’analisi psicologica, peraltro sbagliandola… penoso, penoso. (Pausa) L’ho portata da un’amica estetista, che le ha fatto un massaggio. Gratis. Ho aspettato un’ora e mezzo che finisse il massaggio… poi la sera mi dice: ”Sì, perché l’estetista ha sentito che avevo una spalla contratta, un muscolo contratto, eh sì, ero contratta perché è la tensione che mi viene perché tu cerchi la mamma.” Ma che cazzo. Ti porto a fare un massaggio, gratis, un minimo di gratitudine, no? No. Ho la contrattura per colpa tua… probabilmente il fatto che non ho reagito con violenza significa che non stavo tanto bene, una persona sana le avrebbe ficcato le dita negli occhi… (Pausa) Detesto la sua lentezza. Quella difficoltà a carburare che ha al risveglio. Quattro ore di pratiche per partire. Detesto il suo modo di sfuggire il mistero, la mancanza del coraggio di vedere il nulla che ci aspetta, quel suo anestetizzare l’assurdo che siamo con risposte new age del cazzo. Lei crede di conoscermi, di avermi in mano, e io glielo lascio credere. Ma non sa che è entrata in un bel pasticcio.
UOMO (l’uomo chiude con decisione il computer) Ma va a cagare…ma va a cagare…ma quale pasticcio…ma va a cagare…ma fuma, va là, ma fatti un sigaro…chissà poi perché ho smesso…per lei…per amore…l’eroe che smette per amore…ma va a cagare…ma fatti un sigaro… (L’uomo prende un grosso sigaro dal cassetto, lo accende, aspira con voluttà )Ah l’aroma del tabacco…! Nicotina ti amo. E’ un motivo più che sufficiente per continuare ad esistere. Io ho dentro un matto che mi parla e che mi possiede. Uno che crede nelle streghe. Ma matto a tal punto che vuole fare l’amore con la Madonna e pregare con le streghe. (Pausa) Autunno. Mi arriva una strana mail:” Sono di Milano. Faccio il Suo lavoro, ma con piante ayurvediche indiane. Penso di venire al sud dell’Italia l’anno prossimo. Se l’interessa potrei venire a incontrarLa. ”Rispondo subito:” Avrei molto piacere di incontrarLa, anzi per la estate prossima potrei ospitarLa. ”Sento dentro la Voce: è lei! La Voce è Dio che di tanto in tanto mi parla. E’ venuta. Poi io sono andato a Milano. Poi lei è tornata. Ci amavamo. Avevamo il progetto di abitare insieme qui. Poteva andare bene. Ma all’omino che ho dentro la cosa non andava. Mi tormentava. Non sai come andrà a finire….vedrai che i lunghi inverni senza i cinema multisala e senza i teatri milanesi la faranno fuggire…o vuoi offrirle in cambio una seratina seduti al bar del paese a sorseggiare un caffè con calma proustiana? Mio caro, ragioniamo: Tu hai un lavoro. Lei più o meno. Più meno che più. Tu vali di più. Tu hai più soldi. Più proprietà. Siamo franchi, le dai una casa e magari la mantieni, altro che amore, a chi non piacerebbe? E uno come te, dopo nove ore di lavoro dovrebbe fare cento chilometri e portarla al teatro in città per farle vedere Goldoni e tu seduto al suo fianco a sorbirti Goldoni, eh sì a lei piace Goldoni…Eh sì la nostra milanese si potrebbe annoiare in campagna e se si annoia potrebbe lasciarti per un altro che vive in città e la porta a teatro. Se almeno stesse zitto, l’omino… Se stesse zitto. Se almeno esistesse una pillola per eliminarlo. Una pillola americana ad azione selettiva, che senza effetti collaterali faccia fuori solo lui. Ma perché mi ostacola? Lui non ha competenze, lui non ha un corpo. Lui desidera un orgasmo rigorosamente cosmico, l’amore mistico meglio se con la madre divina, insomma i suoi gusti sono quelli lì e vuole che anch’io li segua. Non gli va bene se dormo con una mortale in semplicità, così, spontaneamente, senza pretendere che dopo l’atto si sentano le trombe del giudizio universale ed io ascenda alla destra del Padre. (L’uomo va a sedersi) Io ho dentro un matto. Uno che vive nel continuo infinito presente, che è un mix di passato, presente e futuro tutti assieme e nello stesso posto. A lui non piace lei. Troppo reale, troppo semplice, troppe possibilità che possa andare bene. Lui non mi ha mai permesso di avere un amore italiano. Per lui l’Italia è una sorta di immenso Vaticano dove è proibito fare l’amore. Predilige le sudamericane, specialmente se sono povere diavole in modo che possa essere con loro compassionevole. Sì, lui raggiunge l’orgasmo nell’aiutare chi soffre. Eccezionalmente può tollerare qualche europea a condizione che sia ben sfigata. Lei non è una sfigata.
VOCE REGISTRATA “…ciao…!...volevo salutarti. Sei contenta? E’ un po’ dura, tu non fai fatica però…E’ un po’ dura, tante giornate molto intense…ma tu non fai fatica…no, no, a te piace, lo so…Sei atterrata? Sei nella dimensione tridimensionale?...Beh, voglio dire sei qui tra noi adesso…Bene bene, mi fa molto piacere ehhh io bene sto facendo un bel lavoro interno interiore per vedere tante cose in me…e poi ho visto molta gente in queste serate, l’altra sera sono andato a una festa, ho addirittura ballato mi sono iscritto anche a un corso di tango…ahaheh perché io ho questo rifiuto con il corpo…no…però ho visto che ho ballato anche molto bene…molto disinibito, libero, il corpo si muoveva bene…per cui bene ah ah eh e allora cosa mi racconti? Sì...sì…sì…sì…ah, molto impegnata nel lavoro…allora tra dieci giorni ci vediamo eh, ho piacere, è un momento che siamo tutti e due con molte cose da fare, però è un periodo breve eh, ma è anche bello che sia così, un…ah scusa…anche a te…ciao. ”Boh…scappa sempre. Fredda. Anaffettiva. Perché ha tante cose da fare sempre, un po’ infastidita, però è una settimana che non la chiamo, che non ci sentiamo…probabilmente anche lei non è tanto normale…Insomma un po’ umiliante essere trattato così…quindi mi sono arrabbiato e ho mandato una mail:” Cara per la tua evidente chiusura e disinteresse credo sia opportuno per entrambi interrompere da subito la nostra relazione”…Uno sfogo. Poi rileggendola, una richiesta d’amore, no?...Che lei risponda: ”No! Vieni, Vieni!” Poi mi ha risposto..eh mi dice che si era allontanata perché sentiva un buco energetico …anche se quando è arrivata a casa mi ha subito telefonato, grazie per questa relazione molto importante e preziosa molto bella…tutto perfetto tant’è che ho ordinato pure il letto in puro lattice su sua indicazione, cazzo quanto costano, lattice al cento per cento alto diciotto centimetri, letto matrimoniale tutto in legno senza chiodi dentro perché danno l’energia negativa…tutto come lei voleva…ho preso il lettone per dormire assieme come mi ha indicato, dopo una settimana mi chiama…”No, non sto bene, qua, perché io ho i miei orari e…e adesso mi spiega nella mail: le è venuto un buco energetico dopo una settimana e poi mi spiega molto razionalmente:”Mi sembra che abbiamo incontrato ostacoli che ci impediscono di realizzare un progetto di vita di coppia…” UOMO (l’uomo prende una mail) Eccola qua la sua mail. “Per me la vita è preziosa, penso che siamo fortunatissimi di vivere una vita umana…”eh forse sì, è meglio di quella di un cane…“Faccio tutto perché duri a lungo…”eh eh eh…infatti eh eh eh l’avevo capito…“In maniera di fare le cose che devo fare…”che cosa dovrà mai fare?“Ho capito che a te pesa la disciplina che devo avere per mantenere la mia salute”eh francamente…“Quindi mi sembra giusto che tu non venga , anche se ti stimo molto…”non ti amo, ti stimo “Ho preso tempo prima di prendere la tua stessa decisione ”beh ma per me non era proprio una decisione…era uno sfogo…“Mi sembra oggi la cosa più saggia per prevenire sofferenze tra noi…”Bah io ho già sofferto tanto “Ti auguro tanti benefici e di vivere nella luce. ”Ma guarda… (Pausa)
