BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Venerdì, 16 Ottobre 2015 14:04

Vitex agnus-castus

Al tramonto ho piantato l’Agnocasto nel mezz’ettaro di terra pugliese a dieci chilometri dalla costa adriatica, luogo che considero laboratorio filosofico più che botanico. L’ho congiunto ad un migliaio d’altre piante di differenti specie che ho piantato negli ultimi anni. Varietà della macchia mediterranea perlopiù nostrane solo talvolta strane: qualcuna del Sud Africa e delle coste del Cile, altre dell’Australia occidentale, zone con clima simile a quello mediterraneo ma dove vegetano altre specie.

Esperimento planetario di biodiversità che non serve proprio a niente se non ad implementare una discreta armonia estetica, a patto che le piante siano ben curate e governate così che non degradino nel catatonico. Eppure in questo inutile piantare ho sperimentato venti minuti di completa soddisfazione, forse per la consapevolezza di compiere gesto identico a quello d’antichi monaci - l’Agnocasto è pianta tradizionalmente monastica - , forse per il puntuale tramonto indipendente dal mio pensare e fare.

C’è una realizzazione prodotta da individuale abnegazione, da duro e coraggioso remare, dall’affrontare salite, ma c’è anche soddisfazione che non necessita sforzo e accade naturale e spontanea a patto che ci rechiamo consapevoli e puntuali nel posto giusto. La vocazione al personale e comunitario compimento indica e incita a percorrerle entrambe.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Lunedì, 12 Ottobre 2015 11:50

