Sappiamo che col tempo i nodi arrivano al pettine; sappiamo che quando dei germi nocivi sono presenti, anche solo in nuce, se non vengono eradicati prima o poi produrranno malattie; sappiamo che le imperiose esaltazioni conducono a tragiche delusioni; sappiamo che opponendoci alle leggi della vita ci arriverà, per via naturale, una qualche nemesi tra capo e collo.
Però mai avrei pensato che queste critiche che avevo articolato sulle esagitate concezioni dottrinali di don Giussani, CL e Memores[1], specialmente riguardo l'interpretazione ecclesiologica dell'autorità, potessero un giorno essere condivise non da un mangiapreti di passaggio, ma dal Vaticano[2].
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1 Vita di don Giussani, vedi qui.
2 Rimando all’articolo a firma di Noël Marpeau, vedi qui. Tra i migliori articoli sull’argomento anche se mutilato dalla difficoltà di non poter accedere alle fonti, per la prevedibile cappa di riservatezza costruita dagli interessati. Riguardo la posizione, ripresa nell’articolo, di chi ritiene che per rifondare CL e Memores serva un ritorno al pensiero originario di don Giussani, penso che non sia una buona idea perché proprio in quel pensiero alberga la malattia:
«Se non c’è risposta a quel che sei, sei un disgraziato! […] Immaginate di andare in piazza Duomo a Milano alle sei di sera, d’estate, o in primavera, o d’autunno, d’autunno presto. Piazza Duomo è quasi piena, gente che va di qui, gente che va di là; ma osservate che c’è qualcosa che non va: sono tutti senza testa! Immaginate di essere lì: sono tutti senza testa, solo voi avete la testa! [sic] La vita è così, il mondo è così». (Conversazione di Giussani ad un gruppo di memores domini 1 ottobre 1995). «Quando ci si mette insieme, perché lo facciamo? Per strappare agli amici – e se fosse possibile a tutto il mondo – il nulla in cui ogni uomo si trova». (Incipit del messaggio di Giussani per il XXV Pellegrinaggio a Loreto). «Amici miei, che compito, che responsabilità! Perché gli altri nel mondo dipendono dalla nostra [sic] vita.» (Giussani ritiro di memores domini).
In tale ottica l’umanità intera troverebbe, dunque, completa realizzazione e redenzione solo nel lasciarsi afferrare e condurre da ciellini e memores, che obbediscono ai loro diretti superiori scelti da Dio stesso come responsabili della loro vocazione, poiché per Giussani l’obbedienza a Dio è data dall’obbedienza a colui che Egli ha posto come responsabile della loro vita. Ne consegue, per sillogismo categorico, che l’umanità intera troverebbe compimento e salvezza nell’obbedire alle autorità cielline. Forse c'è qualcosa che non va.