BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo
Venerdì, 11 Ottobre 2019 11:49

Scilla e Cariddi

Il bus era in ritardo e avevo passato lo stretto alle tre del mattino, salito in coperta il mare era grosso, manco un’anima, vento, pioggerellina tagliente. Nel buio pesto le luci equidistanti di Messina e Reggio, sopra il cielo, sotto l’abisso e una voce -non so se dentro o fuori di me- che  proclamava epifanica: “Qui è iniziato tutto”, (il mondo intendeva).

L'avevo sentita altre volte, poche, nell’attraversare un ghiacciaio in alta montagna e a oriente in un meleto sulla riva del fiume, mai in un museo o in una cattedrale.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Mercoledì, 09 Ottobre 2019 18:37

Ruoli

Nell’esercizio della sua funzione appariva onnipotente, in effetti in quelle quattro faccende un po’ di potere lo aveva, ma appena se ne discostava emergeva un poveretto.

E fu così che scelse di condannarsi all’ergastolo in quelle quattro faccende.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Giovedì, 03 Ottobre 2019 20:18

Pregiudizio

Interpretiamo ciò che incontriamo attraverso mappe concettuali acquisite, accettate e memorizzate. Ognuno ha elaborato le proprie, i filosofi e i letterati le chiamano Weltanschauung, ma in fin dei conti potremmo anche chiamarle pregiudizi; prima mossa e prerequisito necessario per poter interpretare il mondo, dal quale è immune solo chi soffre di amnesia assoluta.

Da lì dobbiamo, dunque, iniziare ma è nelle mosse successive che possiamo fare la differenza, o permanendo semper idem, come invitano i prelati conservatori, plasmando sistematicamente la realtà alle nostre pre-concezioni non di rado inconsapevolmente introiettate e per nulla nostre, oppure aggiornando -come si fa con le app obsolete- il nostro pregiudizio eccitati dall’ambiente, ovvero cambiando.

Quasi sempre il processo è inconsapevole eppure scegliamo la prima o la seconda opzione, qualche volta una miscela delle due. Nel work in progress della seconda opzione il pregiudizio potrebbe anche confermarsi e consolidarsi e va bene così, a patto che si era davvero disposti a rivoluzionarlo.

Pubblicato in Filosofia di strada
Mercoledì, 18 Settembre 2019 15:05

Disperazione grammatica

Se n'era fatto una ragione, non poteva procrastinare ancora, doveva conformarsi alle Linee guida per l’uso corretto del genere. Una mail che stava per scrivere ad un gruppo di amiche e di amici era la buona occasione per mettersi alla prova, finalmente quel suo desiderio di emanciparsi da cripto misoginie ereditate poteva tradursi in grammatica e sintassi e migliorare un po' il mondo.

Mosso da abitudine e ingenuità stava per attaccare con il solito “Cari amici”, che come la costola di Adamo include convenzionalmente il femminile. Incipit subito scartato perché evidente dissemetria grammaticale che tradisce le Linee guida rafforzando la disuguaglianza di genere, oltreché risultare irrispettosa delle differenze. Aveva ipotizzato di ribaltare la faccenda cominciando con un “Care amiche” che includesse convenzionalmente gli amici, ma aveva lasciato perdere non tanto perché rasentasse la misandria, ma perché pochi avrebbero compreso visto che la convenzione non era ancora stata condivisa e ratificata.

Così aveva optato per un “Care amici, care amiche” che, già che c'era, aveva sostituito col più garbato “Care amiche, cari amici”, ma si era subito accorto che erano opzioni insidiosissime perché poi, nello svolgersi dello scritto, avrebbe dovuto mantenere coerentemente la ripetizione in ogni passaggio e sarebbe bastata una minima svista perché gli scappasse un aggettivo, un pronome, o un articolo maschile non correlato dal femminile, e poi con tutte quelle ripetizioni lo scritto si sarebbe appesantito assai. Però nonostante le insidie e gli appesantimenti era sempre meglio dell'iniziare con gli espedienti burocratichesi Cari/e; Care/i; Car-i/e; Car-e/i, o gli androgini Car*; Car@; Carissim* Carissim@.

Esausto aveva tentato tutt’altra via evitando e occultando, come fanno il ladro e l'evaso con la guardia, qualsiasi contenuto avesse a che fare, o anche solo evocasse, faccende di genere. Un limbo grammaticale abitato da angeli asessuati e da impersonali putti con foglie di fico in mezzo alle gambe, neutralità che termini come Individuo, Soggetto e Persona permettevano, ma ingessato al punto da non poter più esprimere ciò che voleva davvero dire aveva lasciato perdere e quella mail non fu più scritta. Divenne devoto a san Paolo folgorato da un passaggio della Lettera ai Galati: «Non c’è giudeo né greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno solo in Cristo Gesù».

Pubblicato in Brevi Racconti
Martedì, 17 Settembre 2019 18:44

Gastrophysa viridula

Ha ingurgitato le verdi foglie della melissa, le ha traforate di brutto e la melissa è mezza morta, non so se si riprenderà.

Eppure l'essenza della pianta invece di andar perduta ha preso più intenso colore e nuovo movimento migrando nell’insetto.