Mosaici di saggezze

Al «Credi in Dio?» - Domanda che dalle nostre parti sovente contiene il sottotesto: «Sei cattolico o ateo?» - Rispondo: «Con Lui ho un flirt complicato», come merita una domanda mal posta nel suo implicito imporre e costringere ad un dualistico aut aut tra fideismo e ideologismo, fra teismo e nichilismo. Il saggio Mosaici di saggezze, Filosofia come nuova antichissima spiritualità, (Diogene Multimedia, Bologna 2015, pp. 357), del filosofo Augusto Cavadi analizza e spiega il perché di questo erroneo imperversante approccio e indica ragionevoli e praticabili alternative di emancipazione da tale miope, asfittico, provincialismo. L’opera, oltre all’inequivocabile taglio filosofico pluralistico-aconfessionale sintetizzato nel titolo, affronta con taglio ritengo inedito la complessa, anzi ciclopica, questione spirituale della, e nella, filosofia. Prefazione di Orlando Franceschelli, esponente valoroso del naturalismo filosofico, uomo di pensiero abile - più del cane antidroga dell’aeroporto con l’hashish - nel subodorare, identificare, estrarre e smantellare, tracce occulte anche infinitesimali di clericalismi e integralismi religiosi, come pure ideologicamente areligiosi, dunque, in qualche modo confessionali. Presenza che chiarisce e rassicura, dalle prime pagine, del taglio filosofico e laico di un libro sulla spiritualità e “spirituale”; spirito evidentemente inteso come entità che si rivela ed esprime - non in antagonismo con materia, corpo e Natura - come moto personale e universale di pensiero, sentimento e volontà, alla ricerca del vero, del bello, del giusto, suggerendo «cammini ragionevoli per abitare, con serenità e se possibile con allegria, il groviglio delle nostre esistenze.»
Quello che subito colpisce del saggio - oltre al piacevole disorientamento procurato dell’oggetto libro in sé con copertina, grafica e impaginazione, evocanti un corposo catalogo dell’Ikea - è la profusione di citazioni che strutturano buona parte dell’opera, oltre a quasi mille note purtroppo non a piè di pagina, ma tutte da meritarsi con continue aperture e chiusure del volume in quanto poste alla fine. Citazioni tanto copiose che nei primi capitoli il lettore si sentirà un po’ spiazzato perché apparentemente orfano dell’Autore, del suo peculiare stile, di quel “tu” con il quale interloquire; un iniziale effetto collage che nel prosieguo della lettura apparirà, via via, sempre più familiare e piacevole, una sorta di progressiva messa a fuoco che vedrà dal collage prendere forma, coerente col titolo dell'opera, eleganti mosaici. Si potrebbe ritenere che tale metodo derivi principalmente dalla pluridecennale esperienza professionale di insegnante di filosofia dell’Autore: probabilmente vero ma sicuramente parziale. Il punto è che Cavadi se ne impipa del personale protagonismo e correlati sfoggi d’erudizione: nel percorso sullo spirituale, esso stesso spirituale, sviluppato nel saggio, suo e dei tanti dei quali riporta citazioni - trattati con pari rispetto da Patti Smith (la cantante) a Kant, seppur con differenti valutazioni - sceglie di porsi come discreto regista e comprimario. Nello svolgersi del libro affiora intermittente una vera e propria storia della filosofia, beninteso storia spirituale, fresca e accattivante perché compenetrata dal percorso autobiografico dell’Autore che giunto a maturità rendiconta un’articolata testimonianza del suo vissuto e della personale ricerca: testamento a babbo vivo che dona al lettore eredità universale proficua e nel contempo impegnativa in quanto percorso di lavoro e di vita «intrinsecamente interminabile».
In merito alla citatologia digredisco annotando che sovente imperversa in donne e uomini di pensiero e azione caratterizzati da approccio clericale o esasperatamente ideologico, altrimenti accademico specializzato settorialmente oltremisura; soggetti che ripetono ossessivamente solo e sempre gli stessi - di solito non più di un paio - autori e testi “sacri” di riferimento, citatologia che Costanzo Preve giudicava, ritengo puntualmente, «parente povera della filosofia». Nel saggio di Cavadi invece, agli antipodi da quanto sentenziato da Preve, le citazioni irrompono eterogenee e universali e nel contempo legate da un fil rouge che le articola razionalmente e esteticamente. Questo peculiare dire di Cavadi “a modo suo e a modo loro” stimola una fluttuante, libera e pluralistica espansione di pensiero nel lettore. Citazioni disparate scelte, criticamente analizzate e vagliate dall’Autore che preciso esprime, quando lo ritiene necessario, puntuali distinguo oltre a individuare, talora con motivata durezza e avulso da hegeliane interpretazioni di sacralità della storia, eventuali limiti, rischi di derive e plateali dannosità. Un pluralismo irriducibile e impenitente ma non buonista. Ricordo che in un vangelo apocrifo si narra degli apostoli che attraversando i campi s’imbatterono in una carcassa di cane in putrefazione e san Pietro, che stava davanti, disse: «Maestro, scostati», ma Gesù, al contrario, andò avanti e fermandosi a un passo dal cane esclamò: «Che denti bianchi!» [1]. Cavadi a differenza di quanto qui narrato di Gesù dice la carogna, ma uguale a lui i denti bianchi è sempre abile nel coglierli.