VOCE REGISTRATA Il cuore nel petto che brucia e il corpo non regge la potenza. Muoio di vita. C’è dentro il cuore la creazione e la distruzione degli universi. Troppo forte, fa male. Sento la fiamma che brucia e la corona di spine che fa uscire il sangue. Muoio per darti la vita. Non sono più io che vivo. Sono tutto. Sono il nulla. Sono il respiro. Ti vedo da sempre. Non sai come sei bella. Ti vedo l’anima eterna, la riconosco. Te la vedo dentro gli occhi, ma come spiegarti? Ti regalo me stesso e tutto quello che ho. Non so più come mi chiamo, non so più chi sono. Che gli Dèi mi ascoltino. Mi prenderò cura di te. Guarirò tutte le tue ferite, sfiderò gli inferi, vincerò il destino. Siediti sul trono, io accovacciato ai tuoi piedi sto bene. Finalmente sono a casa, ho raggiunto la mèta che da sempre cercavo e credevo che non esistesse. Starò lì nell’angolo in silenzio a contemplarti i piedi. In semplicità. Per sempre.
UOMO: Io innamorato di lei e lei non innamorata di me. Lei ha messo sulla bilancina i pro e i contro, allora su questo ti do un punteggio sette, su questo otto, su questo quattro come compatibilità insufficiente, su questo due, su questo zero e allora facciamo il conto, è negativo, chiudiamo la relazione. Per me era diverso. Non stavo lì a vedere i difetti, i pregi…insomma ti amo e l’amore è irrazionale…Io le ho detto “Guarda che mi sono innamorato di te”…lei è stata un bel po’ ambigua su questo…Dopo questo messaggio di chiusura mi sentivo un po’ più libero…una malinconia profonda, ma anche una leggerezza, non dico gioia, però una leggerezza..ah eh eh la leggerezza di evitare di fare magari un decennio con una rompicazzo a fianco. Insomma ho risposto così: (Uomo legge una mail) ” Che bello intendersi finalmente, la tua chiarezza seppur tardiva porta luce e nel leggerti mi sento bene”…beh, ho scritto così ma, …non bene bene, bene rispetto a prima, prima…cazzo un dolore terribile adesso un po’ alleggerito però le ho scritto ”e nel leggerti mi sento bene”…ho un po’ esagerato. Le ho scritto ” Dico chiarezza tardiva perché avevo già preso impegni, e comprato il letto senza ferro, e il materasso in puro lattice come mi avevi indicato…” cazzo costano eh! Se me lo diceva prima…e poi qua ho fatto…boh non so perché l’ho fatto, però l’ho fatto e gliel’ho scritto: “Ti ho mandato dei fiori per ringraziarti per quanto mi hai donato con la tua persona, per onorare quello che è successo tra noi e per augurarti tutto il bene che meriti.” Ma perché no, ma perché no? Ma che stia bene. Perché no?
VOCE REGISTRATA E’ una gran bastarda quella donna, una troia disgraziata. Porca bestia. Che stronza. Che poveraccia. Mi piace insultarla. Bastarda. E’ veramente piacevole. Bastarda. Bastaaaarda! Che bello, come se c’è uno dentro di me…cazzo la personalità multipla mi sta venendo, forse ho un demone in corpo…bastaaaarda vedi che anche la voce un po’ cambia bastaaaarda eh eh eh eh però è davvero liberatorio, lo so lo so è depressione dinamica, la rabbia lo so lo so nell’intimo profondo sono accordato con lei perché la rispetto, lei è quella che è, ha le sue ferite BASTAAAAARDAAAA, eh eh insomma dobbiamo essere civili BASTAAAARDAAAAAA eh cosa dobbiamo fare le cose capitano non è colpa di nessuno… MA VA A CAGAREEEE. (Pausa) E’ finita. Soffro, ma sono ancora vivo. Che batosta. Ma finalmente ho capito. E’ una psicopatica. Sì. Ho trovato la diagnosi in internet, in un sito di psicologia francese. Il profilo corrisponde in tutto alla perfezione, non c’è dubbio. E’ una narcisista perversa. (Uomo prende alcuni fogli) Gliel’ho anche scritto. Ecco qua la mail :“Cara ho finalmente compreso tutta la negatività che mi avevi buttato addosso cerchi la mamma etc. dipendevano dal fatto che ti sentivi smascherata, problemi tuoi che proietti su di me. Sono rimasto impressionato nel ritrovarmi vittima di quanto segue, in parte consolato perché ho visto che persone assolutamente sane ci possono cascare e in parte sollevato perché mi sono emancipato da uno stato d’animo confuso e perplesso, perché ho capito qualcosa in più di quanto accaduto. Non sei malvagia, hai pesanti tratti di perversione narcisistica. E’ una diagnosi precisa. Tutto corrisponde nei dettagli, nelle frasi-tipo, nello sviluppo del processo. Corrisponde fino a farmi venire la pelle d’oca. Dalla tua torre d’avorio puoi con calma leggere.
VOCE REGISTRATA “Il narcisista perverso. L’espressione narcisista perverso è utilizzato in psicopatologia per designare l’individuo che presenta una personalità caratterizzata da un estremo narcisismo e da tratti di perversione morale. Il narcisista perverso non prova alcun rispetto per gli altri, che considera solo come oggetti utili per il suo bisogno di potere e di autorità. Fa promesse che non manterrà mai, sapendo che le promesse impegnano solo quelli che vi credono. Sorpreso in flagrante delitto di menzogna, è capace di negare con un aplomb fuori del comune. Sa perfettamente e ferocemente difendere i suoi interessi, dei quali ha sempre una visione molto chiara. Il narcisista perverso è incapace di amare gli altri. E’ incapace di alcuna umanità, di alcun sentimento umano, di alcun affetto. E’ freddo, calcolatore, totalmente indifferente alla sofferenza altrui. Il narcisista perverso non è mai sincero, mente sempre, più spesso effettua delle sensibili falsificazioni della verità che però non si possono veramente qualificare come menzogne. Il narcisista perverso è un commediante nato, le sue menzogne sono diventate in lui una seconda natura . Le sue caratteristiche principali possono essere così sintetizzate:Assenza di valori morali: Egoismo Egocentrismo Menzogna Mitomania Finzione Sadismo Paranoia. SI’ E’ PROPRIO LEI !
