Sappiamo dei vantaggi e delle difficoltà nei gruppi umani. Il club sostiene, stimola e talvolta consola. Poi chiede il conto alle soggettività in gioco: adattamento, tolleranza, comprensione e qualche rinuncia in nome della causa comune. Ho osservato gruppi, atei o con fede, con soggettività assolutamente eterogenee rimaste stabilmente unite. Questione di bilancio: probabilmente il dare/avere raggiunge, per ogni singolo appartenente, un discreto equilibrio. La compagnia sacramentale è altra cosa. E’ permanenza di Cristo presente nel rapporto con l’autorità. Si esprime in una compagnia guidata da uomini che per processo analogico, direi misterico se non evocasse qualcosa di pagano, rappresentano Cristo stesso. Il mistero dell’autorità è il mistero di Cristo. Gli addetti ai lavori chiamano la modalità di questo rapporto carisma.
Alcuni sperimentano il carisma in modo vago. Credono che il Papa rappresenti Cristo nella storia e così lo guardano con devozione al telegiornale delle 13 e un paio di volte nella vita vanno in piazza San Pietro a battergli le mani sotto la finestra. La modalità di relazione con l’autorità non determina significativi cambiamenti del loro vivere. Continueranno amando e lavorando come riterranno opportuno, ispirandosi di tanto in tanto a quella generica figura di riferimento, con la quale manterranno informe e intermittente fedeltà e obbedienza. Per altri la modalità di rapporto col Dio presente attraverso l’autorità assume maggior concretezza e precisione. Seguono un responsabile nel gruppo ecclesiastico a cui appartengono. Siccome la compagnia è guidata per adempiere al precetto si recheranno una volta al mese dall’autista, così a colloquio con il Dio che si manifesta attraverso il superiore metteranno sul tappeto le scelte di vita che decideranno di riferire al superiore, poi cercheranno di aderire alle indicazioni avute. Siccome non è proibito anche se non è necessario possiamo far sì che la verifica umano esistenziale del carisma si concentri maggiormente, per appurare quanto sia è plausibile che Dio si possa mostrare attraverso l’autorità di uomini. Addentriamoci nei pericolosi territori dove si fa esperienza del carisma al massimo grado. Alto dosaggio, concentrazione fino alla saturazione rifiutando modalità di rapporto con l’autorità generiche, intellettuali, vaghe e indeterminate. Esperienza fisica completa, attrito radente. Nella sala prova motori rasentiamo il fuori giri per appurare se il pistone grippa o si esprime in tutta la sua gloria. Carisma con oggetto reale. Vincolo netto. Fatti. Nomi. Carisma che concresce, che si rapprende e indurisce. La verifica al massimo dosaggio va pur eseguita, perché un po’ di veleno a bassissime dosi può anche curare, quindi ci sembrerà innocuo o assolutamente utile. Solo nell’aumentare la concentrazione capiremo se è mortifero o salvifico.
Ambiente di prova congruo all’esperimento: ambienti monastici. Lì nel ruolo di ultimo novizio, subalterno a tutti, potremo verificare sul campo quanto il carisma specifico, come modalità di rapporto assoluto con l’autorità, ci farà fiorire in umanità, energia, passione e vitalità. Il minimo sindacale che si possa chiedere ad un Dio incarnato che promette il centuplo quaggiù. La verifica sarà totale, assoluta, pragmatica e precisissima, così dai frutti riconosceremo l'albero. Escludiamo teologie o filosofie inquinanti, solo carne e sangue, nomi e cognomi: novizio Antonio, capo casa Gennaro. Dentro questa obbedienza materica full time verificheremo quanto Antonio nell’obbedire per davvero al capo casa Gennaro si realizzerà come uomo attraverso il carisma. Nel farlo non basta ad Antonio il far proprie le ragioni di Gennaro, individuando ed accogliendo e quindi eseguendo l'informazione di fondo che il capo esprime. Nella pratica quotidiana del novizio Antonio non basta accondiscendenza, accettazione e neppure identificazione con Gennaro. Antonio dovrà perlomeno appropriarsi dei contenuti, dei giudizi e delle opinioni di Gennaro per farle diventare intimamente proprie sentendone il valore in quanto Gennaro è Cristo presente. Ma questo non è ancora sufficiente, per Antonio urge- indifferente al grado di sensibilità, onestà e verità del capo- l’assoluta interiorizzazione di Gennaro per la sacramentalità dal capo espressa e significata. Le parole che accompagnano il processo appaiono affascinanti: carisma, analogia, segno, mistero, sacramento ma tutte significano una cosa: che Antonio abbia a dipendere ontologicamente da Gennaro. Ontologicamente vuol dire che è questione di vita o di morte. Anzi di più. La stessa percezioni d’essere di Antonio dipende dall’obbedienza a Gennaro. Il codice penale, che nulla capisce di queste cose, definiva tale dinamica plagio. Don Giussani che invece comprendeva la chiamava Mistero così si attardava a giocare col fuoco. Sapendo quanto il peccato originale rende i bambini e gli adolescenti ingenui dovevano alzare l’età di ingresso nelle case dei Memores almeno ai quarant’anni. Però, se ben ricordo, in quegli anni si chiamava “Gruppo adulto” un nome giusto. Quando ho eseguito l’esperimento ero giovane quindi ingenuo ma non innocente, perché già capace di far del male a me stesso. Dovrebbero scriverlo sulla porta delle case dei Memores: vietato l’ingresso agli ingenui. Però non è escluso che in qualche modo misterioso Iddio si veicoli agli uomini con la somministrazione di carismi specifici. Attenzione ai dosaggi.