Nei primi capitoli vengono analizzati natura e scopi della filosofia, la peculiare matrice spirituale, i proficui motivi per cui filosofare e esposte altre e differenti matrici spirituali : orientale, New Age, psicologica, l’opera è ricca di citazioni spiazzanti, su questa ultima matrice psicologica emerge come e quanto Freud fosse più spirituale di Jung. Il saggio sbroglia il complesso rapporto storico della filosofia e delle spiritualità a matrice filosofica con la spiritualità in genere, e quella delle religioni rivelate e istituzionalizzate, dinamiche d’antagonismo e di reciproche contaminazioni e compenetrazioni talvolta proficue, come anche deleterie. Qui il saggio con semplicità espositiva diventa complesso com’è complessa la tematica affrontata: dalle notorie tematiche di Agostino che cristianizza il platonismo platonizzando così il cristianesimo e Tommaso che segue percorso simile con l’aristotelismo, a passaggi minori poco conosciuti e sorprendenti come, ad esempio, il copyright “Esercizi Spirituali” e correlate pratiche tutte della filosofia greca classica, solo in seguito “rubate” e fatte proprie dal cattolicesimo. In questo sbrogliamento oltre a circostanziare talune evidenti arroganze dei monoteismi storici e connessi monopoli spirituali, come pure di alcune ideologie, sono ben analizzate e denunciate le responsabilità della filosofia medesima nel suo avere soventemente abdicato, in sterili intellettualismi, alla sua vocazione spirituale; vocazione universale di indagine al significato e fine dell’esserci, dell’Altro, della Natura, della finitudine, della sofferenza, della soddisfazione personale e collettiva e correlate prassi di vita. Territori che se lasciati vuoti dalla filosofia vengono inevitabilmente, come accade nei processi della fisica, colmati e colonizzati da chi si trova da quelle parti. Il prestante invito e la testimonianza di Cavadi per una filosofia capace di spiritualità pensata e vissuta non cade nell’equivoco del massimalismo, coerente al suo pluralismo invita ad una spiritualità anche «oltre la filosofia per mezzo della filosofia». Descrive inoltre «come fra parentesi» differenti modelli di spiritualità “laica” alternativi alla filosofia stessa: letteratura; musica - “leggera” inclusa -; pittura; ricerca storica e artistica; scienze “dure”, fino alla gastronomia e allo sport.
Il saggio espone costellazioni di filosofi moderni e postmoderni dove Cavadi sceglie, per evidenti esigenze di condensazione, una ventina di gemme che si sono distinte per lo specifico e diretto contributo ad una filosofia spirituale, talora loro malgrado - come Feuerbach o Fichte - dove l’Autore individua, enuclea e palesa la peculiare spiritualità in modo convincente. Capitoli davvero preziosi per chi, non filosofo di professione come il sottoscritto, desidera apprendere agilmente snodi cruciali della spiritualità filosofica moderna e postmoderna.

La seconda parte del libro dedicata allo sviluppo e all’applicazione pratica dettagliata le «Linee essenziali di una spiritualità filosofica». Veri e propri esercizi spirituali laici, dove lo stile di scrittura si fa ancora più diretto e fruibile, s’incrementano le annotazioni autobiografiche e diminuiscono, in parte, le citazioni che appaiono forse più valorose per la loro immediatezza e incisività. Indicazioni di metodo pratiche mai moralistiche, ma frutto e nel contempo pianta del corretto filosofare. Docilità critica alla lezione delle scienze, presenza a sé e agli altri, capacità di auto umorismo, accettazione della propria finitudine, saggia gestione delle critiche altrui, equilibrio negli stili di vita, distacco, gratitudine… Percorso pratico di saggezza, dunque, di soddisfazione. Il libro si congeda poeticamente con una commovente (muoversi insieme) poesia di David Maria Turoldo e chiude con un “Dossier Operativo”: non poteva finire che così questo percorso spirituale, dossier che non indica eventuali nebulose ipotesi di lavoro future, ma rendiconta e invita a quanto Cavadi è stato abile a implementare e imprendere da decenni, percorso ben anticipato nella prefazione di Franceschelli. Momenti pratici e precisi di spiritualità operativa e comunitaria: Vacanze, Week - end e cenette filosofiche, Domeniche di chi non ha chiesa, seminari di teologia critica, celebrazioni comunitarie.  