Distruggere e negare l’altro Seduzione Dissimulazione Mimetismo Principio di autorità SI E’ LEI PORCA BESTIA, CORRISPONDE TUTTO LEGGI …LEGGI Ama bloccare qualunque discussione con qualche frase definitiva utilizzando il principio di autorità: “ Non posso discutere con te adesso, vedi bene che sono occupata ”INFATTI DICEVA SEMPRE COSI’.
UOMO (in piedi) Era veramente una persona strana questa signora…un po’ multipla…Vede un fuoristrada enorme, nero, lucente: “Che bello! Come mi piacerebbe!” Un fuoristrada!! E poi a casa sua bisognava usare una goccia appena di detersivo, sennò si inquinavano i mari e gli oceani…e poi le piaceva il fuoristrada nero…molto strano…in società si muoveva bene, carina, elegante, cordiale, come quella volta che ha comprato il pollo, cordiale con il macellaio, carina….e per 30 anni faceva yoga e lavorava in una multinazionale del petrolchimico! Del petrolchimico! Con tutte le sue menate su come respirare, su come camminare, sul fumo…e poi lavora al petrolchimico!! Molto strano. Una sera ho visto che chiudeva il coperchio del water…diceva che in casa ci sono delle divinità invisibili e benefiche, li chiamava i Deva domestici, e se non chiudi il coperchio scappano nel cesso…boh…e se sono così benefici perché appena possono scappano nel cesso…? Un giorno mi ha detto che quando si muore permane un corpo eterico e tu puoi credere di essere ancora vivo e invece sei morto…per sapere se sei vivo o no devi andare davanti a una luce, se fai l’ombra sei vivo, se non la fai sei morto…quella è la prova…Veramente strano. Più personaggi che convivono. Chiaro. C’era un personaggio che mi amava. E uno che mi detestava. Facevo quello che lei mi diceva. Compra il letto con il materasso in lattice, e senza chiodi. E io compravo. Mio dio, quanto costano i materassi in lattice! Metti i caloriferi. E io li mettevo. 5.000 euro. Prendi questa tisana. E io la prendevo. Dominante. Manipolatrice. Ma poi anche timida, riservata, fragile, dolcissima. Leggeva sempre. Troppo. Tre, quattro ore al giorno. Un’ora al giorno posso capire. A meno che lo fai di lavoro… Ha letto tutto Proust due volte ! Non è normale. Si era portata un libro di un autore giapponese, “Un amore insensato”, sembrava il titolo della nostra storia, gliel’ho anche detto…beh il libro non le piaceva, era rimasta delusa, ma lo leggeva…non l’ha mollato il libro, anche se non le piaceva leggerlo…dipendente, come io col sigaro… C’è qualcosa che non va. Ma dove trovi il tempo per vivere, per lavorare, se leggi sempre? Ho perso la testa per una pazza. Sì, non c’è dubbio. Una personalità multipla. In quel corpo albergano diverse identità. Forse la personalità multipla è una malattia contagiosa, mia madre mi ha infettato e io come portatore sano ho contagiato lei.…La mamma dov’è?... Ah è qui.
VOCE REGISTRATA “La mamma faceva delle cose …si metteva a parlare con una voce da uomo, anzi più uomini…c’erano tanti personaggi che la abitavano…mi ricordo…Bacco…Il dominante. Quello che si manifesta di più. Voce da uomo in corpo di donna. Occhi da maschio dentro la madre. Luogo di origine medio oriente. Lui non è vegetariano come il corpo che lo ospita. A lui piace il pollo. Io lo chiamo: “Bacco!” e lui ulula:” Poooooollo Poooooollo Poooooollo”, così glielo cucino alla diavola col rosmarino e lo nutro come un cane domestico. Peccato che non ha un corpo, se non fosse dentro mia madre mi piacerebbe legarlo al guinzaglio per addomesticarlo. Gli sono simpatico, spesso si manifesta per avere la mia compagnia. Mi hanno detto che non va bene. Non bisogna parlare con lui. Troppetto…Inconfondibile. Il Mattacchione. Mi piaceva ascoltarlo. Mi raccontava storie dettagliate del Gatto Mammone, della Veggente di Noto…E Pippazzo…! Il ragazzino. Io avevo sedici anni, lui intorno ai dodici. La sua passione era scendere nel limbo, per andare a infastidire i letterati. Gente coltissima con lunghissime barbe canute che leggevano per l’eternità seduti su grandi massi tondi di granito. Allora Pippazzo gli volava addosso per infastidirli e loro si arrabbiavano…e Pippazzo cantava con voce da uomo:” Come un ragazzo, capelli giù…”.Aimbu Bambino nigeriano. Principe secondogenito ucciso in un rito sacrificale. Mi annoiava ascoltarlo. Lo spirito muto. Taciturno e violento. Labbra contratte. Una notte mentre viaggiavamo alla periferia di Milano si è tolta le scarpe ha aperto la portiera dell’auto e ha cominciato a camminare ai bordi della strada ad occhi chiusi. Io e mio padre seguivamo a qualche metro, sperando che mia madre ritornasse in sé, mentre altre macchine si fermavano scambiandola per una prostituta. Dopo due ore e dieci chilometri è ritornata in sé. L’abbiamo raccolta con le vesciche ai piedi.
UOMO. Mia madre. L’ho amata molto e la amo ancora. La onoro. Ora non c’è più. E’ morta. Poveretta. Ha fatto anche lei quello che ha potuto. (Pausa) Certo che io da piccolo ho preso paura. Avevo dentro un immenso “NO” che ho dovuto ingoiare. Ho dovuto fare del mio meglio per diventare ordinato, responsabile, protettivo. Invece avrei voluto urlare la mia paura, il mio bisogno di lei…(Pausa) Perché tanta sofferenza? Perché le cose sono andate storte?Aveva ragione l’Odissea. Le Sirene sedendo in un bel prato/ mandano un canto dalle argute labbra Che attira il passegger/ ma non lontano D’ossa e di umani putrefatti corpi/ e di pelli marcite Un monte s’alza…Tu veloce oltrepassa…Tu veloce oltrepassa…la sapevano lunga…tu veloce oltrepassa…non dimenticarti di come stanno le cose, vai lì, in quella cosa che sta dietro la donna, guarda e veloce oltrepassa…
VOCE REGISTRATA Ho equivocato e mi sono innamorato di Lei. Credevo che era la dea guaritrice. La madre divina. Un grande abbraccio che ti tiene stretto e tu ti senti a casa. La grande consolatrice del penoso passato. Ma lei è una mortale, non è interessata e non potrebbe sfidare le leggi del tempo per essere là, con me, quando ne avevo davvero bisogno. Adesso è tardi. Occulto ai tuoi occhi l’antica sofferenza e mi intrattengo con te nelle ordinarie contingenze, nei pettegolezzi della spiritualità, nei prevedibili giochi, nelle banali attestazioni di affetto, nel superficiale esistere, mentre orfano scendo nella voragine, giù fino al lago di dolore, per contemplare i relitti che galleggiano nel silenzio. Nessun uomo, nessun animale, nessun dio. Là è il mio posto.
