Siamo abituati a pensare che i sensi comunicano al nostro cervello il mondo com'è. Anil Seth, professore di neuroscienze, spiega[1] che la dinamica della percezione è invece molto più complessa e un po’ meno precisa. Per come ho compreso la sua teoria, la percezione del mondo sarebbe, in estrema sintesi, una “allucinazione controllata” che si attua grazie a una sorta di danza di percezioni predittive del contenuto del mondo che dal cervello si muovono verso l’ambiente, per ritornare al cervello corroborate o confutate dal mondo reale che ci circonda, per come ci appare attraverso i sensi[2], dimodoché la predizione sia confermata o corretta all'istante.
Seth non approfondisce più di tanto il punto, ma risulta evidente che per esserci predizione delle cose del mondo dovrà essercene memoria nel nostro cervello, una sorta di inventario del mondo, enti fantastici inclusi[3]. Mi torna alla mente che nato in Brianza avevo visto per la prima volta il mare quando avevo più o meno cinque anni, ricordo con precisione che nel vederlo ebbi un istante di meraviglioso spiazzamento. Probabilmente nel mio cervello non era ancora stata inventariata una distesa d’acqua estesa fino all’orizzonte, che dunque risultava non solo inaspettata e improvvisa ma impensabile, da qui lo stupore assoluto. Non possiamo escludere che l’estasi di alcuni mistici o i rari momenti epifanici che possono accadere a tutti, siano procurati da una dinamica simile.
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1 "Come il cervello crea la nostra coscienza", Raffaello Cortina Editore.
2 Realtà che nella sua vera natura ci è preclusa, dato che non possiamo percepire il mondo in presa diretta ma necessariamente filtrato da noi stessi, come non poca filosofia ci ricorda: differenza fra fenomeno e cosa in sé; il mondo come interpretazione, e via dicendo.
3 Forse Jiddu Krishnamurti è stato il più attento e preciso nell’affrontare la problematica di come la memoria delle cose del mondo, pur indispensabile, ci limiti spiritualmente. “Osservate per conto vostro come funziona il cervello, è il deposito della memoria, del passato. Questa memoria risponde continuamente, in termini di piacere e dispiacere, giustificazione, condanna e così via; risponde secondo il suo condizionamento, la cultura, la religione, l’educazione, che ha immagazzinato. Questo deposito di memoria, dal quale sorge il pensiero, guida la maggior parte della nostra vita. Dirige e dà forma alle nostre vite in ogni minuto del giorno, consciamente o inconsciamente; genera il pensiero, il “me”, che è la vera essenza del pensiero e delle parole. (The Impossible Question).