All’interno del modello soggetto-oggetto tanto radicato in noi, le tradizioni sapienziali che indicano di realizzarci distaccandoci da noi stessi provocano un cortocircuito: se mi ometto chi mai si realizza? Per uscire dal paradosso è necessario superare la concezione di soggetto per fonderci nel sostrato universale che ci precede, nel Sé, nell’Essere, nella Vita, in Dio, o comunque lo si chiami, e in questo fonderci non essere in nessun luogo e ovunque, un essere tutto in quanto nessuno.
Se non usciamo dal modello tipicamente ottocentesco del soggetto sovrano, l’invito a staccarsi da sé risulta incomprensibile, e quando comprensibile interpretato come invito a anestetizzarci, a un abbassare l’asticella della percezione personale così da diventare sempre più simili all’ameba e poi all’inorganico, un morire esistendo per non soffrire della vita, insomma una assurdità. Ma non è la proposta ad essere sbagliata ma il paradigma nel quale la interpretiamo.