Nell’intero libro un solo motivo di personale titubanza, inizialmente nebuloso, mi è stato chiarito grazie a una decina di citazioni con approccio e taglio mistico che l’Autore riporta di Marco Vannini: non solo non  mi sono piaciute, ma, nonostante i distinguo e le precisazioni di Cavadi, non le condivido nel merito percependole cubetti del mosaico un po’ fuori posto. Citazioni purtroppo serie (quanto sarebbe qui utile un po’ di umorismo Zen con la consapevolezza di un Thomas More), che estrapolo e condenso attento a non distorcerle: “fondo dell’anima”; “personale anima abile nel raggiungere sublimità al di sopra della natura” - qui l’arguto Franceschelli nella prefazione, nonostante l’inequivocabile effluvio di sostanza stupefacente, ha amichevolmente glissato; “La grazia è senza perché […] appare come l’universale, ove non è più l’io”;  “magica forza” dove Vannini si trova specularmente d’accordo con Hegel - per speculare intendo come si diceva negli anni ’70 degli opposti “ismi” che s’incontrano, a riguardo mi tornano alla mente i desaparecidos dei regimi argentino e cileno, dove i militari hanno ucciso spietati migliaia di cittadini moderati e estranei al conflitto, ma sovente graziavano i reali e diretti nemici organizzati e armati: si sa, tra militari ci si può anche intendere. Un approccio mistico indifferente a qualsiasi «conoscenza della conoscenza» (Morin), contiguo all’occultismo favorente totalitarismi - su questo Cavadi in altri passaggi ha colto puntualmente potenziali rischi di derive autoritarie - in quanto più poggiato sull’emozione che sul cosciente e razionale pensiero. Forse esagero ma non possiamo escludere che l’ineffabile è tale non perché sublime ma perché non contiene nulla. Se contiene, dice e dice bene e bello (a pagina 126 un illuminante Wittgenstein risolve la problematica), ma sul nulla può attecchire di tutto: un individuo che afferma un potente, impersonale, soprannaturale profondo dell’anima potrebbe alzarsi una mattina e, coerente con sè stesso, pontificare al mondo senza alcun perché che tale forza, per azione di una gratuita universale potenza magica, è lui medesimo. E’ accaduto nei totalitarismi e correlati olocausti, accade ai piccoli guru nelle derive New Age. Appare dunque necessario integrare con un’accurata analisi la relazione tra l’umano pensiero e il sacro e viceversa. Sacro evidentemente prodotto dal pensiero del soggetto fin dai primordi, eppure tarlo potenzialmente esautorante e il soggetto e il pensiero, sia in versione annichilente che di ebbra esaltazione. Relazione del pensiero col sacro; della razionalità con l’emozione; del plausibile con l’occulto paradisiaco o infernale che sia, per la quale ritengo proficuo permanga, affermando il primato della ragione produttrice di sano, e tutto sommato anche di santo, una consapevole e dialettica dicotomia.  
Consapevole d’aver voluto recensire il saggio con la congruità che merita ma, per evidenti limiti di personali competenze, di non esserci riuscito, termino un po’ migliore grato all’Autore e a tutti i suoi amici di percorso.

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[1] Cfr. R. Dunkerley - a cura di -, The Unwritten Gospel. Ana and Agrapha of Jesus, Allend and Unwin Ltd, London 1925, p. 84.

Pubblicato in Recensioni
Sabato, 10 Ottobre 2015 11:00

L’assoluta sudditanza

Giornaliera operazione di chiusura dell’erboristeria, inserisco nel programma telematico delle accise lo scarico dei rimedi alcolici venduti, ma i totali non tornano. So che il programma non sbaglia così mi imputo l’errore. Lavoro un’ora nel cercarlo ma i dati che ho messo sono corretti. Continuo, continuo, continuo e continuo a imputarmi l’errore finché chiedo aiuto e l’altro dopo una mezz’ora si accorge che il programma nello sviluppare i dati sbaglia una moltiplicazione. Non era mai accaduto eppure ha sbagliato.

Decenni che lavoro per emanciparmi da autoritarismi esterni e dentro di me, ma col mio computer manco ho ipotizzato che potesse sbagliare lui. Brutta bestia il tecnicismo, piccola brutta storia questa subalternità, quest’abdicazione da me stesso, forse indizio di un possibile tragico planetario futuro.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Mercoledì, 07 Ottobre 2015 10:10

Motore immobile?

D’autore che stimo ho letto che il “Motore immobile”, quello di Aristotele, è roba alla Renzo Arbore e Crozza, non c’era scritto ma per essere proprio precisi è d’obbligo aggiungere Nino Frassica.

