Considerandoci qualcuno invece che nessuno siamo soliti darci un nome proprio, così da esprimere le specifiche individualità che siamo. Anche agli animali domestici li sentiamo qualcuno e gli affibbiamo nomi e nomignoli, raro invece che chiamiamo una cavalletta Antonella o una mosca Maria e neppure Luciana un cespo di lattuga, o Massimiliano un sasso.
In questa concezione l’architettura del funzionamento naturale esprimerebbe con noi l’apice della sua potenza, gloria che scemerebbe gradualmente nell’allontanarsi da noi, affievolendosi negli animali, depotenziandosi ancor di più nei vegetali, estinguendosi nell’inorganico. Concezione, questa, così auto evidente da risultare ovvia? Mica tanto. Questa concezione è squisitamente monoteistica, ma dallo sciamanesimo alle filosofie orientali si affermano gerarchie affatto diverse, addirittura rovesciate.
Non so se i monoteismi siano stati generati da questa percezione empirica, e forse ingenua, del funzionamento naturale, o viceversa la concezione antropocentrica si è incistata in noi per avere introiettato il racconto dei monoteismi.