UOMO (Riprende in mano alcune foto,legge) “Caro Kranz…( UOMO: eh eh, Kranz…mica male come pseudonimo)…ero un po’ triste, sono stata sulla chat a gironzolare, mi sono stizzita perché non c’eri…poi ho letto i tuoi vecchi messaggi…mi sa che devi essere una persona speciale. Ciao, Gina”. Non mi ricordo più chi sei Gina, ma chiunque tu sia sarai consolata. (Buio)
L'Omino. Monologo teatrale
L'OMINO
di e con Bruno Vergani
drammaturgia e regia Vincenzo Todesco
Un uomo seduto su una sedia. Giacca scura, camicia, cravatta, pantaloni scuri, scarpe nere.
Starei in compagnia se dicessero cose interessanti, ma siccome parlano senza dire nulla preferisco stare solo. Quando sono solo lavoro (Pausa). Indago giorno e notte. Così ho scoperto che il senso non esiste, che la vita è stare in semplicità con qualche amico intimo e volersi bene (Pausa). Che delusione... è tutto lì... niente grandi filosofie, ricerche spirituali... Solo un bisogno d’amore... Una assenza... Adesso anche avere vicino una donna mi farebbe piacere...Una donna un po’ stupida che mi ami in silenzio, sarebbe meglio di mille testi sacri, scalderebbe più di una bandiera. (Pausa) Ma dove sei amata? (Pausa) Dove siete amici? Non mendicherò la vostra presenza, tanto tutti moriremo soli, anche voi. E comunque nessuna donna è in grado di farmi uscire dallo stupore della delusione. Ci vorrebbero quaranta dee con corpo di donna che si ungano con olio di sesamo profumato con fiori di arancio e che preghino per l'eternità respirando incenso, le caviglie colorate di turchese. Che preghino ancora e ancora e ancora. (Pausa) Perché tanta fatica? A che pro? (Chiude gli occhi) La natura segue un suo funzionamento. (Pausa) Tende ad autoperpetuarsi. (Pausa) Gli esseri viventi nascono e muoiono e la natura va avanti. (Pausa) Io faccio parte del funzionamento da sempre e per sempre. L’ho saputo dopo la nascita e lo dimenticherò dopo la morte, ma che io sappia o no alla natura non interessa. (Apre gli occhi) I gatti sono felici, io invece no. (Pausa) So di essere. (Pausa) Una misteriosa malattia. Ma la prognosi è favorevole, perché questa coscienza con la morte cesserà. (Pausa. Poi parla, mentre si toglie la giacca e la appende alla spalliera della sedia. Rimane in camicia e cravatta. Le mani appoggiate sul retro della sedia) Comunque, la teologia mi ha fatto divertire. Il latte della madonna, la resurrezione dei corpi, il purgatorio... Mi fa venire in mente quelle lumachine che si spurgano sulla segatura, per essere cucinate e incamerate nel gran ventre del benefattore. (Pausa) E se un bambino muore non battezzato ma senza avere avuto il tempo di fare un peccato anche piccolo piccolo? Va nel limbo... il limbo... sembra il nome di un ballo sud americano, invece devono rimanere tutti lì fermi ed ammassati, quelli che non hanno ricevuto il battesimo ma si sono comportati bene in vita... Che so, Gandhi, Platone, Aristotele...Centinaia di miliardi... molti di più di quelli che stanno in paradiso. Adesso ho letto che vogliono eliminarlo... Chissà dove andrà a finire Gandhi... e Platone...Non sanno cosa è il limbo... il limbo esiste... è quel posto dove vanno gli amori pensati e non vissuti, i desideri non realizzati, le atrocità non commesse per caso, per coincidenza, per bontà. (Pausa. Si sistema sulla sedia. Le mani sulle ginocchia) L’altro giorno ero stato bene, addirittura felice. Per una notte. Il corpo pieno di peyote e gli amici lì vicino in silenzio. Una famiglia. Andava tutto bene, non bisognava star lì a spiegare. Potevi dormire, parlare, vomitare, e tutto era perfetto. Un amore così forte che dava un po’ di sofferenza. Un mix di amore e sofferenza. La compassione di dio. (Pausa) Forse la sofferenza dell’umanità è il carburante che fa funzionare dio, che così arde ed esiste. Forse dio è un orco, o un demone. La verità è che non c’è motivo. Non c’è dio. Si tratta solo di funzionamento. Di combustione. Era bello stare con gli altri, e se andavi via loro rimanevano con te, però era più bello se c’erano davvero. Vivere e morire era un po’ la stessa cosa. Poi tutto è finito e mi mancava quella cosa. Sempre mi è mancata quella cosa. Anche adesso mi manca quella cosa. Del senso ultimo non mi interessa più nulla, però il cercarlo mi ha fatto passare il tempo... Mi ha illuso che la mancanza di quella cosa fosse più sopportabile, che forse una risposta sarebbe potuta arrivare... Ho indagato a fondo e la risposta non è arrivata, ma intanto mi sono sentito un cercatore di verità. Un buon intrattenimento. (Pausa. Alza un piede, slaccia lentamente una scarpa, parlando) Forse la risposta mi potrebbe arrivare da una donna stupida che mi allatti in silenzio. Non mi fido di lei. Le scritture non danno la risposta, ma almeno non tradiscono. (Toglie la scarpa e la tiene in mano) Ricorda Schopenhauer... l’Avaida Vedanta... Ti manca la cosa? Non cercarla. Ricordati che tu non esisti, sei un agglomerato di cellule che rispondono a decreti biologici, un paciugo di ricordi. Ma tu, tu non ci sei. (Pone la scarpa sul pavimento davanti a lui e ritorna fermo e composto) E se non ci sei, se non esisti, nel buco nero chi ci va? Eh? Chi ci va? Nel buco nero lì sempre presente che genera un mulinello che attira verso il basso verso il nucleo di morte? Se io non esisto, nel