Qualora definizione di un ipotetico Creatore l’asserzione di Aristotele potrebbe anche far ridacchiare, ma rivolta all’uomo perde un bel po’ della sua verve comica per diventare puntuale e congrua:
a differenza del fisso funzionamento fisico delle particelle che permangono in equilibrio perché sollecitate da forze uguali e contrarie perdendolo nell’interazione con forze differenti e opposte, l’equilibrio degli e tra gli umani - capace di coscienti intime omeostasi e pubbliche equabilità - necessità di continua, rinnovata, laboriosa iniziativa personale: fuori dagli eremi per permanere addentro stabili è necessario intimo muoversi e remare.

Umana dinamica d’immobile motore o che, perlomeno, gli assomiglia e se c’è un qualche dio a nostra immagine e somiglianza vale anche per lui.

Pubblicato in Filosofia di strada
Venerdì, 02 Ottobre 2015 09:51

Incrostazioni

Tutto sommato un’esistenza dignitosa, grazie al mestiere d’erborista dispongo di una casistica clinica piuttosto esauriente sulla la stipsi intestinale negli anziani.

Perlopiù il problema è reale ma non di rado immaginario: verso gli ottant’anni una forza intima e misteriosa talvolta prescrive al soggetto svuotamento viscerale profondo, totale, assoluto. Necessità che, però, neppure il più drastico lassativo riesce a soddisfare.

Probabilmente il problema non sta nelle budella ma in ignoti apparati forse metafisici ingolfati da specifiche concrezioni e stratificazioni.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Martedì, 29 Settembre 2015 08:42

La pomposa estetica del niente

Liturgia, simbolo e allegoria, possibili indizi d’inconsistenza dell’oggetto che esprimono e celebrano.

Nel caso d’overdose prova precisa.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 26 Settembre 2015 16:08

Il non discorsivo

La signora avrà avuto 95 forse 100 anni, la vita l’aveva rimpicciolita e rannicchiata sul lettino del pronto soccorso sembrava ancora più minuta.

Di tanto in tanto emetteva lamenti disordinati ma perlopiù permaneva zitta e ferma, eppure senza discorso insegnava precisa gran parte dello scibile, forse tutto.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Venerdì, 25 Settembre 2015 09:24

Libri

Il detto per sua struttura e ritmo talvolta annaspa per raggiungere la puntualità dello scritto. Scritti precisi e ben ponderati risultano sovente incomprensibili e anche antipatici al lettore tardo o frettoloso; è come se la scrittura invitasse a percorrere territori precisi talora estranei al lettore con velocità e direzione decisa dallo scrittore.

Potrebbero non piacere quei posti, ma per saperlo è necessario che il lettore li frequenti tenendo il passo. Umile remare senza preclusioni di rotta che estraneo ai “non m’interessa” prende iniziativa e non molla con dei “non capisco” quando richiesto passo veloce in territorio impervio o straniero.

Pubblicato in Filosofia di strada
Mercoledì, 23 Settembre 2015 20:56

Massimo Borghesi, Luigi Giussani

Il saggio monografico del filosofo Massimo Borghesi «Luigi Giussani. Conoscenza amorosa ed esperienza del vero. Un itinerario moderno», analizza il pensiero di Luigi Giussani (1922-2005) dipanando con approccio filosofico e teologico le categorie fondamentali del pensiero giussaniano, oltre ad esporre l’inedito approccio “tomistico esistenziale, moderno, libero e aperto” e la correlata dialettica culturale e storica - all’interno della Chiesa cattolica e della società civile, dagli anni Cinquanta del Novecento fino alla sua morte - e connesse accuse di modernismo e di integrismo, tutt’oggi presenti, che Borghesi agilmente risolve in favore del protagonista.

Una articolata illustrazione delle categorie della tradizione cattolica ri-attualizzate da Giussani e insieme del suo “pensiero sorgivo”, aventi come punto di partenza il “senso religioso” - categoria attinta da Montini -  inteso, con taglio ontologico ed esistenziale, come il peculiare e insopprimibile anelito umano al significato dell’esistere, del vivere e del morire. Senso religioso che per implicita universalità favorisce il dialogo con qualsiasi uomo e cultura.

