Ciò che in noi è ferito chiede asilo alle più minute cose della terra, e lo trova. (Christian Bobin)
Sperimentabili sono l’Io, l’Altro, la Natura, il mondo, mentre la sfera dell’Essere, di Dio, mettiamoci pure del Nulla, sono solo pensabili ma non sperimentabili. Dio non l’ha mai visto nessuno, l’Essere e il Nulla neppure visto che possiamo fare esperienza di cose che ci sono e di cose che non ci sono più, non certo dell’Essere e del Nulla.
Col panteismo si è tentata una sintesi tra le due sfere affermando il coincidere di Dio e Natura, ma non di rado i due paradigmi sono entrati in conflitto, così in nome del primato di Dio si è rifiutato il mondo, oppure poggiando sul primato del pensiero si è affermato idealisticamente il suo spirito assoluto e universale subordinando ad esso natura e materia, quasi ne fossero un prodotto. A Oriente sovente ci si è spinti ancora oltre, giudicando il mondo una apparenza senza sostanza.
All’opposto, in nome del primato dei sensi corporei, si è empiristicamente affermata la realtà della materia e l’irrealtà di Dio, fino ad approdare alle estreme concezioni materialistiche meccanicistiche, non poco asfittiche, che hanno caratterizzato il tardo Ottocento. Opzioni differenti quelle del teismo, dell’idealismo e dell’ateismo che, nonostante le innumerevoli modulazioni, risultano abbastanza chiare.
Nel panteismo -letteralmente Dio è tutto- le cose si semplificano e insieme si complicano; si semplificano perché Dio è raggiungibile coi sensi corporei, si complicano perché una perfetta coincidenza ed equivalenza tra Natura e Dio, sia che sia attui naturalizzando Dio che deificando la natura, non differisce poi tanto, diciamo così esistenzialmente, da una forma di ateismo.
L’atteggiamento esistenziale muta invece nel panenteismo, forma di panteismo che vede Dio immanente, ma nel contempo (con differenti accenti) anche precedente e trascendente la Natura. Rispetto al panteismo nel panenteismo l’atteggiamento esistenziale muta perché la Natura, l’Io, l’Altro, non saranno l’ultima parola ma veicoli e uteri di un logos misterioso ma istantaneo e attuale, che come rabdomanti possiamo cogliere attraverso i sensi. E’ una ricerca strana perché non è che la materia sia, come un panino farcito, imbottita da questo logos, neppure questo logos è mescolato alla materia e neanche si nasconde dietro occhieggiando qua e là, ma sta proprio nell’immanenza delle cose glorificandole: “Che la materia pensi, è un fatto” (Leopardi, Zibaldone).
Non oltre la materia, non prima, non dopo, non un po’ più in qua o in là, ma panpsichica presenza simultanea. Logos che pervade anche noi che quindi possiamo fare a meno di noi stessi, per riuscirci serve giusto un po’ di sincronia col suo moto, qualche passo di corsa così da saltar su sulla giostra che gira.