Se le cose stanno così non è escluso che, anche noi, schiattando migreremo in nuove intensità e moti. Il verde shocking non è garantito.

 

 

Pubblicato in Erbario
Domenica, 15 Settembre 2019 15:14

Etica e tempo

Plausibile che il tempo non esista perché apparizione e umana convenzione prodotta dalla relazione tra accadimenti.

Tuttavia dalle nostre parti da un punto di vista etico, tempo sì, tempo no, poco cambia. Una ingiustizia che sia temporale o atemporale ingiusta rimane nel suo accadere.

Pubblicato in Filosofia di strada
Domenica, 15 Settembre 2019 14:38

La fossa

Nello scavare la fossa, mica la mia ma per realizzare un laghetto, una picconata apre una pietra e, primo uomo nell’universo, ammiro l’immacolata calcite mesozoica che la compone.

Dicono che l’inorganico permanga indifferente all’umana ammirazione, però non hanno ancora fornito le prove.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Giovedì, 12 Settembre 2019 19:25

Mentalità

Come gli stili di vita modificano il corpo procurando obesità o magrezze, calli alle mani o alluce valgo, i neuroscienziati hanno appurato che i pensieri plasmano biologicamente il cervello; dopo trent’anni di lavoro un pescatore avrà l’organo del cervello un poco diverso da quello d’un carabiniere prossimo alla pensione. Oltre alle professioni non poco fanno le frequentazioni, il visto alla TV e Internet, le letture e le omesse letture. All’inizio di una esistenza è perlopiù faccenda di ambiente e DNA, ma più viviamo e più abbiamo il cervello (organo) che meritiamo -forse vale anche per la faccia.

Quasi impossibile emanciparci da personali sistemi concettuali e interpretativi parziali o errati se, col trascorrere degli anni, si sono incistati al punto da diventare costituzione corporea. Danno irreversibile? Forse no, mi sono imbattuto in una felice indicazione per mantenere -se ottemperata tempestivamente e accidenti permettendo- un bel cervello e sinapsi gagliarde, recita così: «de-ideologizzare l’esperienza quotidiana». (Martín-Baró)[1].

_________________________________

1 “Una Psicologia della Liberazione ovvero una liberazione della psicologia”, Augusto Cavadi, Dialoghi Mediterranei. Vedi qui. L’articolo tratta la “relazione tra alienazione personale e alienazione sociale, tra controllo individuale e potere collettivo, tra la liberazione di ogni persona e la liberazione di tutto un popolo”. Nel passaggio citato dell’articolo si evidenziano i pregiudizi ideologici che introiettiamo dall’ambiente sociale attraverso i media. L’esempio di questi giorni ne è la prova, cambiando governo sono mutate con esso le emergenze degli italiani, o meglio le loro percezioni e l’immigrazione non è più al primo posto.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 07 Settembre 2019 08:45

Menomazioni?

Per chiedersi perché c’è il mondo, io, gli altri e a cosa servano, è necessario meravigliarsi del loro esistere.

Ad alcuni accade da subito ad altri mai.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Giovedì, 05 Settembre 2019 11:21

Oltre la posologia emozionale

Omero, Esiodo, poeti gnomici: nella Grecia antica la narrazione è stata propedeutica alla filosofia; a ben vedere anche noi abbiamo imparato a concettualizzare istituendo storie, e non solo nell’infanzia. Ecco un frammento da quel mondo antico che, come un girino sta diventando rana, è un po’ racconto e già concetto.

«E gioisci delle gioie, addolorati dei mali, ma non troppo». (Archiloco, Frammento 67 D).

Detta oggi, estrapolata così, esprime una nota di humour[1] in quel secco ironizzare le esaltazioni e le tragedie individuali, oltreché esprimere i notori concetti del limite e della giusta misura, leitmotiv della classicità greca.

Ma c’è di più. Oltre all’esortazione del prendere distanza da noi stessi attraverso la prescrizione di posologie emozionali che evitino esaltazioni e depressioni, l’affermazione, implicitamente, ci invita a riferirci a qualcosa di più importante del nostro gioire e addolorarci, a un distacco da noi stessi perché oltre c’è di più e di meglio[2]. Archiloco, infatti, conclude proponendoci un compito, Il compito: «Riconosci qual vicenda regge gli uomini». Si può anche rispondere non lo so, ciò che conta non è la risposta ma quel salvifico relativizzarci che la domanda muove. 

____________________________________________

1 Nel ripetere quel vivi pure le tue gioie e i tuoi dolori “ma non troppo” si attiverà, al pari di una battuta di Camilleri, una forza ignota che ci farà sorridere. Si sa, tra le godurie supreme la liberazione da sé è ben piazzata, l’orgasmo docet.

2 Tipico della tradizione giudaico cristiana questo relativizzare il mondo dal «Vanitas vanitatum et omnia vanitas» e «Nihil sub sole novum» del Qohelet, fino al «Passa la scena di questo mondo!» della prima lettera di Paolo ai Corinzi, che estranee al solco pessimistico e nichilistico annunciano e indicano gloriose dimensioni, oltre.

Pubblicato in Filosofia di strada

Copyright ©2012 brunovergani.it • Tutti i diritti riservati