Per temperamento su questo punto simpatizzo con l’approccio di Giussani e Borghesi constatando che, pur non definendolo necessariamente “senso religioso”, l’umano pensiero, da sempre, affronta tale dato di “mancanza” elaborando, come testimoniano estesi tratti della storia della filosofia, percorsi d’emancipazione. Tuttavia nel contempo non possiamo omettere di affrontare possibili ipotesi d’infondatezza riguardo tale supposta mancanza, specialmente in un volume che, estraneo allo stile agiografico devozionale, espone il pensiero di Giussani con rigore filosofico. Nel merito di questa ipotesi di infondatezza riguardo la categoria della mancanza esistenziale, cito il famoso frammento 30 di Eraclito, che per nulla insoddisfatto dimostra che l’uomo, oltre a essere esistenzialmente “capace di Dio” per sanare oceaniche insoddisfazioni, è anche abile in tutt’altro: «Quest’ordine universale, che è lo stesso per tutti, non lo fece alcuno tra gli dèi o tra gli uomini, ma sempre era, è e sarà fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura».

Teoria della mancanza anche poggiante su forme latenti, consapevoli o meno, di nichilismo e connessi esistenzialismi: da quelle parti se immenso sarà il buco di congrua quantità dovrà risultare la sostanza per chiuderlo. Mancanza che in chiave psicoanalitica viene talora interpretata conseguenza della totale dipendenza del neonato dall’Altro incistata nell’adulto. Languore esistenziale che, al pari e a maggior ragione di quello gastrico, esigerebbe indagine accurata, che l’Autore invece pone, senza dimostrarlo, come dato di fatto acquisito e inconfutabile.

Nel porre a fondamento tale presupposta mancanza sorgerà immediata la domanda corrispondente, posta la domanda corrispondente irromperà la risposta conforme, che Giussani indica nel sorgere dell’Avvenimento cristiano in quanto risposta esauriente e concreta nell’incontro-esperienza di Cristo nella Chiesa cattolica, più precisamente nel pezzo di Chiesa denominato Comunione e liberazione, "conoscenza amorosa" nella relazione dell’io con un “tu” verità risolutiva “cercata dal soggetto ma imposta dall’oggetto”, dove l’io troverebbe, finalmente, corrispondenza compiuta con la realtà. Concezione che armonizzerebbe ontologia (quella dell’Essere con la maiuscola) con realtà fenomenica.

Proposta legittima personalmente verificata anni fa apprendendo in presa diretta le categorie giussaniane dalla viva voce “del più grande educatore del '900”, oltre a trovarmi su sua perentoria e precisa indicazione a praticarle obbedendo, come a Cristo in terra (letteralmente), a tale oggi a processo per presunta associazione a delinquere insieme a altri ciellini. Forse c’è qualcosa che non va.

Non intendo universalizzare la personale e circoscritta fallimentare verifica sul campo per criticare un libro in numerosi passaggi valoroso, meritevole di rilettura e di congrua recensione ben oltre a queste stringate annotazioni a caldo, ma rilevare che le categorie di pensiero di Giussani - e di chicchessia - di per sé mere scatole vuote, più precisamente più sono grandi più risultano vuote, andrebbero dettagliate con precisione riguardo i contenuti: omettendo la fattispecie sembra si dice ma invece si tace. La generale categoria di verità “cercata dal soggetto ma imposta dall’oggetto” va bene per Hitler e per san Francesco perché vuol dire tutto e niente, così quelle di “fatto”, “esperienza” e “incontro”, che se monche di circostanziati contenuti di metodo e prassi vanno bene allo studente per passare l’esame, ma risultano vane al personale vivere.

Massimo Borghesi,
"Luigi Giussani. Conoscenza amorosa ed esperienza del vero. Un itinerario moderno" Edizioni di Pagina, Bari, 2015.

Pubblicato in Recensioni
Domenica, 20 Settembre 2015 10:01

Animale uomo?

Anche i gatti rivelano differenti caratteri e i cani ancor di più, ma la diversità tra persone può rivelarsi tanto assoluta da rendere plausibile l’ipotesi che non siamo animali.

Fiere, scalzacani, soggetti ordinari o dìi, ma non animali.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi

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