buco nero non ci va nessuno. (Slaccia la seconda scarpa) Il buco nero non mi piace, quindi accetto l’ipotesi che non esisto. E’ come prendere l’oppio per lenire il dolore... Il dottore dice che l’oppio non cura la malattia, quindi non serve. Non è vero. Serve. Io ho scelto il dottore che mi ha dato l’oppio. (Pone la seconda scarpa sul pavimento) A me il buco nero non piace. Il buco nero l’ho guardato in faccia. Sono rimasto vivo solo perché non esisto. Il mulinello gira veloce e tira giù. E’ sempre lì. Ma quella notte si era fermato. Almeno mi era sembrato. Per un po’. (Slaccia lentamente la cravatta) E’ semplicemente una questione di biochimica del cervello. In San Pietro il Papa era là, morto, non c’è stato uno capace di andare lì e dirgli alzati e cammina. Sono stati capaci di vestirlo di rosso e di attaccare stendardi sull’altare. Fanno pena. Che provino ad avere il coraggio di resuscitare un morto. Almeno uno ogni dieci anni. Non possono, perché credono che i morti per resuscitare devono alzarsi in piedi invece che sciogliersi nella terra e diventare lombrichi e poi cibo per altri animali nel grande funzionamento. Forse il buco nero lo hanno inventato loro. Non lo so. Ma un morbo antico ha infettato lo sperma e poi il latte materno che io ho bevuto e mi sono contagiato. Solo le sacre prostitute potrebbero guarirmi. I pochi amori di donne moderne non mi hanno lenito la ferita. Meglio il peyote. Meglio il vedanta... (Cincischia con la cravatta slacciata) Ho preso la vita come veniva, mi sono intrattenuto con quello che veniva. Mi diverte pensare che c’è un regista occulto che fa accadere le cose, e prendermela con lui se non mi piace il copione. Primo comandamento: mai prendere iniziative. Mai prendere la paternità dell’azione. Essere fuori dal gioco. Sempre qualche metro più in là per osservare meglio. Qualcuno lo deve pur fare. A me piace. Non faccio male a nessuno, perché volete togliermi l’intrattenimento, non è che i vostri siano meglio. Che devo fare? Lavorare? Già fatto. Procreare? Già fatto. Impegnarmi? Già fatto. Amare? Dove? Quando? Chi? Cosa? Non voglio affaticare quaranta dee, non ne vale la pena. (Appoggia la cravatta sulla spalliera della sedia. Slaccia la camicia, parlando) E se avessi sbagliato tempo e luogo? Dovevo nascere al tempo delle fate, mi sarebbe andato bene anche essere il figlio di una strega, pur di essere lì. Le streghe si ungono con il giusquiamo, il corpo diventa leggero e volano. Da bambino ho incontrato una strega, la “Teresa del bosco”, mi ha preso per mano e mi tirava “ven ki, ven ki”, ero terrorizzato, forse mi ha benedetto. C’era anche la nonna Ida, una vecchina vicina di casa... Di notte la vedevo che entrava dalla finestra della camera e veniva a dormire con me, nella culla... Avevo due, forse tre anni... (Toglie la camicia e la appende alla spalliera della sedia) Da grande sognavo che ero dentro una grande botte, in balìa di un grande fiume che mi portava via. Mia madre mi chiamava amorevolmente dalla sponda per salvarmi. Appena sveglio ho visto mia madre nel corridoio, in carne ed ossa. Non c’entrava nulla con quella del sogno. Era orribile, ottusa. Non è possibile che io sia figlio di quella cosa. Solo il corpo viene da lei. Io sono figlio delle fate, della strega e delle sacre prostitute del tempio. E’ per questo che mi annoio se non volo. (Pausa) Non ti offendere se non ho sofferto troppo quando sei morta. Per consolarti puoi pensare che facevo finta di non soffrire, per non soccombere al troppo dolore. Meglio che tu sia morta presto. Pensa come me, che tu non sei nessuno e hai partorito il non nato. Così per un po’ starai in pace. (Si alza in piedi e toglie i pantaloni) Eccomi a mendicare l’amore non avuto. Meglio non offendere, non ferire, essere accomodanti, servizievoli, buoni, rapidi nel rispondere ai bisogni altrui, evitare i conflitti, far sì che tutti ti vogliano bene, così poi qualcuno ti amerà un po’. (Si siede, piega i pantaloni e li appende alla spalliera della sedia) D’accordo, non è stata colpa tua. Hai fatto quello che hai potuto, però mi hai complicato la vita. Stai tranquilla. Di tutte questa cose non me ne faccio un gran problema. Ma tu, non vergognarti di andare al tempio, se tu diventi amica delle sacre ragazze che lì lavorano, io riderò felice. Ma non cercarmi. (Pausa 5’’) Non cercarmi mai più. (Pausa 5’’) Bastardo, dimmi: quando è cominciato il tutto? Dimmi, quando è cominciato il tutto? (Pausa 5’’) Che sofferenza essere se stessi. (pausa 5’’) Sono stanco. (pausa 5’’) Tutto è compiuto. (Socchiude gli occhi… buio)
Kranz. Monologo teatrale
KRANZ
di e con Bruno Vergani
drammaturgia e regia Vincenzo Todesco
Un uomo di circa 73 anni. Kranz. Barba non rasata. Camicia bianca stazzonata e sporca, con panciotto e pantaloni neri. Calzini marroncino. E’ su una vecchia poltrona semisfasciata. Non si vede all’inizio, perché è coperto da un telo liso e qua e là con tracce evidenti di sporco. Il vecchio ne è completamente coperto, sbadiglia, ne emerge togliendoselo di dosso. Si è svegliato. Si guarda attorno. Sorride. Ai due lati o della poltrona un cesto, ed un catino. In una cornice una radiografia. L’uomo si sporge e prende dal cesto uno yogurt ed un cucchiaino. Apre la confezione e si mette a mangiare lo yogurt. Parla.
Bene. Bene. Raramente penso al passato. (Ingurgita un cucchiaino di yogurt) Quando riuscivo ancora a vivere con me stesso. (Yogurt) Cercavo Dio, ma siccome era difficile trovarlo l’ho cercato nella religione. (Yogurt) Sono diventato monaco. Un massacro (Finisce lo yogurt e succhia ben bene il cucchiaino per pulirlo). Chissà perché ho resistito per cinque anni (Depone nel cesto yogurt e cucchiaino e prende un tovagliolo). (Pausa) Però una cosa mi piaceva. (Si pulisce gli angoli della bocca) La compassione. Aiutare gli altri. (Sorride). Così quando ho incontrato una ragazza che aveva bisogno di aiuto l’ho sposata. Dopo quindici anni, quando si è ripresa, mi ha massacrato. (Medita). Beh…beh (Estrae dal cesto uno spazzolino da denti) Ex monaco. (Estrae dal cesto un tubetto di dentifricio) Ex marito. (Mette un po’ di dentifricio sullo spazzolino, richiude il tubetto e lo ripone nel cesto). Però un modo l’ho trovato per tirare avanti (Estrae dal cesto una bottiglia d’acqua) Il lavoro. E l’abitudine (Estrae dal cesto un bicchiere, versa acqua nel bicchiere, vi immerge lo spazzolino ) Un giorno ho letto di un vecchio tabacchino indiano che diceva che noi non siamo nati (Comincia a lavarsi i denti).Quello che è nato è solamente il corpo (sputa nel catino), che non c’entra per nulla con quello che siamo veramente. (Continua a lavarsi i denti, si sciacqua la bocca e sputa nel cestino.) Diceva che noi siamo coscienza. Energia eterna. Onnipervadente (Ripone lo spazzolino nel cesto, prende dal cesto un astuccio per occhiali. Lo apre ed estrae un paio di occhiali. Si mette a pulirli con uno straccetto.) Il tabacchino diceva che soffriamo per un equivoco perché crediamo di essere il corpo invece che la coscienza impersonale. Beh… (Guarda attraverso le lenti per vedere se sono pulite bene) . Un po’ mi secca accettare che come persona non esisto. (Si ferma. Pensa. Sorride) Forse è meglio come dicono i cattolici, andare all’ inferno per l’eternità ma con l’io pimpante e integro. (Sorride) Però che leggerezza staccarsi dalla propria storia. (Mette gli occhiali) Vivere senza pensiero. Senza memoria. Senza giudizio. Vivere senza me stesso. Beh…beh…(Estrae dal cesto un giornale evidentemente molto vecchio). A volte mi succede di avere un picco di consapevolezza che mi libera da me stesso. Dura poco. Quanto basta per osservare il carnevale nel quale mi trovo per essere nato senza averlo chiesto.(Ride leggermente) Mica male, il picco. Niente male. (Sospira. Apre il giornale e cerca una notizia) Il problema è che se ci si sforza il picco non arriva. Viene da solo, così, senza motivo. Non si deve fare assolutamente nulla (Abbassa il giornale sulle ginocchia) Ci vuole uno stato mentale come quello che viene spontaneo quando defechiamo. Una mente serena, un po’ assente, staccata e indifferente. Allora il picco potrebbe anche arrivare (Riprende il giornale) Beh…beh… (Trova la notizia) Ah! Ecco! (Legge)“Asportato al Policlinico Gemelli di Roma un calcolo renale con una tecnica innovativa. L’équipe del prof. Moro ha eseguito per la prima volta in Italia un intervento di frammentazione ed aspirazione di un calcolo renale di 100 millimetri con la tecnica made in USA del laser abbinato ad una cannula aspiratrice. L’innovativa tecnica permette di evitare la asportazione del rene, fino ad oggi ritenuta necessaria nei casi di calcoli superiori ai 70 millimetri. Il paziente, un uomo di 60 anni, si era rivolto… (Smette di leggere. Abbassa il giornale, lo piega e lo mette nel cesto. Si toglie gli occhiali). Bene… bene… 100 millimetri… Ultimamente mi sono ammalato. Il tabacchino avrebbe detto: “io osservo questo corpo che si è ammalato”, beh in ogni caso si è formata una pietra di 80 millimetri dentro il rene. Quello sinistro. (Ripone gli occhiali nella custodia, poi il tutto nel cesto). ( Pausa) Gli amici per aiutarmi mi hanno rivelato che le malattie sono generate da blocchi interiori. Parlano di psiche, di anima per spiegarmi che mi sono ammalato per colpa mia. (Pausa) L’altr’anno avevo piantato dieci meli in filare. Uno ha preso il verme ed è morto. Non so se è stata colpa sua. Forse sì. (Inspira, trattiene il respiro e si palpeggia il fegato, espira. Preme un interruttore e una luce illumina la radiografia). (Pausa) La mia radiografia. In una radiografia si vede una persona in trasparenza. Si vede dentro. Si vede tutto. Però non c’è niente di particolare da vedere. Potrebbe essere quella di un cadavere. Potrebbe essere quella di un altro. I corpi, mio o tuo, vivo o morto, dentro sono tutti uguali. Anche i respiri sono tutti uguali. Qualcuno continua, qualcuno cessa, qualcuno inizia. (Pausa. Si dondola leggermente, ad occhi chiusi) A volte, molto tempo fa, frequentavo cerimonie con nativi americani che avevo incontrato per caso. Con loro ingurgitavo nottetempo piante psicotrope attorno ad un fuoco. Quando la sostanza andava in circolo il corpo vomitava. (Si arresta, Apre gli occhi). Lo sciamano spiegava che succedeva perché il corpo si purificava. Nella notte non consideravo che il vomito era provocato dalla tossicità delle piante. Mi sentivo davvero bene. Ritornava il picco. La consapevolezza… Poi quando la sostanza era smaltita tutto passava e mi ricordavo ancora il mio nome e tutti i nomi che il creatore ha inventato per differenziare le cose e divertirsi a giudicarle. (Estrae dal cesto un orologio da tasca. Lo carica. Lo porta all’orecchio. Riprende a caricarlo. Sorride). Anche mio padre è morto dopo una vita degna… dove va la fiamma della candela quando l’abbiamo spenta? (Pausa) Non ho chiesto di nascere. (Pausa) Non mi ricordo di essere nato (Pausa). Figli, genitori, amici, io…tu…loro. Io…tu…egli…noi…voi, pronomi personali dentro una goccia di sperma. (Pausa). La mamma. (Pausa) Da morta era più dolce (Pausa). Anche lei ha avuto i suoi problemi e molto peggiori dei miei. Tutto è successo perché non poteva fare altrimenti. (Pausa) Non c’è nulla che devo perdonare. (Pausa) Ho preferito non vederla morta dopo l’incidente. Però, senza volerlo, avevo visto una sua scarpa incastrata nelle lamiere contorte e mi era venuta un po’ di nausea. (Pausa) Papà una settimana dopo l’incidente ha detto : E’ come quando si picchia il gomito, fa molto male ma dura poco. Era il suo modo per tenersi su. (Pausa) Anch’io ho avuto il mio modo per tenermi su, ho pensato che tutte le sue omissioni, controlli, ambiguità, doppi legami mi hanno permesso di diventare più autonomo e sensibile. (Pausa) Però che fatica quando nella vita ho avuto a che fare con le donne… e adesso? (Pausa) Adesso è troppo tardi, il gioco è per fortuna chiuso, da tempo. (Pausa) Va bene così, mamma. Ti voglio bene così come sei stata. (Pausa) Ora puoi andare. (Pausa) Anch’io posso andare?… (Pausa) Non che abbia un posto particolare dove andare. Sto bene qui. Mi va bene così. Si, lo so, gli amici ben intenzionati mi dicono che non va bene così. Che bisogna darsi da fare. Essere attivi. (Pausa) E perché? Per raggiungere che cosa? Per arrivare primi alla fine del viaggio dove arriveremo comunque tutti? Strana gara. (Pausa’) Strana vittoria. (Pausa) Ma guardate i gigli del campo e gli uccelli del cielo, lo dice Gesù, sono così perfetti non si preoccupano del futuro; Salomone nella sua gloria non aveva un oggetto così perfetto e prezioso come i gigli che crescono spontanei nei campi. (Pausa) Ma lasciatemi in pace. (Pausa) Ma lasciatemi tranquillo (Pausa. Si china per raccogliere la coperta.) Mah. Forse hanno ragione loro… Forse hanno ragione loro. (Sbadiglia, si ricopre completamente con la coperta e si riaddormenta. Buio)
Il rene. Monologo teatrale
IL RENE
di e con Bruno Vergani
drammaturgia e regia Vincenzo Todesco
Una serie di radiografie appese ad un filo. Dietro una lampadina, che si accenderà a comando. Ogni radiografia è accompagnata da un referto medico. Un tavolo con due ciotole accanto alle quali stanno raccolti ordinatamente rispettivamente dei pomodorini e una cipolla con spicchi di aglio. A fianco, una ordinata montagnola di piselli con buccia. Un coltello. Un tagliere. Un pentolino con acqua e una peretta, boccette di medicinali. Un secchio ai piedi del tavolo, coperto da un canovaccio da cucina. Appoggiata al secchio una sedia con rotelle. Lungo la parete, un tavolo con fornello a gas: sul fornello un pentolino piccolo , spento, ed una pentola grande piena di acqua, accesa. Sul tavolinetto anche olio, sale e spaghetti. Un uomo vestito dimessamente è seduto al tavolo.
Il peggio è passato. (Pausa) Quando cercavo la felicità senza trovarla. (Pausa) Quando imitavo gli altri e credevo di essere qualcuno. Parlavo di cose complicate, che fingevo di capire. (Pausa ) Però il fondo l’ho toccato di rado. Non sono stato così stupido da avere entusiasmi (Pausa). A parte Dio. E l’aver obbedito alla natura facendo figli. Per poi sentirmi un po’ eterno. (Pausa) Peccati di gioventù. (Pausa)
E adesso che non ho nessun creatore… Adesso?
(Traffica con il pentolino, la peretta e l’acqua)
Un po’ di sapone di Marsiglia nell’acqua della peretta scioglierà tutto. Non troppo sapone perché irrita. Peccato non poter usare il “Grassex”, quello sì che sgrassa. Inquina ma sgrassa. Ma va bene solo per i pavimenti. (Medita) In qualche modo esistevo nell’essenza dei miei genitori? Continuerò ad esistere in quella dei figli? (Pausa) Non mi inventerò nulla per aiutarmi a tirare avanti. Che siano gli altri ad affaticarsi nel mentire. (Prende i pomodorini e comincia ad affettarli e li versa nella prima ciotola. Intanto, parla) Avrei preferito nascere già vecchio, così da non avere ricordi, come i gatti della strada. (Pausa) Quelli si accoppiano senza amore. Senza bisogno di Messia e Guarigioni Miracolose (Pausa) Una volta ho catturato una gatta selvatica. Ho aspettato che fosse affamata, l’ho attirata con del buon cibo, l’ho afferrata per la collottola e le ho dato da bere del latte mescolato con erbe rare e mentre mangiava recitavo la formula: nutriti! nutriti! (Pausa) Non è mai diventata domestica, però mi cerca quando ha fame. O forse cerca le erbe psicotrope. D’inverno sta fuori al freddo. Potrebbe entrare in casa insieme agli altri gatti ma non vuole. Preferisce soffrire in solitudine. (Pausa)I cani mi sono antipatici. Più sono grossi e più diventano stupidi. Hanno un cervello piccolo ma fanno stronzi enormi. (Medita)… Anch’io in ospedale ho avuto le visioni procurate della ventilazione artificiale. Vedevo dall’alto me stesso che stava in casa, si preparava da mangiare, andava alla posta… la visione non era interessante ma ad un certo punto mi sono accorto che lui nel fare tutte queste cose soffriva un po’ed era triste. Non aveva capito che non era nella realtà ma in un film. La cosa mi ha fatto quasi morire dal ridere. Lui faceva sul serio, come se tutto fosse reale. E più era triste più io ridevo. (Pausa) Anche se in quello stato di osservazione, forse ero già morto. (Pausa) Forse i morti ci guardano. Forse si può uscire da se stessi e guardarsi. Specie quando la tristezza ci sommerge. (Comincia ad affettare le cipolle e l’aglio e le ripone nella seconda ciotola. Intanto parla) Troppa fatica per cambiare, troppo tardi per cambiare, non ci sono ragioni per cambiare, ho paura di cambiare, sono troppo stanco per cambiare, non ho motivi per cambiare, ho sonno e mi viene da vomitare e mi fa male la testa, non ce la faccio a cambiare, non voglio cambiare, è pericoloso cambiare. Posso fingere di cambiare. Posso cambiare facendo sempre le stesse cose. Posso non cambiare facendo cose sempre nuove. Devo rimanere immobile. Se resto fermo ce la faccio. (Lunga pausa) Non voglio dare fastidio. Preferisco stare solo e sapere che gli altri stanno bene grazie a me. (Pausa) Anche questa malattia… il rene… quello sinistro… calcolosi a stampo rene sinistro recidivata in quattro mesi. Quattro mesi. Un record. (Comincia a sbucciare i piselli, che accatasta ordinatamente in un angolo. Getta le bucce nel secchio. Intanto continua a parlare) Anche questa malattia, al rene, è meglio che capiti a me piuttosto che a un altro. Io ci sono abituato. Sarà la decima operazione. Un anniversario. Da festeggiare. (Pausa) Eh sì…io soffro al posto degli altri…come Gesù. Chissà quante volte ha riso Gesù nei trentatré anni di transito terrestre… Forse una volta. Da bambino. Quando ha succhiato il latte per la prima volta.(Pausa) Ma come ha fatto la Madonna ad avere il latte se era vergine? Non è plausibile che l’ipofisi immacolata abbia prodotto prolattina a sufficienza. Forse si è prodotto un latte scrematissimo, verginale. Ma e il bambino? Ha corso il rischio di morire di fame. A meno che abbia avuto un corpo di costituzione angelica. Oppure che come integratore della secrezione materna abbia succhiato latte di asina o di mucca… ma in tal caso avrebbe ereditato una parentela biologica con i bovini… Roba da eretici… Però… la versione ufficiale dice che c’erano un bue ed un asino nella grotta a Betlemme… vuoi vedere che erano una mucca e un’asina a cui poi hanno cambiato il sesso per nascondere la verità..? … Che storia… Davvero un pasticcio essere figli di dio e nascere da una donna… (Spinge la sedia a rotelle verso il fornello. Versa olio nel pentolino e accende il gas. Prende la ciotola con cipolle e aglio e la versa nel pentolino. Mescola) Ho sonno…Quando la coscienza inizia a ritirarsi, tutto scompare. Ti abbandonano rapidi i pensieri. Un istante prima della fine ti appare perfettamente chiaro che tutta la questione si riduce a “sono” o “non sono”. Quando il “io sono” si attiva sei triste oppure felice, quando si ritrae non pensi più e allora non sei felice ma neppure triste… (Prende la ciotola con i pomodorini e la aggiunge nel pentolino. Spinge la sedia vicino alle radiografie.) Si può conoscere con precisione lo stato di salute di un corpo: se l’azotemia raggiunge i 10 mg e non supera i 50 vuol dire che stai bene. Ma in quali parametri deve rientrare un’anima per essere considerata sana? Forse gli scienziati americani lo sanno. Loro sanno tutto. Una diagnosi precisa permetterebbe una cura efficace. (Pausa) Se mi ricordo bene qualche birra in più e la compagnia di una femmina sono un discreto anestetico. Però il sacro funziona meglio. Se non fosse per gli effetti collaterali lo si potrebbe prescrivere anche ai bambini. (Accende la luce dietro le radiografie. Le esamina)Urografia: 1999, calcolosi renale sinistra. Bonifica endoscopica.2003: rene sinistro calcolosi a stampo completa formatasi in dieci mesi.2004: calcolosi a stampo rene sinistro recidivata in quattro mesi.(Lunga pausa 10’) Ho inventato un dio per non cambiare. Uso la malattia per non cambiare. Sono riuscito a procurarmi una malattia e a farla durare per trent’anni. Roba da Nobel. Tutta colpa del rene sinistro. E’ sempre stato insoddisfatto e sofferente. Mai grato. Infantile. Sempre bisognoso di attenzioni e di cure, fino alla nausea. E più lo curavo, più lui si ammalava. Adesso basta. Che se ne vada per il suo destino di putrefazione, lontano da me. (Pausa) Oppure potrei venderlo ad un riccone di quelli che vanno in India a comprarsi dai poveri un rene, glielo cederei a prezzo modico. Sì caro signore, stia tranquillo, è un ottimo rene… sì, è di un sessantenne… non è di primo pelo. Ma è sano. Sano garantito. Invece glielo vendo mezzo marcio e senza togliere neppure i calcoli, poi i soldi li dono alle suore di madre Teresa di Calcutta… o forse no, forse me li sputtano al Riz. Per un mese. Pranzo e cena. Alla faccia del rene. (L’uomo torna al fornello, spegne il gas sotto il pentolino. Assaggia il sugo. Intanto parla) Dopo sei ore, al risveglio dall’operazione avevo più anestesia in corpo che sangue. Roba da far impallidire qualsiasi drogato. La coscienza andava e veniva in un istante, come quando si accende e spegne la lampadina del soggiorno. Quando si spegneva, nello sparire vedevo che con me si dissolveva l’intero universo. Quando si accendeva, prima tornavo io e immediatamente dopo, ma dopo di me, tutto quanto. E’ dunque l’universo che esiste grazie a me e non il contrario. Davvero semplice: se si riuscisse a spiegarlo all’asilo le religioni smetterebbero di colpo, come i temporali estivi. Anche i deboli imparerebbero, senza inutili complicazioni, ad affrontare il proprio pezzettino di nulla. (L’uomo torna al tavolo. Lentamente rimette in ordine le cose sul tavolo. Pulisce il tagliere con il canovaccio. Appoggia il canovaccio ben piegato sul secchio. Sistema la peretta, il pentolino, le ciotole. Pulisce il tavolo. Sistema il mazzo di carte. Mentre lavora, parla) Sono mortale? (Pausa) Sono immortale? (Pausa ) Che importa? Io sono e non sono. E’ il diavolo che mi sussurra: tu esisti…tu esisti… tu esisti. Eh sì, le divinità non accettano di essere trascurate. Si fanno sentire. Si vendicano. (Pausa) Contemplazione di un pisello (Pausa). Imparare come un bambino a dire la parola: pi-sel-lo. (Pausa) Non c’è distanza (Pausa). Tutto è qui e ora. Il tempo non si è ancora staccato dall’eternità (Pausa). La spirale dello spazio-tempo si avvolge su se stessa. In realtà mai si muove. (Pausa) E’ sempre qui e ora. Continua la sua veloce corsa sul posto. Come un corridore si allena su un nastro trasportatore. E’ sempre fermo (Pausa). La primavera dell’anno passato, quella di milioni di anni fa e quella di adesso si ritrovano (Pausa ). Quanti anni ho? (Pausa) Mi hanno assicurato che sono nato in un giorno preciso. Che ora ho sessant’anni. (Pausa) In realtà non è mai successo nulla. (Pausa) Un fremito nel vuoto. (Buio)
novella via priore
Ho comprato una modesta abitazione nel centro storico. Monolocale medioevale ristrutturato con gusto in via Priore 20, l'indirizzo più bello che ho mai avuto anche se non ci andrò ad abitare. Fiero ho portato i miei figli a vederlo. Arrivo all'ingresso, davanti al portoncino che avevo visto due giorni prima e che ricordavo come la porta secondaria del paradiso. Me la trovo imbrattata con enormi scritte nere: "Cip ti amo, ci vediamo domani" firmato "Ciap". Vernice spray lucida brillante, indelebile. Tutto il vicolo è tempestato di recenti messaggi "Ciap ama Cip", "Cip ama Ciap", puntini di sospensione oltre a una decina di punti esclamativi. Calligrafia femminile da liceale, stampatello neutro di chi chiede attenzione. Rimango immobile, un blocco procurato dall'elidersi di due stati d'animo contrastanti. Rabbia per avermi sporcato la porta del paradiso e simpatia per la ragazza che, con l' eversività di cui è capace, comunica l'amore per il suo ragazzo, per la vita. Dentro quei "Cip Ciap" c'era qualcosa di importante.Torno a casa, quella dove abito. E' passata mezz'ora e la simpatia per l'anonima non c'è più, la scocciatura per la porta imbrattata si. Scrivo al sindaco e già che ci sono anche alla polizia municipale.All’ Ill.mo Signor Sindacoc.p.c.Polizia municipaleRACCOMANDATAOGGETTO: muri imbrattati centro storico via Priore Il sottoscritto con la presente denuncia gli atti di vandalismo perpetrati da anonimi nella via in oggetto, che recentemente è stata imbrattata con scritte sulla porta della mia abitazione e sui muri di tutta la via. Un degrado ambientale ed estetico che, oltre a compromettere il decoro della città, si rivela controproducente per lo sviluppo turistico in quanto è stata colpita proprio la zona avente carattere storico e di pregio ambientale di maggior rilievo.Nel comunicare che mi impegnerò alla ripulitura di quanto mi compete, La prego di segnalare e attivare l'assessorato competente e la Polizia municipale onde effettuare un sopralluogo e, per quanto possibile, identificare gli autori per prevenire recidive. Qualcosa mi rode dentro, non mi sento sereno, allora aggiungoEvidentemente si tratta di educare più che di punire i responsabili, presumibilmente dei giovani che ignorano la bellezza della propria città. Non è il massimo della profondità, però mi ha sporcato la porta del paradiso. Non sono sereno ma mi sembra un buon compromesso e chiudo la lettera.Ci dormo sopra. Cestino la raccomandata e vado in via Priore con il diluente nitro, quello forte. Pulisco a fatica i "Cip e Ciap" e attacco sul portoncino una tela bianca e sopra un foglio con scritto: se hai qualcosa da dire scrivilo sulla tela, così non verrà cancellata e la potremo conservare. Sono rimasto in attesa qualche giorno. Mi sembrava di essere un cacciatore che avendo visto un animale interessante ha costruito una trappola per catturarlo e poterlo vedere da vicino. Passa una settimana. Ansioso arrivo al portoncino. Sulla tela è mal disegnato con un carboncino un fallo storto, con sotto scritto "fottiti". Rimango sereno perché tutto sommato ha funzionato, ma specialmente perché la calligrafia è un altra. Pulisco la tela, per fortuna il carboncino si pulisce agilmente. Ripasserò tra tre giorni.